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L’intelligence non si riforma per decreto. Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir, confessa a Formiche.net tutta la sua irritazione per il voto di fiducia apposto dal governo (e passato, ma con 24 defezioni del Movimento Cinque Stelle) sul decreto Agosto e la norma al suo interno che dispone la proroga dei vertici delle agenzie.

Urso, la fiducia è passata, e con non poche defezioni nel Movimento.

Un episodio grave. Tutte le norme in materia di intelligence sono sempre state realizzate dal Parlamento, non per decreto e tantomeno a colpi di fiducia. Ricordo inoltre che il Copasir è un comitato paritetico maggioranza-opposizione. Cioè la legge prevede esplicitamente che su questa materia ci sia un consenso della massima ampiezza. Qui invece il paradosso è che è stata posta la fiducia in prima lettura, prima che la Camera potesse esprimersi. Non era mai accaduto.

Nel merito, lamentate una proroga. Ma qui si tratta di una rimodulazione della durata dei mandati.

Il decreto stravolge la legge istitutiva. Cambia le fondamenta dell’equilibrio fra poteri dello Stato. Quella legge parlava invece chiaramente di una sola proroga, ciascuna con un mandato fino a 4 anni. Cioè conferiva una forte autonomia a chi veniva nominato. Tant’è che tutti i presidenti del Consiglio fino a Renzi hanno applicato la norma di un mandato pieno di quattro anni.

Fino a Renzi. Poi?

Renzi ha cambiato questa consuetudine, perché ha fatto nomine di due anni con la possibilità di un secondo rinnovo, rimanendo dunque nel perimetro dell’applicabilità. Nessun vertice dell’intelligence superava i quattro anni, sia con un mandato che con due.

Cosa cambia nella sostanza con la nuova norma?

Avendo modificato solo in parte il rinnovo, lasciando la tempistica dei quattro anni ma con innumerevoli e plurime possibilità di rinnovare l’incarico, trasformano i direttori delle agenzie in attendenti.

Cioè?

Attendono di essere rinnovati, perfino di tre mesi in tre mesi. Parliamo di una misura ai limiti della costituzionalità. Lo ha ribadito più volte la Corte costituzionale: ogni mandato della Pubblica amministrazione deve durare un tempo congruo e permettere di esercitare in autonomia le proprie responsabilità. Tanto più se ci sta di mezzo l’intelligence. Con le proroghe multiple si crea invece un rapporto di dipendenza strutturale. Peraltro solitamente la legge fissa un minimo, ad esempio per i vertici della Difesa è di due anni. Qui non esiste.

Si è detto più volte che al centro della norma c’è la proroga del direttore dell’Aise Mario Parente. Voi cosa avete in contrario?

Non si tratta del merito, ma del metodo. Se ci fosse stato un tavolo ne avremmo discusso. Tante volte si è fatto ricorso a una norma transitoria, penso ai vertici delle authority in tempi di emergenza, ma senza stravolgere la legge. Si poteva benissimo fare un rinnovo in deroga di un direttore in scadenza per un periodo congruo, non oltre un anno. Ma non così.

Così il governo mette l'intelligence sull'attenti. L'accusa di Urso (Fdi)

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