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“Con la politica industriale da stop&go non si va da nessuna parte, negli ultimi venti mesi è mancata una visione, una strategia come quella che era invece stata disegnata dal piano Industria 4.0 dell’ex ministro Carlo Calenda e, quindi, i dati di oggi dell’Istat sono un’amara conferma di quello che ci aspettavamo”. A parlare è Alfredo Mariotti, direttore generale dell’Ucimu, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot, automazione. In pratica il cuore pulsante del made in Italy perché senza macchinari non c’è industria o quasi. I dati diffusi oggi dall’Istat, che ha certificato la chiusura di un anno nefasto per l’industria (1-3%), sono certamente “un campanello d’allarme” spiega a Formiche.net e riflettono con quanto l’associazione aveva già denunciato sulla “raccolta ordini macchine utensili in discesa anche nell’ultimo trimestre del 2019, con un -16% rispetto allo stesso periodo del 2018, con un calo del -13,8% sul mercato estero e del -21,2% su quello interno.”

Cosa succede, l’Italia si è fermata?

Guardi ovviamente io parlo di ciò che conosco, ovvero il mio settore che poi è alla base dell’attività industriale. E le posso dire che se non c’è chiarezza sulla politica industriale, poi tutto si ferma. Facciamo un esempio. Il super ammortamento che serve al rinnovo dei beni strumentali che era stato introdotto dal governo Renzi improvvisamente non viene rinnovato. Poi però il governo, dopo un nostro pressing ma in generale degli imprenditori che puntano sull’innovazione tecnologica, ci ripensa e lo reintegra all’ultimo minuto. Insomma con questa politica di un passo indietro e poi uno avanti o viceversa non si va tanto lontano.

Anche gli investimenti si fermano…

Certo un imprenditore investe se ha un panorama chiaro, i piani devono avere una durata almeno triennale. Adesso quello che dobbiamo fare è scongiurare un nuovo blocco degli investimenti che, di fatto, riporterebbe il nostro manifatturiero indietro di anni, vanificando quanto di buono è stato fatto con il Piano Industria 4.0 con il rischio di interrompere il processo di trasformazione tecnologia in atto nella nostra industria.

E in più oggi c’è il problema del coronavirus, che impatto potrà avere su ordini e fatturato?

Non solo. C’è un blocco di altri Paesi molto importanti per le nostre esportazioni e per la produzione di macchinari, mi riferisco alla Russia, sotto embargo o all’Iran. La Cina rischia di essere l’ulteriore mazzata. Di fatto li si sono bloccate tutte le manifestazioni fieristiche. Fino a settembre questo che è uno dei Paesi che maggiormente ha chiesto negli anni macchinari made in italy è praticamente fuori dai giochi. Questo ovviamente influirà su ordini e fatturato.

Cosa si può fare per invertire la rotta?

Intanto mi viene da dire che bisogna fare in fretta, lo dimostrano anche i dati di oggi dell’Istat: i tempi dell’industria non sono certo quelli della politica.

E poi?

Che serve una visione lunga. Proponiamo un piano triennale per l’innovazione che sia capace di supportare gli investimenti in tecnologie di produzione, abbia il credito di imposta, secondo le differenti declinazioni (aliquote), come misura portante. Solo così, con un piano di medio-lungo periodo, le imprese possono veramente pianificare, con ponderazione, gli investimenti da fare e le azioni da intraprendere, dando continuità al processo di trasformazione e aggiornamento del manifatturiero italiano che è avviato, ma non certo concluso.

Già il parco macchine utensili è abbastanza usato…questa potrebbe essere una politica industriale da fare?

Sì certamente. L’ultima rilevazione svolta da Ucimu, nel 2014, sul parco macchine installato in Italia aveva evidenziato un pericolosissimo invecchiamento dei sistemi di produzione presenti nelle industrie manifatturiere. In 10 anni, dal 2005 al 2014, le fabbriche del Paese avevano innovato davvero poco e così l’età media dei macchinari era risultata la peggiore di sempre, pari a quasi 13 anni. Si potrebbe partire da questi dati per pianificare un piano di ammodernamento della nostra industria dei macchinari. Noi ci siamo, speriamo anche il governo.

La politica industriale non si fa con gli stop&go. Parla Mariotti (Ucimu)

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