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Come cambierà la geopolitica italiana del gas alla luce del nuovo gasdotto Eastmed? E in che modo l’occidente dovrebbe mediare affinché la Turchia persegua legittimamente, come tutti gli altri Stati, i propri interessi nazionali, ma senza inficiare quelli dei suoi vicini che tra l’altro sono garantiti da leggi e trattati internazionali?

QUI MEDITERRANEO

Il dibattito sulle rivendicazioni del presidente turco Erdogan e sulle conseguenti (e pericolose) mosse scomposte nel Mediterraneo orientale, sebbene avviato in ritardo, si sta distendendo sotto il comune denominatore del ruolo euroatlantico. Spetta infatti agli storici players dell’alleanza atlantica abbozzare una linea comune che, se da un lato punti a ricomporre fratture e screzi, dall’altro non può prescindere dalla certezza del diritto. Contrariamente ci si avventurerebbe in un terreno minato e altamente rischioso per la tenuta del Mediterraneo e di tutti i paesi che vi si affacciano, comprese le tre super potenze più geograficamente distanti, ma coinvolte non indirettamente.

QUI EASTMED

Il nodo del contendere, come noto, è il nuovo gasdotto Eastmed che condurrà il gas da Israele a Otranto tramite una pipeline che interesserà Egitto, Cipro e Grecia. La Turchia per questa ragione punta a contestare il Trattato di Losanna che, all’indomani della Prima Guerra Mondiale, ridisegnò i confini dell’Egeo, comprese le isole sotto le cui acque ci sono i preziosi giacimenti.

“Il problema vero è che i turchi arriverebbero a sparare, ma gli occidentali che farebbero?” si è chiesto dalle colonne della Gazzetta del Mezzogiorno il prof. Antongiulio De Robertis, vicepresidente del Comitato Atlantico Italiano e docente di politica internazionale all’Università Aldo Modo di Bari.

Le continue provocazioni dei turchi infatti hanno toccato il punto più alto nell’agosto appena concluso: un sottomarino di Ankara si è spinto fino alla costa ateniese di Capo Sounio, messo in fuga dagli elicotteri greci, mentre il quotidiano sconfinamento degli F-16 turchi nei cieli greci ha visto la contromossa di Atene: per la prima volta 8 caccia greci hanno sorvolato l’isola di Cipro, proprio mentre un B-52 americano sorvolava vari paesi alleati tra Egeo e Balcani.

Intanto la Commissione europea ha nuovamente chiesto alla Turchia di interrompere le azioni unilaterali nel Mediterraneo orientale e di avviare un dialogo con Atene. Alla Reuters un portavoce della Commissione ha dichiarato: “Nel caso in cui questo dialogo non dia frutti allora l’Ue ha già deciso provvedimenti verso possibili sanzioni”.

QUI ROMA

L’Italia è pronta a firmare l’accordo per il progetto EastMed che dovrebbe modificare il panorama delle risorse e delle rotte del gas nel Mediterraneo orientale. IGI Poseidon ed Edison hanno confermato al ministro dell’Energia israeliano che la firma dell’accordo di costruzione EastMed da parte dell’Italia è ormai giunta alla gestione politica definitiva. Il progetto mira a cementare le relazioni strategiche di Cipro con Grecia, Israele e Italia. Nel frattempo Roma, Bruxelles e Berlino sono consapevoli che in Libia una soluzione senza Ankara non è realistica in Libia, quindi lavorano ad una prospettiva politica diversa rispetto a quella di Parigi.

I partecipanti alla posa del gasdotto intendono investire circa 6 miliardi di euro nel progetto che sarà ultimato entro il 2025, ma di contro al di là dei tempi, ecco che l’avviamento del gasdotto è una questione fondamentale per alimentare il partenariato strategico nel Mediterraneo orientale.

ESCALATION

Nelle ultime settimane l’escalation di Erdogan, con la nave da ricerca Oruc Reis scortata da 39 navi militari a un passo dalle acque greche, ha prodotto una reazione non solo europea. Non solo le esercitazioni greche o congiunte (come quella a cui ha preso parte anche l’Italia), ma un più generale dispiegamento di nuovi players che si sono posizionati.

