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Il modello globale sul quale abbiamo sviluppato negli ultimi trent’anni relazioni, processi, community e lavoro si è adattato sempre di più alla dimensione locale-digitale. E proprio questa nuova dimensione trova spazio nella seconda fase di emergenza Covid-19 in cui l’uomo e le connessioni sono i due protagonisti principali di questo nuovo mondo, in cui schemi organizzativi tradizionali si ribaltano a favore di orientamenti e versioni sempre più digitali e innovativi.

Il coronavirus ha contribuito a fare luce su alcuni gap strutturali presenti nei vari livelli della società in cui siamo immersi (operatività, produzione, spazi), accelerando processi già avviati in questi ultimi anni di progresso e innovazione, ma incastonati nell’immobilismo del corpo e che oggi divengono, a tutti gli effetti, strategici per la riorganizzazione e la ripresa dall’emergenza sanitaria. È nei margini del Covid-19 che si sviluppano, pertanto, nuovi livelli di riferimento, in risposta alla necessità di assicurare la continuità lavorativa e garantire le condizioni necessarie per la tutela della salute dei lavoratori, dipendenti e manager.

Lo smart working diviene, pertanto, la dimensione entro cui si collocano i nuovi livelli: da opzione mediata a semplice filosofia aziendale. Con l’emergenza Covid-19 il lavoro agile diviene approccio strutturato all’interno delle aziende. Una policy aziendale a tutti gli effetti, utile e necessaria per contrastare la diffusione del virus e garantire la tutela della salute dei lavoratori.

Il nodo è che dopo l’emergenza Covid-19 non si torna più indietro. Questo significa che stiamo andando sempre di più verso una normalizzazione del lavoro agile, per la quale sarà necessaria non solo una nuova regolamentazione più stabile e condivisa tra parti sociali, le aziende e le istituzioni – senza ricorrere a strumenti legislativi – ma soprattutto una rivoluzione culturale in tutti gli ambiti di interesse, indispensabile all’avvio del processo di cambiamento. Per fare questo, sarà utile aggregare gli strumenti innovativi di cui siamo già dotati e migliorarli definendo e inquadrando una nuova gestione del lavoro, inteso nei termini di obiettivi, tempo e spazio.

La rivoluzione culturale è alla base del cambiamento e per affermarsi, lo smart working deve necessariamente passare dalla trasformazione dei modelli tradizionali di leadership. Muoversi quindi in una dimensione più flessibile e autonoma (teal management), all’interno della quale responsabilità, obiettivi e mansioni siano condivisi (leadership diffusa) superando le cinque sfide per una nuova cultura aziendale: gestione autonoma; evoluzione dello scopo aziendale; competenze tecniche; sistemi di adattamento complessi (reverse delegation); cambiamento dei paradigmi. Cambiare la cultura significa dare vita anche a un nuovo patto intergenerazionale contaminato con le giovani generazioni, valore aggiunto della trasformazione culturale, per accelerare il percorso di cambiamento, affrontare le nuove sfide (tempo, competenze e istruzione, scetticismo) e trasformare le difficoltà in opportunità.

Dobbiamo prepararci al “the new normal” e per farlo dovremo ricorrere al principio di adattamento, impiegando anche le meta-tecnologie, ovvero l’insieme di regole e di pratiche che strutturano l’uso individuale e sociale delle tecnologie che vengono definite. Saranno proprio le tecnologie ad essere fondamentali nella fase di consolidamento dello smart working: dovremo conoscere, costruire e condividere le meta-tecnologie, per aiutarci nelle interazioni.

Pertanto, il blended learning diventerà l’opportunità-chiave: non più il semplice online learning, ma apprendimento ibrido, come esperienza trasformazionale, in grado di concepire obiettivi comuni a lungo termine, creare delle comunità di apprendimento e nuova conoscenza. In questa nuova fase, bisognerà lavorare sulla cultura e sul concetto di sicurezza (cybersecurity), attraverso il new hire process: far comprendere l’importanza della cultura della sicurezza all’interno delle aziende.

Costruire un percorso di sicurezza nei luoghi di lavoro e negli ambienti liberi e virtuali diventa una priorità della riorganizzazione del lavoro, colmando il digital divide e individuando i criteri più funzionali e prossimi alle esigenze delle persone.

Smart working e tecnologie, perché dobbiamo prepararci al "new normal". L'analisi di Cecconi

Di Matteo Cecconi

Dobbiamo prepararci al “new normal” e per farlo dovremo ricorrere al principio di adattamento, impiegando anche le meta-tecnologie, ovvero l’insieme di regole e di pratiche che strutturano l’uso individuale e sociale delle tecnologie che vengono definite. L’analisi di Matteo Cecconi, senior consultant di Utopia

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