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Un messaggio allo Xinjiang, perché Hong Kong intenda. Il Dipartimento del Tesoro americano ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni individuali contro quattro ufficiali di rango del Partito comunista cinese per violazioni dei diritti umani nello Xinjiang, regione nella Cina occidentale abitata da una popolazione turcofona di religione musulmana, gli uiguri, sottoposta a un regime di detenzione dal governo centrale.

Ad annunciarlo è il Segretario di Stato Usa Mike Pompeo su Twitter: “Oggi ho designato tre alti ufficiali del Partito comunista cinese in Xinjiang per gravi violazioni dei diritti umani, impedendo a loro e ai più stretti famigliari di entrare negli Stati Uniti”.

Come da protocollo, le sanzioni sono implementate dall’Ofac (Office of Foreign Assets Control), organo del Dipartimento di Steve Mnuchin, nell’ambito legale del Global Magnitsky Human Rights Accountability Act, che permette di sanzionare persone ritenute coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani congelando asset finanziari e impedendone la libera circolazione negli Stati Uniti.

Ma chi sono i quattro alti ufficiali? Nomi sconosciuti ai più, ma ultra-noti a chi conosce le gerarchie della Città Proibita. Spicca Chen Quanguo. Membro del Politburo, soprannominato “l’architetto” per aver architettato per filo e per segno i campi di detenzione in Xinjiang, Quanguo viene dalla povera provincia dell’Henan (come il premier Li Keqiang) e si è fatto le ossa da super-controllore in Tibet, dove dal 2008 al 2011 ha messo in piedi un sofisticato sistema di sorveglianza per sedare sul nascere le rivolte, prima di approdare come sceriffo nella regione a prevalenza uigura.

“Come parte del piano di Chen, la costruzione su larga scala di campi di detenzione di massa, rinominati “campi di addestramento, è accelerata fortemente nel 2017 – si legge sul sito del Dipartimento americano”. Nel mirino delle sanzioni è finito anche il braccio destro di Chen, Zhu Hailun, segretario generale del Comitato politico e legale dello Xinjiang, responsabile delle forze dell’ordine nella regione. Di lui dice il Tesoro: “Le politiche di Zhu hanno illustrato come i campi avrebbero funzionato, inclusa l’impossibilità di “fughe” e di “morti anormali”.

Gli altri due “sceriffi” di Xi Jinping in Xinjiang non hanno curriculum da meno. Nell’ordine, sono il direttore del Xinjiang Public Security Bureau (Xpsb) Wang Mingshan e l’ex segretario Huo Liujun. Sono loro, scrive il sito dell’amministrazione Usa, i responsabili della messa in opera del sistema di sorveglianza in Xijinang, Ijop (Integrated Joint Operations Platform), “un sistema di computer assistito dall’Intelligenza artificiale che ha collezionato dati biometrici per milioni di uiguri”.

La stretta del Dipartimento arriva al culmine di una serie di sanzioni contro le violazioni in Xinjiang (come la confisca di tonnellate di beni in arrivo dalla Cina, per ultimo un carico di prodotti per capelli) e suona come un preannuncio delle sanzioni già promesse da Pompeo e dalla Casa Bianca contro eventuali soprusi di Pechino a Hong Kong, ora che la legge sulla Sicurezza nazionale è entrata nel vivo.

“La decisione statunitense conferma il peso che le politiche sulla religione, e soprattutto sulla libertà religiosa, hanno nel contesto di questa amministrazione – commenta con Formiche.net Pasquale Annicchino Senior Research Associate Cambridge Institute on Religion&International Studies – Le sollecitazioni sulle gravi violazioni cinesi erano ormai incessanti da mesi e era ormai divenuto impossibile ignorare le pressioni del mondo della destra religiosa statunitense. Un attore sempre importante per capire quanto succede a Washington”.

Xinjiang, Trump sanziona gli sceriffi di Xi (Hong Kong avvisata)

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