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Il 7 ottobre la prima dichiarazione di guerra a Israele è arrivata sul canale Telegram della brigate Qassam, braccio armato di Hamas. Un canale che pochi giorni dopo avrebbe quintuplicato i suoi iscritti. È stato soltanto l’inizio. “Molti utenti hanno vissuto il conflitto non come una serie statiche di titoli di notizie, ma come un flusso di eventi virali, spesso accompagnati da affermazioni non verificate, filmati decontestualizzati e immagini oscene”, scrivono gli esperti dell’Atlantic Council nel rapporto “Distortion by design”, il cui sottotitolo è piuttosto chiaro: “Come le piattaforme dei social media hanno plasmato la nostra comprensione iniziale del conflitto tra Israele e Hamas”.

Su Telegram hanno proliferato video senza filtri e non verificati grazie al fatto che la piattaforma continua a resistere agli appelli alla responsabilità sulla moderazione dei contenuti. X, nonostante il crollo degli utenti, continua a essere popolare tra giornalisti, politici e altre élite. Qui le novità decise sotto la guida di Elon Musk hanno alimentato la misinformazione: tra queste, la spunta blu a pagamento, la monetizzazione e le politiche di moderazione dei contenuti. Per quanto riguarda Meta, popolarissima in Medio Oriente e già interessata da conflitti simili, “i sistemi di moderazione dei contenuti vulnerabili agli errori e poco trasparenti nella loro implementazione possono essere dannosi in tempi di guerra, quando una comunicazione chiara è di fondamentale importanza”, scrivono i ricercatori. Non è manca la misinformazione neppure su TikTok, di proprietà della cinese Bytedance, e ciò ha portato a nuove pressioni politiche sull’app già al centro dei timori americani, e non soltanto, per questioni di sicurezza nazionale.

Che cosa dovrebbero fare le piattaforme in un ambiente informativo rapido e caotico come quello attorno al conflitto Israele-Hamas senza colpire la libertà di parola e la documentazione storica?In definitiva, “il design della piattaforma e la politica di moderazione dei contenuti plasmeranno la storia del conflitto stesso”, scrivono gli esperti. “Molte testimonianze dirette sulla guerra provengono da gruppi Telegram riservati e non catalogati, da storie Instagram effimere o da discussioni su X che possono essere cancellate da un momento all’altro. Se questi contenuti digitali dovessero semplicemente scomparire, un giorno potrebbero scomparire anche dalla memoria umana”, concludono.

Così i social hanno plasmato la guerra Israele-Hamas. Report Atlantic Council

La prima dichiarazione di guerra è arrivata da Telegram. Poi le altre piattaforme hanno alimentato il dibattito ma anche la misinformazione. Ecco come

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