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Si è a lungo parlato dell’arrancante caccia del futuro a stelle e strisce, il Next Generation Air Dominance (Ngad), ma, per quanto il nostro immaginario sia focalizzato sui caccia pilotati da umani, la superiorità aerea del futuro andrà ben oltre: una parte essenziale verrà giocata da droni. Ne ha parlato uno studio del Center for Strategic & International Studies (Csis) sul programma degli Usa.

Il Collaborativ Combat Aircraft (Cca) mira a sviluppare i droni che andranno a costituire lo sciame che ruoterà intorno all’Ngad. Si parla, infatti, di “sistema di sistemi”, poiché le diverse piattaforme saranno integrate tra loro: il caccia, controllato da un umano, fornirà ai Cca direttive di massima, poi svolte senza bisogno di supervisione – in questo sta la natura semi-autonoma di questi droni. Esisteranno Cca diversi, che si potranno occupare di tutto – dalla guerra elettronica e la raccolta di informazioni fino al combattimento aereo – non una macchina singola. Unendo a ciò l’assenza di piloti umani, i velivoli diventano più economici e, quindi, spendibili; di conseguenza, i Cca avranno una vita prevista assai più breve dei caccia, cosa che contribuirà ulteriormente a renderli meno cari e più veloci da produrre (ergo, più scalabili, il che diminuisce ulteriormente il costo unitario). In questo sta l’elemento più essenziale dello sforzo Cca: creare massa a “basso costo”, con un occhio verso la Cina e l’altro verso una realtà nella quale guerre d’attrito sono tornate a essere considerabili.

Lo studio Csis

Il primo lato positivo identificato da Gregory Allen e Isaac Goldston è che l’Usaf sta finalmente dedicandosi seriamente a un sistema autonomo. Invertendo la tradizionale cultura ostica a tutto ciò che taglia fuori i piloti, questo programma è uno sforzo imponente e, soprattutto, di lungo periodo. L’Aviazione statunitense sta investendo decine di milioni ogni anno per risolvere tutte quelle questioni che spesso impediscono a un sistema di arrivare sul campo. In altre parole, il Cca si farà.

Dopo decenni nei quali il Pentagono ha lamentato scarsa competizione e innovazione dell’industria, la quale ribatteva criticando bandi pachidermici, il Cca cerca un approccio nuovo – il secondo lato positivo del programma nello studio Csis. Non solo le richieste Usaf non sono né stringenti né troppo numerose, ma i bandi sono strutturati in modo da mantenere la competizione viva ben oltre ciò che avviene di solito. Concretamente, sono stati designati i vincitori del design per il primo “incremento” (leggasi “fase”) di produzione (Anduril e General Atomics), che riceveranno fondi per proseguire i loro studi; la novità sta nel fatto che anche le altre compagnie “scartate” (Lockheed Martin, Northrop Grumman e Boeing) potranno vincere i bandi relativi alla produzione, mentre il secondo incremento resta ancor più aperto. Come auspicato dall’Usaf, Lockheed Martin, Northrop Grumman e Boeing hanno già annunciato che continueranno ad investire nelle relative tecnologie, ma con fondi propri.

Questa filosofia innovativa è la chiave di volta per leggere i restanti due punti positivi del paper. Il terzo punto è la strategia per assicurarsi l’integrazione di hardware e software: invece di affidarsi a un singolo attore industriale (magari eccellente per la fusoliera, ma sub-ottimale per il software), si è preferito integrare tramite la formazione di un’A-Gra (Autonomy-Government Reference Architecture), ossia un’architettura governativa di riferimento, capace di fungere da guida per lo sviluppo e di assicurarsi l’interoperabilità dei diversi modelli. Il quarto punto è il primo ingresso di un attore non tradizionale (Anduril) a fronte di una competizione estremamente esperta – ossigeno per gli investimenti privati nel campo della Difesa.

Allen e Goldston individuano pure problemi con il Cca. Da una parte, se l’ambizione è produrne mille, nel 2029 dovrebbero esserne arrivati solo 100 – pochi, considerando che il 2027 è un anno particolarmente papabile per l’invasione di Taiwan. In parallelo alla tempistica, un altro problema è il costo: rispetto ai tre milioni di dollari inizialmente preventivati, adesso si parla di 25, che potrebbero lievitare ulteriormente. La questione budget deve far riflettere anche perché, per risparmiare, si tende ad alleggerire o semplificare l’aereo, invece di chiedere all’industria di ridurre i costi aumentando l’efficienza.

Focus sui droni autonomi Usa. Cosa dice il report Csis

Lo studio del Csis individua quattro lati positivi nel Collaborative Combat Aircraft: impegno autentico dell’Usaf, un approccio atto a favorire l’innovazione, una struttura che consenta di scegliere i migliori per ogni modulo e l’ingresso di un attore non tradizionale. Tempi e budget restano migliorabili, ma c’è da essere soddisfatti

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