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Chi resta fuori dal decreto Cura Italia? Al momento autonomi, liberi professionisti, colf e badanti non rientrano nei parametri delle misure. Avvocati, commercialisti, giornalisti e architetti sono di fatto esclusi dal bonus di 600 euro solo perché iscritti ad una cassa. E c’è un caso tra chi ha aderito alla rottamazione delle cartelle con l’Agenzia delle entrate.

AD ESCLUDENDUM?

Mentre per statali e contrattualizzati il decreto Cura Italia (clicca qui per scaricarlo) prevede una serie di misure immediate per stemperare l’impatto dell’emergenza coronavirus, per gli autonomi la situazione è diversa e varia a seconda di alcuni parametri.

I liberi professionisti con partita Iva che siano pensionati o iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, come le singole casse, non potranno attingere al bonus una tantum di 600 euro per il mese di marzo, recita il decreto. Pertanto una serie di figure legate al mondo delle professioni sono tagliate fuori come i giornalisti iscritti all’Inpgi o gli ingegneri ed architetti iscritti all’Inarcassa. Per gli stessi, continua il decreto, una misura secondaria ma non ancora perimetrata: potranno accedere al cosiddetto “reddito di ultima istanza”. Ma nulla si sa sulle modalità, salvo che bisognerà attendere le regole che dovranno essere fissate dal ministero del Lavoro e da quello dell’Economia.

DATI

Utile riflettere su qualche dato. Inarcassa è la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti. Gli iscritti sono circa 170mila, di cui il 35% ha meno di 40 anni di età, mentre i pensionati sono oltre 34mila. Con una determina d’urgenza, il presidente di Inarcassa Giuseppe Santoro ha stanziato 100 milioni di euro da destinarsi all’assistenza dei liberi professionisti ingegneri ed architetti del Paese ed ha espresso “sconcerto per la discriminazione del governo contro i liberi professionisti che non fa onore al Paese”.

242mila (dati relativi al 2017) sono invece gli avvocati iscritti alla Cassa Forense, l’ente privato che si occupa della gestione del sistema previdenziale degli avvocati.

Secondo lIstat sono circa due milioni (di cui solo 850mila contrattualizzate) le colf, le collaboratrici domestiche, baby sitter e le badanti che non rientrano nelle misure e che quindi sono a concreto rischio di licenziamento. Non possono far riferimento alla cassa integrazione in deroga, né ai congedi parentali. Si tratta di lavoratori composti al 90% da donne di cui la maggioranza straniere. Circa 140mila sono le badanti conviventi che assistono anziani o persone sole e non autosufficienti.

PREOCCUPAZIONI

E si sono già fatti sentire per far valere le proprie ragioni. Assindatcolf, l’associazione nazionale sindacale dei datori di lavoro domestico, ha chiesto al governo di parificare l’assistenza agli anziani non autosufficienti ad un’attività para-sanitaria, quindi con la conseguente deducibilità del costo del lavoro domestico. Federcolf spiega di aver ricevuto molte richieste di aiuto sia da parte delle badanti che sono preoccupate per i contagi e per le tutele salariali sia dalle famiglie che non sanno come regolarsi dopo il decreto.

Il decreto inoltre sospende i pagamenti all’erario solo per la cosiddetta rottamazione dopo l’invio delle cartelle esattoriali. Restano fuori coloro che avevano scelto il concordato bonario con lAgenzia delle entrate e che quindi dovranno pagare regolarmente.

In ansia anche l’Associazione Tv locali di Confindustria Radio Tv, secondo cui “il governo nel decreto Cura Italia dimentica l’essenziale ruolo informativo dell’emittenza locale in questo tragico momento”.

twitter@FDepalo

 

Liberi professionisti, colf, badanti. Ecco chi resta fuori dal decreto Cura Italia

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