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Non c’è un’ipotesi di boots on the ground italiani in Libia. Parola del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, intervenuto oggi alle commissioni Esteri di Camera e Senato: “Non esiste nella misura in cui né il mandato dell’Onu né le autorizzazioni del governo o delle parti esistono in questo senso”. Il capo della Farnesina ha sottolineato come le “500 unità” annunciate ieri alla Camera per la missione Irini non significhino “500 militari sul terreno” in Libia “ma militari che si alterneranno nella missione navale, aerea e nel comando, che è nostro”.

Il ministro Di Maio ha spiegato inoltre che “è necessario che il trasferimento di armi e mercenari verso la Libia cessino” e su questo fronte una corretta gestione dell’operazione Irini può essere di aiuto. Una dichiarazione che sembra rispondere anche alle preoccupazioni del governo di accordo nazionale guidato da Fayez Al Serraj, che ha più volte espresso preoccupazione per la missione europea sostenendo che finisca per favorire il suo rivale, l’uomo forte della Cirenaica Khalifa Haftar che oltre un anno fa ha lanciato la sua offensiva su Tripoli. Ma che si trova, in questa fase, successiva all’intervento turco al fianco dell’esecutivo riconosciuto dalla comunità internazionale, in difficoltà.

L’Italia sembra scommettere ancora sul governo tripolino, in particolare sulla storica vicinanza con Misurata, la cosiddetta Sparta libica. Il governo italiano “sta lavorando”, ha aggiunto Di Maio, a una richiesta del governo libico per potenziare l’ospedale militare da campo dislocato a Misurata, in Libia, per aiutare il popolo libico a combattere la pandemia di coronavirus. 

Invece, un messaggio ad Haftar è rappresentato dalla “ferma condanna” espressa dal ministro Di Maio per l’attacco vicino alla residenza del nostro ambasciatore a Tripoli condotto dalle milizie del feldmaresciallo di Bengasi, “segno di disprezzo dei diritti internazionali e della vita umana, alla quale si sono associati tutti i partner europei”.

La soluzione al conflitto europeo non può che passare dall’Europa per Di Maio che ha invitato a “una de-escalation immediata del conflitto” e “un vero cessate il fuoco”, perché “non esiste, lo ripeto, una soluzione militare alla crisi”. Il ministro ha poi invitato l’Onu a “colmare il vuoto politico seguito alle dimissioni” dell’inviato in Libia Ghassan Salamé e ha citato Germania e Francia come partner fondamentali per una soluzione in Libia intervento davanti alle commissioni poche ore prima della videoconferenza con l’Alto rappresentante Ue, Josep Borell, e gli omologhi francese Jean-Yves Le Drian e tedesco Heiko Maas. Un tele-incontro per dare “nuovo impulso” ai seguiti della Conferenza di Berlino sulla crisi libica, ha spiegato. “Proprio in queste ore stiamo dando come Italia un rinnovato impulso. È fondamentale adoperarsi per un pieno rilancio degli esercizi di Berlino in termini di dialogo intra-libico, in particolare in ambito militare e politico”. 

L’Italia, ha spiegato il ministro, “ha chiesto lo stop di interferenze esterne e si è fatta promotrice” di un intervento dell’Unione europea. In questo senso, l’operazione Irini rappresenta “un importante risultato”. E “sulla base di questo impegno”, ha aggiunto Di Maio, “siamo determinati alla massima imparzialità affinché qualunque violazione dell’embargo venga pubblicamente denunciata”.

Quale politica italiana per la Libia? Ecco la versione (convincente) di Di Maio

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