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Al Consiglio europeo di venerdì 17 luglio e di sabato 18, dedicato al nuovo Recovery Fund e al prossimo ciclo di bilancio dell’Unione europea tengono banco temi di interesse nazionale e comunitario, si muovono attori con interessi particolari e altri con obiettivi più generali. Ecco una sintesi delle posizioni in campo e dei temi al centro del confronto tra i leader degli stati dell’Ue.

IL PIANO MICHEL

È un tema di interesse italiano. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha presentato una sua proposta sul “piano di soccorso” post Covid-19 (Recovery and Resilience Facility, Rrf) successivo a quello della Commissione europea e più generoso. In sintesi, prevede aiuti pari a quella dell’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen (750 miliardi, 500 in aiuti diretti e 250 come prestiti), ma modifica la governance del piano di aiuti. C’è un richiamo forte a condizionalità. I governi devono presentare dei piani (Recovery and Resilience National Plans) che saranno giudicati nel 2022 sulla base di criteri precisi. Michel propone che il giudizio proposto dalla Commissione sia poi approvato da una maggioranza qualificata del Consiglio, che è l’organismo dove sono rappresentati gli stati membri dell’Ue. Una minoranza potrebbe quindi respingere i piani nazionali.

GLI SCHIERAMENTI IN CAMPO

Il premier olandese Mark Rutte, quindi dei cosiddetti stati frugali dei quali fa parte anche l’Austria, vorrebbe che il voto del Consiglio fosse all’unanimità. Anche un singolo stato dell’Unione potrebbe quindi porre il veto su un piano nazionale. Contro questa ipotesi c’è chiaramente l’Italia che è tra gli Stati che dovrà ricorrere al fondo in misura maggiore. Il rischio è che il piano sia bocciato magari dagli stessi frugali per ragioni elettorali. La mediazione potrebbe arrivare dalla Germania. Nell’incontro tra il premier italiano Giuseppe Conte e la cancelliera Angela Merkel è già in parte emerso. Conte ha detto no alla maggioranza qualificata, mentre Merkel ha difeso questo principio. Tutto sta quindi nel tarare il numero di stati che ha il potere di approvare (o bocciare) i singoli piani. L’elezione dell’irlandese Paschal Donohoe a presidente dell’Eurogruppo il 13 luglio è stata una prova di forza e la dimostrazione che i frugali, alleati con i sovranisti dell’Est, possono anche battere il nucleo storico dei grandi stati dell’Ue.

LA DIMENSIONE DEL PIANO

Il piano Michel e quello della Commissione valgono 750 miliardi di euro. I trasferimenti valgono 310 miliardi di euro, mentre gli altri 440 miliardi sono ripartiti tra prestiti dell’Ue agli Stati membri e garanzie. La Germania vorrebbe riportare il piano al livello della vecchia proposta franco tedesca, quindi 500 miliardi di aiuti, eliminando i prestiti e le garanzie. L’Italia ufficialmente non è disposta ad accettare tagli al piano. Anche perché se venissero meno i prestiti della Commissione attraverso il Recovery Fund, il governo Conte si vedrebbe costretto ad accettare i 36 miliardi della nuova linea di prestito del Mes.

IL BUDGET E GLI SCONTI

Il nome frugali deriva dal fatto che un gruppo di Stati ha proposto che nel nuovo ciclo di bilancio (Multiannual Financial Framework) il contributo dei singoli Stati sia limitato ad una percentuale sotto l’1%. La proposta ufficiale del Consiglio è dell’1,05%. Altro fronte è quello dei “ribassi” chiesti dagli stati frugali, cioè sconti sui contributi a favore dei Paesi che sono contributori netti. Su questi fronti l’Italia è disposta a trattare anche con l’Olanda. I frugali, dal canto loro, sperano di fare leva sul potere di veto sul bilancio e anche su un alleanza con i sovranisti dell’est per ottenere il massimo dal bilancio, ma anche sul Recovery Fund.

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