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È innegabile che il dialogo di Tunisi abbi avuto dei problemi. L’Onu pretendeva di consolidare attraverso quel meeting super sponsorizzato l’attuale cessate il fuoco, e di poter risolvere così (rapidamente) la stabilizzazione del paese. Ma in quel modo non è andata, e sebbene non possiamo non essere ottimisti riguardo l’attuale fase negoziale dopo anni di guerra, permangono delle problematiche – forse frutto anche dell’insistenza con cui i funzionari delle Nazioni Unite hanno spinto per trovare una soluzione in fretta.

La questione riguardo a Tripoli passa anche dal blitz politico-diplomatico organizzato per portare Agila Saleh, attuale presidente della Camera dei Rappresentanti, a presiedere il Consiglio presidenziale – l’organo onusiano di controllo sul governo Gna. Blitz abbinato, in quello che sembrava una sistemazione ad equilibrium delle forze interne, alla nomina del ministro degli Interni, Fathi Bashaga, a capo del governo.

Sono due a questo punto le questioni sul tavolo. La prima riguarda Bashaga, che come più volte detto è un nome non accettato da alcune delle forze che compongono il quadro di supporto dietro alla Cirenaica: il misuratino è infatti considerato troppo vicino alla Fratellanza musulmana da Emirati Arabi, Egitto e Russia, e per questo non accettato come premier. La seconda riguarda Saleh.
Il presidente del parlamento libico ha avuto nei mesi scorsi una fase di ascesa. Si è smarcato, attraverso il sostegno egiziano, da Khalifa Haftar, dopo aver per anni protetto politicamente le ambizioni del generale ribelle dell’Est. Ora però l’accordo con cui il vicepremier Ahmed Maiteeg ha permesso la ripartenza delle produzioni petrolifere, trovando una quadra per la riapertura dei pozzi occupati dalle unità Haftariane, ha scombinato le carte. Haftar, che con l’ascesa di Saleh sembrava marginalizzato, è tornato un attore in grado di muovere i giochi.
Sono in corso contatti tra i parlamentari libici, sia della Cirenaica che della Tripolitania, passati da una riunione a Tangeri e un’altra a Ghadames in questi giorni, per sondare la possibilità di votare un nuovo presidente per il Parlamento. Una mossa che manderebbe Saleh in caduta libera – tant’è che s’è trovato costretto a diffondere uno statement in cui criticava queste riunioni laterali – e complicherebbe notevolmente il processo di contatto intavolato dall’Onu.
Quindi saltato il blitz tunisino tentato dalla delegata Onu Stephanie Williams (prima di lasciare il suo incarico, essendo in scadenza) il dialogo è entrato in una fase di stallo, con forti denunce da alcuni membri libico al tavolo su tentativi di compravendita di voti per sostenere alcuni candidati alla carica di Primo Ministro. Oggi, con una riunione sempre in video collegamento su Zoom, riprenderanno le discussioni, ma sembra difficile che si riesca ad arrivare a un qualche tipo di accordo. Uno scenario che rende sempre più probabile la permanenza in carica dell’attuale Consiglio Presidenziale almeno fino alle elezioni, magari con la nomina di un Primo Ministro che permetta il dialogo con la componente orientale, anche specialmente per le tematiche economiche e in particolare per la gestione dei proventi del petrolio.

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