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Le spie cinesi indagate dalla magistratura tedesca proprio mentre la cancelliera Angela Merkel sta per decidere sul ruolo di Huawei nel 5G. I tentativi britannici di aprire al colosso cinese nonostante le pressioni statunitensi. Gli avvertimenti del Copasir al governo italiano. È questa una fase calda per l’Unione europea, che dopo la firma della fase una dell’accordo commerciale tra Washington e Pechino teme di diventare la vittima di entrambe le superpotenze. 

Di particolare interesse e urgenza è la questione del 5G come abbiamo visto: i tempi sono stretti – Germania e Regno Unito decideranno entro fine mese, mentre il governo italiano non ha ancora preso una posizione unanime sui risultati del Copasir – e la pressione degli Stati Uniti sta montando. Tanto che Washington è arrivata a minacciare i suoi partner, perfino i membri dell’alleanza Five Eyes (Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito): chi apre le proprie infrastrutture ai colossi cinesi rischia di vedersi limitata la condivisione di informazioni di intelligence da parte degli Stati Uniti.

Il governo britannico sembra non credere alla minaccia: molti ministri, infatti, hanno rivendicato l’autonomia del Paese rispetto agli Stati Uniti spingendo il premier Boris Johnson verso un’apertura a Huawei. La Brexit incombe e il solo commercio con gli Stati Uniti potrebbe non bastare al Regno Unito a compensare gli scambi con l’Unione europea: così Londra non è affatto convinta di sbattere la porta a Pechino, soprattutto dopo gli anni di David Cameron e Theresa May in cui il Regno Unito si è affermato come il principale interlocutore della Cina nel club di Bruxelles.

Al “bluff” non sembra credere neppure Phil Hogan, irlandese, commissario all’Agricoltura nella Commissione Juncker oggi commissario al Commercio con l’avvento di Ursula von der Leyen a capo dell’esecutivo comunitario. In due appuntamenti londinesi ravvicinati raccontati dal Guardian, Hogan ha invitato il Regno Unito a smascherare il bluff del presidente statunitense Donald Trump sul 5G e in particolare sulle minacce di fare un passo indietro nei confronti degli alleati in materia di intelligence e sicurezza. Ha inoltre sottolineato, in un frontale con l’amministrazione statunitense, che l’Unione europea non è, in linea di principio, contraria a concedere al gruppo cinese l’accesso ai piani 5G: non possiamo dire a Huawei “non puoi venire nell’Ue”, non è quello che vogliamo, ha spiegato il commissario invitando però gli Stati Uniti a cooperazione nella regolamentazione della tecnologia ma ribadendo la decisione sulla digital tax su società come Amazon e Google.

Ci sono, tuttavia, due punti da evidenziare. Primo: l’Unione europea sembra voler utilizzare la Brexit per sondare il terreno statunitense rischiando però di perdere di vista la necessità di trovare un’unica voce tra i 27 (a meno di non voler fare regali alla Cina come nel caso della Via della seta). Secondo: il mondo brexiteer vicino al premier Johnson ha sempre accusato l’Unione europea di non aver concesso nulla nei negoziati sulla Brexit; ora, che manca davvero poco all’uscita del Regno Unito dal club di Bruxelles, un eventuale favore simile sul 5G potrebbe avere costi nei negoziati per le future relazioni tra le due sponde della Manica.

Trump sul 5G bluffa? Così l'Ue vuole usare il caso britannico

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