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“Un virus, è una brutta notizia racchiusa in una proteina”: questo affermava il premio Nobel Peter Medawar, qualche anno fa. In effetti è quanto stiamo leggendo in questi giorni sui giornali di tutto il mondo e nel nostro Paese. Ma Covid-19 è uno dei pochi virus che infettano l’uomo. Dei centinaia di migliaia di virus noti, circa 300 conosciuti infettano l’uomo. La maggior parte di loro infetta batteri con i quali sono in lotta da qualche milione di anni, e circa altri 600 virus, infettano gli altri mammiferi. Covid-19 è un nuovo coronavirus. La sua denominazione più corretta sarebbe Sars-CoV-2; è stato immediatamente identificato e caratterizzato in Cina grazie alla genetica molecolare e alla bioinformatica. Nonostante queste straordinarie tecnologie scientifiche che permettono di identificare e classificare subito un virus, non esiste un algoritmo capace di prevedere quando, dove e come nuovi virus patogeni emergeranno.

Le analisi filogenetiche hanno chiarito che Sars-CoV-2 è un “parente” molto stretto del gruppo dei Sars-like coronavirus, ma rimane incertezza ancora su come questo virus sia stato trasmesso agli umani e soprattutto non sappiamo ancora perché il nuovo virus sembra avere una capacità di trasmissione più rapida degli altri SARS, tale da generare una malattia classificata da Oms di categoria “X”, ovvero di priorità assoluta. Molti coronavirus legati alla Sars sono presenti nei pipistrelli. I pipistrelli, l’unico mammifero volante e il secondo gruppo più diversificato di mammiferi, sono serbatoi naturali di molti virus emergenti. Quando i pipistrelli vengono infettati sperimentalmente con questi virus, eliminano il virus, ma non producono alcuna sindrome clinica come quelle osservate in altri animali e umani. Questo fenomeno può essere dovuto all’adattamento dei virus a questo mammifero, oppure alla pre-infezione con virus simili non patogeni per i quali i pipistrelli producono anticorpi, oppure ad alcune caratteristiche proprie del sistema immunitario del pipistrello che ancora non conosciamo. Considerando l’ampia distribuzione geografica dei pipistrelli, questi mammiferi possono essere una fonte di molti altri virus sconosciuti: per questo sarebbe molto importante effettuare ricerche su questi animali. Nella Sars è stato praticamente dimostrato che il virus è “saltato” proprio dal pipistrello allo zibetto e quindi trasmesso all’uomo. Pertanto, sospettiamo di nuovo che anche questa volta gli animali selvatici potrebbero essere la fonte, anche se l’ospite intermedio non è stato ancora identificato.

Questa nuova epidemia è diversa dalla Sars, sia in termini epidemiologici che clinici, per una maggiore trasmissibilità e con efficiente diffusione intra-familiare dell’infezione, ma con una mortalità inferiore. Per riuscire a combatterlo, è importante trovare al più presto il determinante molecolare che ha consentito il “salto” da animale ad uomo e quindi il fattore genetico del virus che facilita la trasmissione da uomo a uomo. Oggi sappiamo che alcune caratteristiche molecolari del virus, e in particolare quella riguardante la proteina “spike” che consente al virus di attaccarsi e infettare le cellule umane sono diverse dal virus Sars.

Così come la regione E che codifica per una proteina altamente conservata nelle varie specie di virus, ma che differisce tra Sars e Sars-Cov2 per un solo aminoacido che è assente nel Sars-CoV-2 e potrebbe costituire un elemento importante per il futuro sviluppo di vaccini. Ed è proprio su questo che i ricercatori si stanno concentrando per lo sviluppo del vaccino e di farmaci inibitori. La biologia molecolare è cruciale per studiare il coronavirus. Le tecniche per isolare i virus sono semplici ma non sempre efficaci perché la maggior parte dei virus non è in grado di crescere in provetta per la mancanza di linee cellulari sensibili, e la mancanza di animali da esperimento. L’analisi genetica è oggi la tecnica di riferimento per studiare virus ed è stata utilizzata per scoprire un’enorme diversità di virus diversi nell’acqua, nelle feci umane e di pipistrello.

Nei polmoni di soggetti umani sani, con questa tecnica, una collega dell’Università di San Diego ha individuato la presenza di almeno 179 specie di virus diversi: non conoscevamo l’esistenza del 90% di essi. In uno studio su campioni fecali di pipistrello, i colleghi cinesi hanno rivelato la presenza di virus rari e nuovi virus come i densovirus, i dicistrovirus, i coronavirus, i parvovirus e i tobamovirus, presenti non solo nei mammiferi ma anche negli invertebrati e nelle piante. Il nostro comune “raffreddore” non è infatti una singola malattia, ma una sindrome generata da una molteplicità di virus, tra cui i rinovirus di cui si conoscono numerose varietà. Negli anni ’80, il governo inglese istituì una “task force” (Common Cold Unit) proprio per studiare la trasmissione e la pericolosità dei virus influenzali (non dobbiamo dimenticare che l’influenza infetta ogni anno nel mondo oltre 3-4 milioni persone con 400mila morti).

Questa unità fu poi, ahimè, chiusa nel 1989, ma fece in tempo a dimostrare cose molto interessanti sulla diffusione dei virus influenzali durante le “feste”, le modalità di trasmissione da persona a persona, la durata del virus sulle superfici, sulla carta moneta ecc. Probabilmente la sintomatologia non grave delle sindromi influenzali ha poi ridotto gli investimenti in queste ricerche. Oggi ci rendiamo conto di quanto sarebbe stato utile avere una unità di ricerca specifica su questo tema. Nel nostro Paese non mancano certo competenze scientifiche e professionali necessarie ad affrontare questa emergenza, ma riterrei altresì utile attivare parallelamente una “task force” scientifica con virologi, bioinformatici, farmacologi, veterinari, epidemiologi che in modo assolutamente riservato lavorino per studiare le caratteristiche biologiche del virus, ad esempio confrontando le sequenze geniche degli infettati, stabilire l’eventuale tasso di mutazione del virus e quindi stimolare e coordinare la sperimentazione “in vitro” e “in vivo” su modelli animali e trials clinici umani nei diversi laboratori di ricerca presenti in Italia. Una attività preziosa che potrebbe, per esempio, essere affidata al Comitato Nazionale Biotecnologie, Biosicurezza e Scienze della vita (Cnbbsv), attivo presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Perché se i virus sono contagiosi, possono esserlo sempre di più anche il sapere, la scienza e la conoscenza.

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