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Quando ci sono regole uguali, o quasi, per tutti, è più semplice evitare distorsioni di mercato che possono dare adito a contrasti ed errate interpretazioni. Succede nel mondo del tabacco. Un’industria che in Italia garantisce alle casse dell’erario un gettito di poco inferiore ai 14 miliardi di euro all’anno.

Eppure, la tassazione che lo Stato applica ai prodotti per fumatori, è decisamente complessa e davvero poco omogenea. E così, spesso e volentieri, magari in coincidenza della manovra d’autunno, si innescano dibattiti circa la tassazione dei diversi prodotti: sigarette tradizionali, tabacco trinciato, sigari e poi i prodotti di ultima generazione, ovvero il tabacco riscaldato e le sigarette elettroniche. Un po’ di chiarezza, prima di qualche considerazione.

IL MERCATO DEL TABACCO ITALIANO

Ad oggi, secondo i dati dell’Agenzia dei Monopoli contenuti nel Libro Blu, le sigarette rimangono ancora le più vendute, con una quota (2019) dell’85%, seguite dalle molto più basse quote di altri prodotti come i trinciati per sigarette (6,5%) e i tabacchi da inalazione che hanno raggiunto il 4,3% (erano all’1,5% l’anno ancora precedente). Ancora, ai sigari spetta l’1,2% del mercato. Ma nel 2020 qualcosa potrebbe cambiare, complice anche la pandemia, che ha impattato sulle abitudini. Si stima che da inizio Covid ad oggi ben 600mila italiani abbiano lasciato le sigarette: 100mila hanno smesso del tutto, 500mila si sono convertiti ai prodotti elettronici.

LA GIUNGLA DELLE ACCISE

Poi c’è il capitolo accise, dove la disparità del prelievo su singolo prodotto è elevata. Sempre secondo i dati dei Monopoli per quanto riguarda le sigarette, l’aliquota di base utilizzata per calcolare è oggi fissata al 59,8%, mentre per i sigari l’accisa è calcolata applicando l’aliquota di base del 23% sul prezzo di vendita al pubblico. Per quanto riguarda il tabacco trinciato a taglio, quello comunemente usato per arrotolare le sigarette, l’accisa è calcolata applicando l’aliquota di base del 59%, quindi vicino all’aliquota applicata alle sigarette tradizionali.

Ancora, per il tabacco da fiuto e da mastico, l’accisa è calcolata applicando l’aliquota di base del 25,2% mentre per gli altri tabacchi da fumo (tabacco da pipa, tabacco per pipa ad acqua, prodotti da fumo a base di piante, erbe o frutta: melassa per narghilè, l’accisa si basa su un’aliquota di base del 56,50% sul prezzo di vendita al pubblico. Infine, ci sono i prodotti di ultima generazione, quelli cioè senza combustione, come il tabacco riscaldato, lo Stato prevede ad oggi un’accisa pari al 25% di quella gravante sulle sigarette. Si tratta, quest’ultima, di una tassazione sostanzialmente in linea con i regimi fiscali di altri Paesi

Ad oggi, infatti, la tassazione applicata in Italia (dove il prelievo, come in altri Paesi, rimane slegato dai profili di rischio) sui prodotti a tabacco riscaldato è pari al 25% di quella prevista per le sigarette. Per esempio la Germania (27%), il Regno Unito (23,5%), la Danimarca (22,6%), la Polonia (20,8%) o i Paesi Bassi (20%). Infine, le e-cig, ovvero le sigarette elettroniche. Qui, i liquidi da inalazione con nicotina sono tassati al 10% della tassazione prevista per le sigarette tradizionali, mentre i liquidi da inalazione senza nicotina al 5%.

LA DIRETTIVA DEL 2011

L’Europa ha provato a mettere ordine con la direttiva 64/2011 (qui il testo integrale) per l’uniformazione delle accise sui prodotti da tabacco lavorato. Va sempre ricordato come l’applicazione delle direttive spetta agli Stati dell’Unione, che nel tempo possono attuare i dettami della direttiva stessa. Lo scopo del documento elaborato dall’Ue ormai nove anni fa è stabilire “taluni principi generali di armonizzazione della struttura e delle aliquote dell’accisa che gli Stati membri applicano ai tabacchi lavorati”.

Per esempio, al capitolo sigarette, nella fase finale dell’armonizzazione delle accise, “è stabilito per le sigarette in tutti gli Stati membri lo stesso rapporto tra l’accisa specifica e la somma dell’accisa ad valorem (quella cioè calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto, ndr) e dell’imposta sul volume d’affari, in modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori”. Risulta fin troppo evidente come un’armonizzazione profonda a livello comunitario sia la strada maestra per sanare ogni distorsione del mercato. In questo senso, gli Stati dovrebbero impegnarsi in una più rigorosa applicazione della direttiva, per colmare ogni possibile vulnus in materia di accise. Ma non è tutto.

VERSO UNA DIRETTIVA PER I NUOVI PRODOTTI?

La direttiva in questione non tiene conto dei nuovi prodotti (è del 2011), quelli a tabacco riscaldato e le e-cig. E allora non sarebbe il caso di valutare un’estensione della direttiva a questa nuova gamma di prodotti? In Ue, qualcosa si è mosso, già nel 2018, con l’avvio di una consultazione pubblica tesa ad “accogliere le opinioni di tutte le parti interessate sull’attuale tassazione del tabacco nell’Ue, nonché sui prodotti di nuova generazione (sigarette elettroniche e prodotti a base di tabacco riscaldato) e sulle opzioni pertinenti per una possibile revisione della direttiva 2011/64”.

Di più. Lo scorso maggio, alcuni gli Stati membri hanno chiesto alla Commissione europea di assoggettare i nuovi prodotti come sigarette elettroniche e i prodotti del tabacco riscaldato alla direttiva Ue sulle accise sul tabacco, uniformando di fatto la tassazione sui nuovi prodotti.

 

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