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Alla fine di un’insolita, virtuale, assemblea mondiale della sanità, l’organo chiave dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), gli Stati membri hanno adottato una risoluzione che sostiene fortemente l’agenzia di Ginevra in uno dei momenti più difficili della sua storia. Il testo, la cui bozza iniziale è stata proposta dall’Unione europea, è stato adottato al termine di una due-giorni con molte parole e pochi sussulti, almeno per gli addetti ai lavori.

A smuovere le acque poco prima della riunione, ci aveva pensato Donald Trump con la sua lettera “self-explanatory” postata su Twitter, in cui concedeva 30 giorni al direttore generale Tedros Adhanom Geebreyesus per compiere non specificate riforme, pena la perdita dei finanziamenti statunitensi congelati il 14 Aprile scorso. La lettera delineava la convinzione statunitense che l’Oms non fosse stata sufficientemente indipendente dalla Cina, accettando pienamente le sue spiegazioni sull’origine della pandemia di coronavirus.

Tra i due punti di maggiore discussione tra i negoziatori nei giorni precedenti la riunione – come chiedere un’inchiesta indipendente sulla gestione della pandemia, e come risolvere la tradizionale diatriba tra blocchi di paesi su come bilanciare la tensione tra supporto all’innovazione e l’accesso equo a vaccini e farmaci – l’approvazione dell’inchiesta indipendente è chiaramente l’aspetto dal significato politico più importante e di lungo termine. D’altro canto, valutare la gestione di una tale pandemia è un atto dovuto a prescindere: l’Oms effettua periodicamente revisioni sulla gestione delle principali epidemie, ma nessuna di queste è stata mai inquadrata esplicitamente come elemento cardine di uno scontro tra superpotenze.

Il testo finale è un ottimo compromesso che – sperano, ad esempio, a Bruxelles – possa minimizzare lo scontro Usa-Cina e possibilmente aprire uno spiraglio per scongiurare ulteriori azioni di Trump sul dossier Oms.

La diatriba Usa-Cina ha dato lustro alla diplomazia europea che ha giocato sull’unico tavolo in cui poteva ancora avere rilevanza. A dispetto di una reazione confusa all’insorgere della pandemia a fine febbraio, Bruxelles ha agito con grande acume attraverso una serie di azioni chiave che l’hanno resa protagonista: l’Ue ha dapprima sostenuto un documento quadro, l’Access to Covid-19 Tools Accelerator, su una risposta globale e un accesso universale ed equo a tecnologie e processi per far fronte alla pandemia; in un secondo momento ha lanciato una maratona di raccolta fondi che ha portato quasi 8 miliardi di dollari a supporto della cooperazione globale per lo sviluppo di vaccini, test e terapie; infine ha proposto già a fine aprile una bozza iniziale per dettare il tono della discussione Covid-19 all’assemblea mondiale della salute.

Il testo finale è un compromesso eccellente che ha visto, tra i tanti altri, il supporto dell’Australia che era stata tra i primi paesi a pronunciarsi contro la Cina qualche settimana fa.

La Ue ha reiterato l’importanza della cooperazione multilaterale e la centralità dell’Oms sia attraverso la Commissione che attraverso le dichiarazioni di Macron e Merkel. Il multilateralismo resta una carta necessaria da giocare per evitare una sovraesposizione cinese a cospetto della ritirata possibile dall’Oms – e catastrofica, secondo chi scrive – degli Stati Uniti. La perdita di finanziamenti statunitensi per l’Oms sarebbe un duro colpo poiché gli Stati Uniti sono di gran lunga il primo contribuente (oltre 400 milioni di dollari nel 2019, e circa il 15% del suo budget nel 2018-19 contro lo 0,21% cinese). La riforma dei finanziamenti dell’agenzia non è una questione nuova. Molti Paesi come la Cina devono sicuramente alzare il livello dei propri contributi che al momento non sono proporzionati alla loro potenzialità economica. Sebbene tutti siano d’accordo sulla riforma, a preoccupare la Ue è l’atteggiamento dell’amministrazione di Trump, la cui azione di rottura unilaterale potrebbe rafforzare la già forte influenza cinese sull’Africa, rendendo più tortuosa la strada delle riforme.

L’assenza di contenuto degli Stati Uniti da un dibattito internazionale così importante fa rumore e dà un possibile anteprima di quello che potrebbe essere il futuro. Non a caso, il primo vero oratore di spicco in un’assemblea dove generalmente sono i ministri della salute i protagonisti e rarissimamente i vertici politici dei paesi, è stato il presidente cinese Xi Jinping. Xi è apparso pulito ed efficace, reiterando le parole chiave della posizione cinese: trasparenza nella valutazione di quanto è accaduto, prontezza della risposta cinese al virus e necessità di guardare a un eventuale vaccino come un bene pubblico globale a disposizione di tutti, compresa una promessa di aiuti a nazioni in via di sviluppo, soprattutto in Africa.

Il testo finale della risoluzione non risolverà di certo la diatriba Usa-Cina, uno scontro diplomatico che è utile sia per Pechino che per l’amministrazione Trump che ne sta facendo un leitmotiv per le presidenziali di novembre prossimo.

Tuttavia, l’inchiesta indipendente è un modo per guadagnare tempo, rifocalizzarsi sulla complicatissima ripresa post Covid-19 e magari aspettare l’opinione degli elettori americani il cui voto avrà un impatto, per la gran parte inconsapevole, sul futuro delle istituzioni multilaterali e degli equilibri globali.

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