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Finirà male, naturalmente, ma l’offensiva di Matteo Salvini sulle pensioni è comunque indicativa di un metodo: la demagogia che caratterizza la propaganda, che a sua volta paralizza e rende impotente la politica.

Finirà male, naturalmente, come male è finito il proposito, più e più volte enunciato dal segretario della Lega, di “cancellare la legge Fornero”. Legge incancellabile per ovvie ragioni contabili, e infatti oggi più viva che mai.

La situazione economica, del resto, è tutt’altro che rosea. Il debito pubblico cresce (2984,5 miliardi a giugno), la curva demografica flette, la spesa pensionistica non cala (350 miliardi all’anno, ovvero il 16,3% del Pil): anticipare ulteriormente l’uscita dal lavoro significherebbe far saltare definitivamente i conti pubblici e gravare colpevolmente i figli dei pensionandi di ulteriori debiti. Debiti difficilmente onorabili.

Matteo Salvini lo sa, ma finge di non saperlo. Un metodo evidentemente volto a illudere gli elettori, per poi scaricare la colpa del mancato “miracolo previdenziale” sui “tecnici di Bruxelles” e, naturalmente, sugli alleati di governo. Un atteggiamento da influencer più che da vicepresidente del Consiglio. Un atteggiamento tipico delle forze populiste, in tutto e per tutto analogo a quello del Movimento 5stelle che, dopo aver portato l’Italia sull’orlo del baratro contabile con il superbonus al 110%, continua a evocare nuovi ed irrealistici salari minimi a livello regionale, nello spirito analoghi a quel reddito di cittadinanza che, non a caso assieme alla Lega di Salvini, Giuseppe Conte riuscì ad introdurre a livello nazionale.

È dunque scontato che su quota 41 Matteo Salvini dovrà innestare la retromarcia. Ed è probabile che gli verrà concesso di inastare sui pennoni della Lega una bandierina pensionistica a mo’ di palliativo. A colpire, però, è un paradosso. Il fatto, cioè, che l’irresponsabilità contabile di Matteo Salvini abbia come contraltare naturale la doverosa responsabilità del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Ovvero, il dirigente più autorevole della Lega salviniana.

Un paradosso che ben rappresenta, anche dal punto di vista plastico, l’atteggiamento bifronte del partito di Salvini: una Lega di lotta che a forza convive con una Lega di governo.

Vi racconto il “miracolo previdenziale” che Salvini non compirà

Su quota 41 Salvini dovrà innestare la retromarcia. A colpire, però, è un paradosso. La sua irresponsabilità contabile ha come contraltare naturale la doverosa responsabilità di Giorgetti, il dirigente più autorevole della Lega salviniana. Un paradosso che ben rappresenta l’atteggiamento bifronte del partito: una Lega di lotta che a forza convive con una Lega di governo. L’opinione di Andrea Cangini

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