Skip to main content

Il vertice dell’Opec Plus dello scorso fine settimana ha avuto come risultato un sostanziale pareggio tra le posizioni teoricamente divergenti con cui i principali produttori di greggio si sono presentati all’appuntamento. Per settimane, ci si è interrogati se un accordo sarebbe stato possibile, tra le ambizioni russe a un aumento della produzione e la prudenza saudita preoccupata da un prezzo troppo basso dell’oro nero, che sta seriamente danneggiando per la prima volta negli ultimi decenni la stabilità delle finanze pubbliche di Riad. Alla fine, si va adelante con juicio: da gennaio verrà aumentata la produzione di mezzo milione di barili al giorno, dagli attuali 7,7 milioni a 8,2. L’aumento è significativamente inferiore ai due milioni di barili in più al giorno proposti da Mosca e da altri governi, ma l’accordo “con il segno più” è un modo per evitare una rottura del dialogo che avrebbe probabilmente indotto una nuova guerra dei prezzi come quella scoppiata prima della diffusione del Covid-19 su scala mondiale. Una contesa sopita proprio dalla pandemia e che rischia di riesplodere a pandemia spenta o sotto controllo.

La domanda che molti analisti si fanno è la seguente: potrà il mercato assorbire l’aumento stabilito dal vertice? La tendenza al rialzo dei prezzi verificatasi nei mesi scorsi e le prospettive di una ripresa economica promossa dal vaccino anti-Covid hanno indotto i partecipanti all’incontro ad accettare un aumento moderato della produzione. La scommessa è che quel mezzo milione di barili in più soddisfi i maggiori consumi senza però ingrossare troppo le scorte (la cui saturazione portò al crollo storico e drammatico dei prezzi ad aprile scors, quando si raggiunsero prezzi negativi). Se la scommessa verrà vinta, si riuscirà a contemperare le esigenze di tutti, almeno per un paio di trimestri. Oltre questo orizzonte, però, le nuvole restano fitte e scure.

Dal vertice emerge infatti con chiarezza la difficoltà di un equilibrio di medio-lungo periodo tra Paesi produttori che hanno obiettivi economici, strutture industriali e agende geopolitiche sempre più diverse e divergenti. Questo è vero persino tra i Paesi del Golfo, tradizionalmente allineati per interessi pressoché identici. Gli Emirati Arabi Uniti percepiscono ogni giorno di più le interlocuzioni nel contesto dell’Opec Plus come una interazione tra Arabia Saudita e Russia, i cui compromessi finiscono per trovare un accomodamento tra i due giganti a danno di tutti gli altri, anzitutto in termini di quote di produzione. Per un Paese dotato di maggiore efficienza produttiva come gli Emirati, e dunque capace di reggere produzione maggiore e un prezzo più basso in virtù di una struttura di costi più contenuta, la frustrazione è tanta. La tentazione di una “Emiratexit” — l’uscita dall’Opec — è quasi certamente una speculazione ventilata dai giornali più che una realtà, ma nessun rappresentante della federazione emiratina si è scaldato troppo per smentirla nelle ultime settimane di novembre. L’unica dichiarazione ufficiale a commento dei rumors sull’abbandono del cartello è stata la sottolineatura dello status di Paese fondatore: non esattamente una smentita. Anzi, il disagio di Abu Dhabi è reale e ostentato. Tra ambizioni di una sempre maggiore diversificazione industriale e il tentativo di una politica estera amica ma non più sempre schiacciata sul vicino saudita, come dimostra l’accelerazione prodotta dagli Accordi di Abramo con Israele, gli Emirati Arabi Uniti restano i grandi insoddisfatti degli equilibri attuali.

I soli emirati non riuscirebbero a determinare, da soli, un cambiamento sostanziale degli equilibri mondiali, se pure decidessero di abbandonare l’Opec e aumentare la propria produzione giornaliera. Ma è evidente che la loro decisione sarebbe un liberi tutti per tanti altri Paesi, molti dei quali spesso già accusati di non rispettare le quote assegnate. Qual è la variabile più importante a cui guardare nei prossimi mesi? La reale efficacia e capacità di distribuzione del vaccino anti-Covid. Se le prospettive di ripresa fossero ritardate rispetto a quanto s’immagina ora, nulla può assicurare che gli accordi Opec reggano.

