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Le esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan sono prove generali per l’unificazione forzata, non più semplici manovre, secondo l’ammiraglio Samuel Paparo, comandante dello U.S. Indo-Pacific Command.

Parlando al Defense Forum di Honolulu, Paparo ha lanciato un severo monito sull’espansione militare e sulle intenzioni strategiche della Repubblica Popolare Cinese (Prc). “Ciò che la Cina fa intorno a Taiwan non sono esercitazioni. Sono vere e proprie prove per l’unificazione forzata di Taiwan con la Cina continentale”.

L’ufficiale americano ha detto senza mezzi termini quello che analisti e osservatori internazionali stanno documentando da tempo. Pechino ha alterato lo status quo attorno a Taipei, lo ha mosso a proprio favore e sta preparando il terreno per un eventuale attacco militare, mentre continua operazioni di sfiancamento politico e culturale – di cui fanno parte anche le attività armate, che mettono sotto stress costante i cittadini, e li portano a pensare che l’annessione sia ineluttabile anche per ragioni di forza.

Paparo racconta agli esperti presenti (fisicamente o online) che nel corso della sua carriera ha assistito a un’espansione esponenziale della potenza militare cinese. “Abbiamo visto un aumento di dieci volte delle forze armate della Prc”. Questa trasformazione non solo ha rafforzato la capacità della Cina di proiettare potenza nella regione, ma ha anche ridefinito il calcolo strategico per Taiwan e per gli alleati degli Stati Uniti nel Pacifico.

Per esempio, l’ammiraglio ha evidenziato anche una debolezza critica nella preparazione americana: la riduzione delle scorte di missili guidati di precisione. “Le nostre scorte di missili guidati di precisione sono ben al di sotto dei livelli richiesti”, ha ammesso, sollevando preoccupazioni sulla capacità di deterrenza o di risposta a un possibile conflitto nell’Indo-Pacifico.

Con le crescenti tensioni nello Stretto di Taiwan e oltre, il messaggio da Honolulu è stato chiaro: l’Indo-Pacifico è sull’orlo di una nuova era strategica, definita da una rapida espansione militare cinese e da una rete sempre più interconnessa di attori autoritari.

Infatti, a rafforzare ulteriormente l’importanza della questione geopolitica, Paparo ha sottolineato il ruolo diretto di Pechino nel sostenere la guerra della Russia in Ucraina. “La Russia non sarebbe in grado di continuare la sua guerra in Ucraina senza il supporto cinese, che è: 90% in semiconduttori, 70% in macchinari”, ha spiegato. Questo supporto materiale e tecnologico ha permesso a Mosca di resistere alle sanzioni occidentali e di prolungare la sua aggressione.

Le osservazioni di Paparo sono in linea con le crescenti preoccupazioni riguardo a un asse sempre più stretto tra Cina, Russia, Iran e Corea del Nord: il cosiddetto “CRINK”, acronimo che identifica la crescente cooperazione tra questi quattro regimi autoritari in ambito militare, economico e strategico. La convergenza di questi regimi autoritari sta ridefinendo lo scenario della sicurezza globale, creando quello che il comandante ha definito un “asse emergente dell’autocrazia”.

Mentre la Cina sta “provando piani concreti per il mondo reale”, sta infatti imponendo la sua pressione su Taiwan anche in varie altre forme, usando influenza politica e contatti internazionali. Un esempio tra i tanti è quanto sta avvenendo in Sudafrica – Paese che peraltro quest’anno ospita il G20. Alla fine di ottobre dello scorso anno, il governo sudafricano aveva annunciato pubblicamente la necessità di trasferire l’ufficio di rappresentanza di Taipei, l’ambasciata dell’isola in sostanza.

È una mossa che il ministero degli Affari Esteri taiwanesi attribuisce alle pressioni cinesi – anche in ottica G20. Per Pechino è prioritario tagliare ogni possibilità di connessione di Taipei, complicare le relazioni diplomatiche e politiche, destabilizzare quelle economico-commerciali. Così come dimostrare l’ineluttabilità dell’annessione attraverso la forza militare, queste attività servono a negare l’esistenza stessa di Taiwan.

In queste settimane, i legislatori statunitensi e britannici nei comitati di politica estera hanno esortato il Sudafrica a revocare l’ordine di trasferire l’ufficio di rappresentanza di Taiwan fuori da Pretoria, segnale di un crescente disagio occidentale sulla questione. Mossa condannata anche dai parlamentari francesi del gruppo di amicizia parlamentare Taiwan-Francia come un attacco alla democrazia. La deputata statunitense Young Kim, membro del sottocomitato della Camera per l’Asia, il Pacifico e la non proliferazione, non ha usato mezzi termini per inquadrare la situazione: “Il governo sudafricano deve smettere di cedere alle manipolazioni del Partito Comunista Cinese”, definendo quanto sta accadendo “l’intimidazione e la coercizione del PCC”.

Il senatore Ted Cruz, nel condannare la decisione, definendola un errore, ha detto che il governo sudafricano sembra fare di tutto per alienarsi gli Stati Uniti e i nostri alleati. L’amministrazione Trump ha già annunciato che il segretario di Stato, Marco Rubio, non avrebbe partecipato al vertice del G20 a Johannesburg proprio per delle complicate vicende che riguardano le operazioni di esproprio dei terreni da parte del governo sudafricano. Quanto accade con Taiwan si inserisce in questa scia, e per Washington potrebbe servire a ricordare la grand strategy cinese con Taipei.

Voci anche dall’Italia: il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio ha espresso preoccupazione per l’aumento della pressione militare e diplomatica della Cina su Taiwan, inclusa l’influenza su altri Paesi. Criticando la decisione del Sudafrica di trasferire, considerandola un precedente pericoloso. Centinaio ha sottolineato il ruolo cruciale di Taiwan nell’equilibrio economico e geopolitico globale e auspica che, in qualità di presidente del G20, il Sudafrica riconsideri la sua scelta, riaprendo un dialogo con Taipei.

(Foto: X, @INDOPACOM)

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L’ammiraglio Paparo lancia un allarme sulle reali intenzioni di Pechino e sul sostegno strategico a Mosca, mentre cresce la pressione cinese anche sul piano diplomatico, con il caso Sudafrica-Taiwan. Le esercitazioni cinesi intorno a Taiwan non sono più semplici manovre, ma prove generali per unificare l’isola con la forza

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