Skip to main content

Non ci sarà in Iraq, per il momento, un nuovo impegno militare da parte degli Stati Uniti, anche se l’assedio delle milizie filo-iraniane all’ambasciata americana a Baghdad certifica un’escalation che potrebbe presto sfociare in uno scontro diretto, spiega a Formiche.net Costantino Pischedda, professore di Relazioni Internazionali all’Università di Miami.

Un attacco frontale all’ambasciata americana a Baghdad. Siamo a un punto di non ritorno?

Mi sembra piuttosto una risposta calcolata e anche misurata. L’ennesimo episodio dell’ “occhio per occhio” che tiene banco in Iraq. La milizia di Kata’ib Hezbollah ha bombardato una base irachena vicino a Kirkuk, in risposta gli Stati Uniti hanno colpito delle basi di questa milizia fra Iraq e Siria causando due dozzine di morti e questo ha portato all’assedio dell’ambasciata.

Gli Stati Uniti non hanno dubbi: dietro le milizie c’è il governo iraniano. È stato un avvertimento o una dichiarazione di guerra?

L’Iran ha risposto a sua volta mostrando che questi raid non saranno accettati. C’è stata la decisione esplicita di non andare oltre, tanto che i miliziani non sono entrati nel compound dove c’era il personale americano, l’intrusione si è fermata al primo livello. Un affronto più grave, come nel 2012 l’uccisione dell’ambasciatore americano in Libia Chris Stevens a Bengasi, avrebbe immediatamente innescato un’escalation.

Quindi l’aggressione è solo un episodio o apre una nuova fase?

Dimostra che l’Iran non si sente al momento senza via di uscita di fronte alla strategia di massima pressione che l’amministrazione Trump sta imponendo strangolando l’economia iraniana. Teheran pensa di poter infliggere costi agli Stati Uniti in maniera diretta o indiretta finché Trump non riveda la decisione di abbandonare l’accordo per il nucleare del 2015.

La Casa Bianca è disposta a cedere?

Non è chiaro cosa abbia in mente Trump. A Washington DC si mormora di una possibile revisione della strategia di massima pressione. I fatti dimostrano che non sta funzionando, da quando l’accordo sul nucleare è stato scartato l’Iran è diventato molto più aggressivo.

Continui.

Si era parlato di una conversazione telefonica fra Trump e Rohani durante la riunione dell’Assemblea generale dell’Onu a settembre ma all’ultimo è sfumata. Ora i falchi dell’amministrazione Trump sperano che le proteste di piazza in Iran diano avvio allo sgretolamento interno del governo.

Torniamo all’Iraq. Quanto è estesa l’influenza iraniana nel Paese?

È sempre stata notevole dal 2003, quando la maggioranza sciita esclusa al potere da Saddam Hussein è tornata nella stanza dei bottoni. L’influenza è aumentata notevolmente con la campagna contro l’Isis, dove le milizie pro-iraniane, per buona parte composte da iracheni, hanno fatto il grosso del combattimento sul campo, non di rado supportate dall’aviazione americana.

Oggi hanno in mano le redini del governo?

Sicuramente hanno accresciuto la loro influenza politica. Non tutte le forze sciite però sono pro-iraniane. Alcune, come quella guidata da Muktada al-Sadr, sono nazionaliste: hanno osteggiato la presenza americana nei primi anni duemila e al contempo si sono scagliate contro le ingerenze iraniane negli affari interni dell’Iraq.

E non sono le uniche…

Esatto, le proteste di piazza che hanno scosso il Paese in autunno sono contro l’Iran. Ben due consolati iraniani in Iraq sono stati attaccati. Ci sono forti pressioni nazionaliste che si oppongono a questa dominanza iraniana.

Il governo iraniano è convinto che dietro le proteste ci siano gli Stati Uniti.

C’è invece una differenza di fondo fra la manifestazione di fronte all’ambasciata americana e le proteste di questo autunno. La prima è stata orchestrata dalle milizie pro-iraniane, le altre hanno visto scendere in piazza un ventaglio di persone di ogni estrazione sociale. Il risentimento contro l’influenza iraniana, che è molto più radicata di quella americana, è diffuso e non riguarda solo la politica. Certo, i raid americani rischiano di avviare un’escalation, spostando il focus dalla protesta nazionalista contro l’Iran agli Stati Uniti.

Intanto la Casa Bianca ha annunciato l’invio di 750 uomini in Iraq.

Il trasferimento di truppe non è particolarmente significativo, sembra una scelta prudente per ridurre potenziali danni nel caso in cui si verifichino episodi simili.

La Russia interverrà o resterà a guardare?

Putin beneficia del danno di immagine sofferto dagli Stati Uniti con questi raid. Questi scontri fra Iran e Stati Uniti sono utili a Mosca. E d’altra parte la condanna dei bombardamenti americani da parte del ministero degli Esteri russo rappresenta un segnale di supporto non indifferente per un Paese come l’Iran che è diplomaticamente isolato e sotto pressione.