Così l’Opec scommette sul vaccino. L’analisi di Falasca (Egic)

Il recente vertice Opec Plus ha prodotto un pareggio ma si confermano le difficoltà di un equilibrio di medio-lungo periodo. E cresce il malcontento emiratino. L’analisi di Piercamillo Falasca (Euro-Gulf Information Centre)

Medio Oriente, missioni e industria. Cosa pensa Austin III, prossimo capo del Pentagono

Se riuscirà a superare un iter aggravato di approvazione al Congresso, il generale quattro-stelle dell’Alabama sarà il primo capo del Pentagono di colore della storia degli Stati Uniti. Già comandante del CentCom durante il massimo sforo contro l’Isis, conosce bene il Medio Oriente, ha un profilo altamente operativo ed esperienze nel mondo industriale

La ciccia non è sul Mes, sarà un mercoledì da pavoni

Sul voto di domani sono in circolazione da giorni tre tesi quantomeno stravaganti (a voler essere benevoli), ma il dibattito sul Mes è già archiviato, anche perché gravido di conseguenze (potenziali) a 5-10 anni. Mentre i soldi del Next Generation Eu sono qui e adesso. La ciccia è tutta lì. L’analisi di Roberto Arditti

Biden richiama McChrystal e pensa alla Cina

Chi è il generale, già capo delle forze americane in Afghanistan, che aveva insultato Biden e che ora il presidente eletto vuole al suo fianco per i consigli su difesa e sicurezza nazionale in merito a Cina, Taiwan (e Afghanistan)

Il governo supererà la boa del Mes, ma Merkel... La bussola di Ocone

Conte non dovrebbe avere problemi di sorta per il voto di domani sul Mes, una piccola pattuglia di “responsabili” centristi dovrebbe ampiamente sopperire all’assenza o al voto contrario dei pochi grillini “duri e puri”. Dove però ancora una volta si decideranno le sorti del Paese, troppo “cicala” e “irresponsabile” ma anche too big to fail, sarà a Bruxelles

Io e i soldi miei. Il cashback visto da Giacalone

Al netto del folklore c’è la sostanza del cashback. Ovvero della restituzione di una parte dei soldi spesi mediante carte e altri sistemi digitali. Ci sono delle buone ragioni, ma spiananti la via dell’inferno. Ecco quali

Sala annuncia: "Mi ricandido a sindaco di Milano". Il video

Sala annuncia: "Mi ricandido a sindaco di Milano" [embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=BbO3buArE0A[/embedyt] Milano, 7 dic. (askanews) - "Ho deciso di ricandidarmi alla carica di sindaco di Milano". Lo ha annunciato il sindaco Giuseppe Sala in un video pubblicato sulle sue pagine social, nel giorno in cui si celebra Sant'Ambrogio, patrono della città. (Testo e video Askanews)

Boom per il cashback, la app IO in tilt: 6000 accessi al secondo. Il video

Boom per il cashback, la app IO in tilt: 6000 accessi al secondo [embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=yliWmGiFvRA[/embedyt] Roma, 7 dic. (askanews) - Da oggi è possibile attivare le carte di pagamento sull'app IO. Da domani, infatti, prende il via l'extra cashback di Natale, con cui si può ottenere un rimborso per gli acquisti effettuati con carte e app di pagamento in negozi,…

Next Generation Italia, dov'è l'innovazione?

Di Giacomo Bandini

Il principale strumento di politica economica italiana è ancora in fase di definizione. Da qui passa buona parte della ripresa italiana dopo la pandemia. Al suo interno si ritrovano obiettivi ambiziosi che cercano di sopperire alle carenze strutturali del Paese: digitalizzazione, green e infrastrutture. Ma siamo sempre alla ricerca di un sistema. Il commento di Giacomo Bandini, direttore generale di Competere

Digitale, ferrovie, porti. Le infrastrutture (finalmente) strategiche con il Recovery Plan

Nel prossimo decennio gli investimenti in infrastrutture conosceranno nel mondo un dinamismo senza precedenti. Sarà dunque fondamentale anche in Europa e in Italia ricominciare a investire, senza che Roma vanifichi quanto di buono indicato e detto da Bruxelles. Il commento di Stefano Cianciotta, presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Infrastrutture di Confassociazioni  

×

Iscriviti alla newsletter