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È il 2035. La portaerei nucleare Zhejiang entra nel porto di Manila tra celebrazioni pubbliche. Il governo filippino — un tempo tra i più ostili alla pressione cinese — ha appena riconosciuto la sovranità di Pechino sulle acque entro la linea a dieci tratti. Il Mar Cinese Meridionale non è più conteso: è amministrato. Questo è il punto d’arrivo dello scenario elaborato da due analisti di Chatham House, William Matthews e Benjamin Clad, attraverso un esercizio di backcasting: non una previsione, ma un metodo per interrogarsi su come un certo esito potrebbe diventare realtà.

Il percorso che porta a quel 2035 è scandito da passaggi chiave. Tra il 2027 e il 2030 diversi Paesi del Sud-est asiatico iniziano a riconoscere le pretese marittime di Pechino, mentre la Cina completa il suo sistema “Zheng He” per tracciare ogni nave nell’area. Nel 2030 arriva il punto di svolta politico: gli Stati Uniti, in una fase di nuovo isolazionismo, stracciano il trattato di difesa con le Filippine. L’anno successivo un’unità navale australiana viene affondata da uno sciame di droni cinesi, un evento che zittisce qualunque tentativo di contestare la linea a dieci tratti. Parallelamente, Pechino offre alla regione tecnologie energetiche, digitale, infrastrutture e connettività che nessun altro può fornire con la stessa scala e lo stesso costo. In pochi anni la dipendenza diventa strutturale.

Il messaggio dello scenario è netto: la supremazia cinese nel Mar Cinese Meridionale non deriva solo dalla forza militare, ma soprattutto dalla combinazione di potere economico, infrastrutturale e tecnologico. La strategia di Pechino — trattare bilateralmente con ogni Paese Asean, consolidarne la dipendenza energetica e digitale, e imporre propri standard tecnologici — è più efficace della coercizione diretta. Quando arriva il 2035, l’egemonia è già consolidata e difficilmente reversibile.

Cosa bisognerebbe fare oggi

Dallo scenario emergono tre raccomandazioni: creare un fronte regionale coeso, sostenuto da hard power esterno (USA, Giappone, Australia, Europa, Corea del Sud), e soprattutto offrire alternative economico-tecnologiche reali alle infrastrutture cinesi. Senza un’offerta credibile in energia, digitale, cavi sottomarini e tecnologia verde, la dipendenza continuerà a crescere. La domanda di fondo è semplice: questo futuro è inevitabile? La risposta dell’esercizio è altrettanto semplice: no, ma solo se si agisce adesso.

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Anno 2035, la Cina domina l’Indo-Pacifico. Il backcasting della Chatham House

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