Così l'Iran (non gli Usa) manipola l'Iraq. Parla il prof. Pischedda

Non ci sarà in Iraq, per il momento, un nuovo impegno militare da parte degli Stati Uniti, anche se l’assedio delle milizie filo-iraniane all’ambasciata americana a Baghdad certifica un’escalation che potrebbe presto sfociare in uno scontro diretto, spiega a Formiche.net Costantino Pischedda, professore di Relazioni Internazionali all’Università di Miami. Un attacco frontale all’ambasciata americana a Baghdad. Siamo a un punto…

Conte, il Pd e il M5S di domani. A lezione dal prof. Ignazi

La chiave di volta per decrittare il futuro prossimo di questo governo non è tanto negli equilibri del Pd, ma nei movimenti ideali e programmatici che interesseranno il M5S. Ne è convinto Piero Ignazi, uno dei più noti politologi italiani, che in questa conversazione con Formiche.net riflette su leader e partiti. Giuseppe Conte è il leader che manca al Pd?…

NOTTE DI SAN SILVESTRO: PIAZZA DEL CAMPO INCANTATA DA RUFFINI

Il capodanno in piazza mi è sempre piaciuto perché ha quel sapore di libertà e di scoperta tipico della giovane età. Quest’anno sono stata in piazza del Campo a Siena, per me una delle piazze più belle del mondo, con la sua inconfondibile forma a conchiglia, i palazzi maestosi, la Torre del Mangia, la fonte Gaia, per vedere lo spettacolo…

Salvini e il sentiero stretto verso Palazzo Chigi. La versione di Ocone

Il 2020 sarà per Matteo Salvini un anno cruciale. Non si finirà mai di riconoscere all’uomo la capacità di aver saputo intercettare sentimenti diffusi e del tutto ignorati o sottovalutati dalla classe politica. Tanto che gli italiani lo hanno abbondantemente premiato, facendo sì che la Lega raddoppiasse i consensi in un anno di governo e diventasse di gran lunga il…

Meloni pigliatutto. Il Times la incorona e in Europa va più forte di Salvini

C’è la giovane principessa di Spagna, la quattordicenne Leonor, e il temibile generale Qasem Solemaini, guida dell’iraniana Quds Force che si è conquistato il soprannome di “Machiavelli del Medio Oriente”. Ci sono tecnici, aspiranti premier, rivoluzionari e star della musica mondiale. Poi c’è lei, Giorgia Meloni, leader e fondatrice di Fratelli d’Italia, la destra italiana che fino a pochi mesi…

Di Battista torna in campo, ma per difendere Paragone

“Gianluigi è infinitamente più grillino di molti che si professano tale. Non c’è mai stata una volta che non fossi d’accordo con lui. Vi esorto a leggere ciò che dice e a trovare differenze con quel che dicevo io nell’ultima campagna elettorale che ho fatto. Quella da non candidato, quella del 33%. Buon anno a tutti amici miei”. Non sono…

Parte Eastmed. Cosa c'è dietro la più grande partita geopolitica del Mediterraneo

Oggi ad Atene i leader di Israele, Grecia e Cipro firmano l'accordo intergovernativo sul gasdotto che influenzerà la geopolitica del gas nel Mediterraneo orientale. La consapevolezza di cui ormai tutte le parti in causa hanno preso coscienza, è che l'Eastmed di fatto trasformerà rapporti, influenze e direttrici di marcia di due quadranti strategici come quello euromediterraneo e quello mediorientale. Un…

Erdogan ottiene il via libera. Pronto il contingente per la Libia

Con 325 voti favorevoli e 184 contrari, il parlamento turco ha approvato l’invio di militari in Libia per assistere il Governo di accordo nazionale nel respingere l’offensiva con cui il signore della guerra del Cirenaica, Khalifa Haftar, vuole conquistare Tripoli. Oggi il presidente Recep Tayyp Erdogan ha avuto una nuova telefonata con l’omologo americano Donald Trump, e tra i punti in agenda sembra ci…

I russi si ritirano da Tripoli. Tattica o strategia?

Agenzia Nova rilancia per prima un notizia che potrebbe essere preziosa per la situazione in Libia: il portavoce del centro media delle forze che sostengono il Governo di accordo nazionale (Gna) ha rivelato che i contractor russi si sono "ritirati dalle prime linee del fronte a Tripoli e non li vediamo da due giorni". I russi sono il contingente – teoricamente discreto e clandestino – con cui…

Ecco cosa aspetta Putin per tendere la mano (ancora) all’amico Maduro

Vladimir Putin è un grande alleato di Nicolás Maduro, ma non per questo meno cauto. Il presidente russo attende eventuali cambiamenti nell’Assemblea Nazionale del Venezuela per confermare l’arrivo di un gruppo di consiglieri economici in soccorso del regime venezuelano. Un reportage dell’agenzia Bloomberg sostiene che Putin spera di intensificare gli sforzi della Russia per aiutare Maduro a risollevare l’economia venezuelana.…

×

Iscriviti alla newsletter