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Von Der Leyen ha introdotto un’innovazione: ha preferito il criterio geografico a quello degli schieramenti dei partiti europei. Questo sottolinea, ancora una volta, come siano le trame tra governi nazionali a determinare la compagine della Commissione più che gli equilibri maggioranza e opposizione in Parlamento.

Da questo punto di vista il governo italiano viene ben “remunerato”. Giorgia Meloni non poteva sperare in un risultato migliore. Se Raffaele Fitto passerà il vaglio del parlamento, penso che questo possa identificarsi come un successo.

Restano sullo sfondo alcuni paradossi. Il primo coinvolge il valore del voto del Parlamento sulla presidente della Commissione. Ursula sceglie un criterio che valorizza Meloni, nonostante quest’ultima non l’abbia votata nella sua riconferma. Questo mostra che ben poco valore sembra avere il voto parlamentare per lo meno per quanto riguarda il presidente.

Il secondo paradosso riguarda proprio il premier italiano. Meloni ha “bocciato” la rielezione di Von der Leyen dopo aver costruito con la stessa un ottimo rapporto, salvo poi fare un’alleanza con lei e i popolari nonostante avesse dichiarato che c’erano punti inconciliabili a partire dal Green Deal. Insomma, alla prova dei fatti Meloni ha solo aggiunto delle difficoltà che se avesse sostenuto Ursula non ci sarebbero state. Specie nella fase delle trattative, che sono state difficoltose.

Peraltro con Fitto in una posizione così forte sarà complesso per il governo italiano tenere le parti dei sovranisti e degli euro-scettici. Vale per Fratelli d’Italia in particolare, che si ritrova con questa posizione molto stretta con la Commissione Von der Leyen. In questo sta l’incoerenza di Meloni, che avrebbe potuto sostenerla da subito, visto che l’alleanza con i popolari già c’era e si è manifestata proprio oggi con la nomina di Fitto.

Sarà interessante capire ora come verrà proseguito il Green Deal. Mi pare che su questo Ursula stia utilizzando parole vaghe che possano tranquillizzare a destra e piacere a sinistra. Anche la selezione della commissaria spagnola va nella direzione di una fervente ambientalista. Vedremo poi le policy europee proseguiranno in questa direzione oppure se – come penso – ci saranno delle revisioni soprattutto nel settore dell’auto.

Va sottolineato, però, che l’altra grande vittoria ottenuta da Meloni è quella sull’immigrazione. Von der Leyen infatti ormai utilizza un lessico, che è dei partiti di destra. Lo stesso di Meloni, su cui tutti peraltro tutti i governi europei stanno convergendo al di là dell’appartenenza politica.

La direzione è quella di un restringimento dei movimenti dell’immigrazione e dell’accoglienza: segno che dal punto di vista dell’azione politica e dell’aderenza alla realtà, i partiti di destra in tutta Europa su questo hanno segnato il punto dopo dieci anni di scontro ideologico.

Con questo scenario, possiamo dire che senz’altro il governo incassa un grande risultato. Politicamente, però, sarà un governo sempre più “europeizzato” più che un governo di destra o di estrema destra. E questo smonta la retorica dei governi francese e tedesco che, durante il Consiglio Europeo di giugno, volevano far fuori Meloni. Loro, ora, sono molto più in difficoltà di Meloni che ha un governo stabile.

 

Fitto è una vittoria di Meloni. Fra qualche paradosso spiegato da Castellani

Meloni non poteva sperare in un risultato migliore. Se Raffaele Fitto passerà il vaglio del Parlamento, penso che questo possa identificarsi come un successo. Restano sullo sfondo i due paradossi: la poca incidenza del voto parlamentare sulla presidenza della Commissione e la decisione, da parte della premier, di non sostenere da subito l’Ursula bis. La versione del politologo della Luiss, Lorenzo Castellani

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