Il più convinto è stato il presidente francese Emmanuel Macron, che dapprima ha inviato due Mirage a Cipro e poi altri caccia Rafale per presidiare i cieli in partnership con gli F-16 degli Emirati Arabi Uniti, la vera novità geopolitica nell’Egeo. Una mossa che va interpretata anche alla luce dell’accordo di pace degli Emirati Arabi Uniti con Israele che in prospettiva potrebbe rappresentare anche una risposta all’ultra-espansionismo turco nel Mediterraneo orientale.

IL RUOLO DI PARIGI

Ma è Parigi nelle ultime ore a giocare un ruolo nettamente di attacco: l’ammiraglia della flotta francese, la portaerei Charles de Gaulle, è in arrivo nel Mediterraneo orientale, accompagnata da fregate e sottomarini. Ufficialmente giunge nel mare nostrum per una “missione imprecisata”, ma si inserisce nel quadro di tensioni accentuate dalle nuove minacce turche contro Parigi e Atene. “Pagheranno un prezzo alto”, aveva detto il presidente Erdogan. Francia e Grecia stanno anche intensificando il dialogo per il sempre più possibile acquisto greco di 18 caccia Rafale francesi, che andrebbero a sostituire i Mirage attualmente in forza all’Aeronautica ellenica.

Un acquisto strategico, sia perché doterebbe la Grecia (rispetto ai sistemi turchi) di nuovi caccia dotati di tecnologie di primo piano, come il missile navale Scalp, sia perché ci sarà il fisiologico via libera di Washington, in particolare per lo Scalp Naval. Se l’acquisto si concretizzasse, sarebbe la seconda volta che gli Usa danno il via libera a un Paese della Nato per acquisire un’arma del genere. Il precedente riguardava ancora la Grecia e lo Scalp -EG per il Mirage 2000.

IL RUOLO DEGLI USA

Una partita, prima che diplomatica, tutta di posizione come dimostra la nuova geografia militare tra Creta e le coste turche. A Souda Bay la base som ellenica è rientrata nel grande accordo stipulato tra Usa e Grecia (che ha ricevuto da Washington 50 elicotteri Kiowa di stanza a Volos) per l’uso di attrezzature e basi militari: lì sono in arrivo i sottomarini Usa, oltre che la nuova porta elicotteri Williams, con a bordo gli Osprey V-22 a decollo verticale. Sempre a Creta, quindi, potrebbero essere installati i radar Iniochos in grado di affrontare gli S-400 che la Turchia ha ordinato da Mosca. Senza dimenticare la partita per gli F-35, ufficialmente non più destinati alla Turchia, e quindi potenzialmente acquistabili da altri paesi mediterranei.

“La Turchia deve negoziare con noi”, ammonisce sempre più spesso il ministro degli esteri di Atene, Nikos Dendias, sostanzialmente per certificare due aspetti: la Grecia ha deciso che la propria strategia anti turca sarà nettamente nel solco del diritto internazionale. Una prospettiva inattaccabile e dogmatica, utilizzata per disinnescare le continue provocazioni militari turche, ma anche l’occasione per poter mostrarsi un partner affidabile sia per alleati atlantici come Parigi e Washington, ma anche per i vecchi ma nuovi partner macro regionali come Emirati, Egitto e Israele.

QUI ANKARA

Non si tratta di una semplice corsa al gas: la strategia turca va letta in filigrana osservando in parallelo lo stato comatoso delle sua finanze. Il Pil è sceso dagli 852 miliardi del 2017 ai 716 nel 2020, la lira turca ha lasciato per strada il 22% del suo valore in 8 mesi.

Alla guida del ministero delle finanze c’è Berat Akbayrak, genero del presidente Erdogan, secondo cui l’economia turca si muoverà tra il -2% e l’1%. In passato è stato oggetto di molte critiche per via di decisioni strategiche prese senza un metro tecnico ma solo tarato sui desiderata di Erdogan. È di tutta evidenza come l’instabilità geopolitica causata da Erdogan nella macroregione euromediterranea, combinata con la dipendenza del Paese dai capitali stranieri, ha portato la Turchia alle porte del default. Moody’s stima che la recessione quest’anno raggiungerà il 5%.

twitter@FDepalo

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