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Per capire cosa c’è dietro il pressing di Renzi al governo, occorre porre l’attenzione su un tema che “nel discorso di fine anno, Conte ha toccato solo in maniera marginale: l’ipotesi di una riforma elettorale di stampo tedesco”. Damiano Palano, direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’università Cattolica è sicuro che “al di là delle legittime questioni che il leader di Italia Viva sta ponendo all’esecutivo (dalla governance sul Recovery Fund passando per le nomine nell’ambito dei servizi segreti) – spiega – c’è un grande punto interrogativo legato all’ipotesi di un nuovo sistema elettorale che ponga la soglia di sbarramento al 5%”.

Stando ai numeri dei sondaggi, per Italia Viva questo scenario sarebbe a dir poco deleterio. Anche perché “le battaglia che l’ex premier sta portando avanti dal punto di vista politico, non sembrano avergli portato particolari benefici in termini di consenso elettorale”. Comunque il presidente Conte, nel suo discorso di fine anno, ha dichiarato apertis verbis che “se manca la fiducia di un partito si va in Parlamento”. E se il problema sarà il rimpasto “lo affronteremo”.

Questo atteggiamento del premier, secondo Palano, fa presagire la concreta ipotesi di “un Conte ter. Anche se il rimpasto potrebbe rivelare, a discapito di Renzi, che il ruolo di Italia Viva per la tenuta dell’esecutivo non è poi così sostanziale”. Questo ultimo aspetto non è per nulla secondario e potrebbe indurre Giuseppi a “pensare ad un suo futuro come leader politico di uno schieramento”. Il più volte paventato ‘partito di Conte’. Eppure lui stesso nel corso della conferenza ha espressamente dichiarato che “stiamo lavorando al futuro del Paese, stiamo lavorando per il Recovery Plan, abbiamo fatto una manovra espansiva di 40 miliardi, lavoriamo al Bilancio europeo, sono qui per programmare il futuro. Non potrei distogliermi da questi impegni per avviare una campagna elettorale”.

C’è però un elemento che non va sottovalutato. Da quello che emerge dalle ultime proiezioni sul gradimento, il premier riscuote ancora grande successo fra gli italiani. “In parte – analizza Palano – si tratta di un dato sorprendente, che però mi spiego in due modi. Un po’ perché sicuramente i leader dei partiti di opposizione non hanno brillato per coerenza. E un po’ perché gli italiani vedono negativamente le contrapposizioni (vedi Renzi) nei momenti di crisi”. Questo però, puntualizza l’accademico, “non significa che gli italiani stiano consegnando un assegno in bianco sul futuro a Conte. Semplicemente significa che Conte rappresenta in un certo senso il monocolo nella terra dei ciechi”.

Insomma il problema vero è che “ad oggi non esiste un’alternativa valida”. Anche per questo quindi è difficilmente preconizzabile l’era post contiana. “Il dopo Conte lo vedo piuttosto lontano nel tempo e, sicuramente, dopo il 2022 – confessa il docente -. Reputo molto improbabile che si vada alle urne prima del semestre bianco, così come trovo improbabile un governo senza Conte alla guida. Sostituire Conte alla guida del governo, che pare essere obiettivo di Renzi, è fantapolitica”.

È possibile che nell’ipotesi di un Conte ter o di un futuro politico comunque molto liquido l’alleanza fra Cinquestelle e Pd diventi perdurante e definitiva. “È molto probabile – risponde Palano – ma prima di parlare di un’eventuale fusione, porrei un minimo di cautela. Certo è invece che, se l’alleanza fra gli attuali partener di governo dovesse formalizzarsi, i grillini rinuncerebbero in toto alla loro identità iniziale”. Se il centrosinistra e quel che resta del Movimento ha trovato in Conte la sua guida, in casa centrodestra vacilla la capacità di leadership.

Il quadro dei sondaggi “dipinge, in particolare per il Carroccio, un quadro a tinte fosche – spiega il docente – nel quale Matteo Salvini emerge come un leader appannato, in forte crisi di consenso. Anche perché da dopo la boutade al Papeete, politicamente, ha commesso una serie di errori marchiani. Sempre per parte della Lega, ad esempio una Regione come la Lombardina non ha dato un grande segnale di risposta all’emergenza pandemica”. Di contro c’è Fratelli d’Italia che attraverso l’azione di Giorgia Meloni “sembra intercettare una parte dei voti che andavano alla Lega, ma è difficile capire se questo consenso durerà fino alle prossime elezioni o non sia solamente legato all’emergenza che stiamo attraversando”. Da ultimo, ma non certamente meno importante, c’è il padre nobile del centrodestra: Silvio Berlusconi.

“Il Cavaliere è ancora molto presente sulla scena politica – analizza Palano – e ancora esercita una certa influenza nell’ambito della coalizione”. La situazione è questa: “In mancanza di un progetto politico concreto, in assenza di un leader che assommi e conduca sotto la sua egida tutti i partiti, il centrodestra si trova ad avere due figure carismatiche in uscita ma nessuna novità credibile”. Il governo, nel frattempo, è al lavoro anche con le forze di opposizione sulla manovra. Una finanziaria che lo stesso premier ha definito “espansiva”. Palano però su questo sospende il giudizio e si limita a constatare che “si tratta di una manovra di stampo espansivo che ha cercato di tenere conto delle tante istanze che sono state presentate”. Va detto però che “per una valutazione sull’efficacia delle misure prese occorrerà aspettare il 2021, e le ricadute economico sociali che l’anno prossimo porterà con sé”.

Un punto sostanziale all’ordine del giorno dell’agenda politica nel prossimo futuro sarà la corsa al Colle. Sergio Mattarella, comunque, rimane ben saldo al suo posto anche se, pare, in termini di popolarità sia stato surclassato dal premier. “Non so se il Capo dello Stato soffra la popolarità di Conte – chiude il docente della Cattolica -. Sicuramente il fatto che Giuseppi si presenti con questo ruolo di apparente terzietà dalla politica e dai partiti, gli ha garantito un grande appeal sull’opinione pubblica”. Detto questo “non penso che la figura di Mattarella si sia indebolita nel corso di quest’anno, anche perché ha svolto la sua funzione di rappresentante dell’ unità nazionale e di garante della Costituzione. Certo, in fasi di emergenza, forze ci si sarebbe aspettato un interventismo maggiore. Ma questa peculiarità non appartiene al carattere di Mattarella ne alla sua azione”.

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