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Vi sembrerà strano, ma è una geografia altoatesina quella che abbraccia e cuce insieme queste tre storie diverse: di Sinner, Schwarzer e Frattini. Tutto ricomincia da Jannik – da un clostebol distrattamente massaggiato dal suo team – e la recente richiesta di appello fatta dalla Wada (World Anti-Doping Agency) al Tas (Tribunal Arbitral du Sport). Che ritiene si debba riscontrare un grado di negligenza – per un cucchiaio d’acqua in una piscina olimpionica! – nell’azzurro e nella sua contaminazione involontaria: da qui scatterebbe, in base ad un articolo del Tennis Anti Doping Programme, una squalifica da un massimo di due anni a un minimo della metà.

Ma intanto la Wada, secondo “Die Akte China”, realizzato dall’emittente tedesca ARD (in collaborazione con The New York Times), è il Dark Side of Sport”, per come è distratta nel caso di positività alla Trimetazidina riscontrata su 23 nuotatori cinesi appena sette mesi prima dei Giochi di Tokyo. Un sospetto alimentato da un contributo extra di 2 milioni di $ (tra il 2018 e il 2019 versato proprio dalla Cina alla Wada. E che spiega perché un’icona del tennis, Martina Navratilova, lo richiami per definire ora questo ricorso sul caso Sinner “una follia”.

Una follia non nuova per lo sport altoatesino. Vaccinato dall’Odissea di Alex Schwarzer, campione olimpico della 50 km a Pechino 2008 riconosciuto il 6 agosto 2012 positivo all’eritropoietina ricombinante, in un controllo antidoping a sorpresa per cui verrà giustamente squalificato fino al 30 gennaio 2016. Schwarzer, interprete poi di un percorso di “redenzione” sotto la guida del maestro dello sport Sandro Donati e di uno staff notoriamente attivo nella lotta contro il doping, vuole partecipare da protagonista pulito ai giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016. Ma è del 21 giugno 2016 la notizia di una nuova positività di un campione di urine prelevatogli il 1º gennaio 2016. Un controllo deciso a tavolino, con largo anticipo, in un giorno festivo a laboratorio chiuso con la fialetta che può essere portata ovunque ed è nelle mani di chiunque. L’8 agosto 2016, in sede olimpica a Rio de Janeiro, viene discusso il ricorso, sotto l’arbitrato del Tas che, due giorni dopo, lo respinge e squalifica Schwarzer per 8 anni. Sarà infine il tribunale di Bolzano a proscioglierlo affermando che i campioni di urina prelevati quell’1 gennaio 2016 “siano stati alterati allo scopo di risultare positivi” e che la Wada abbia posto in essere “frodi processuali”.

E ora Frattini. Bolzanino di adozione (eletto nel 2006 alla Camera) è stato componente del Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas) a Losanna. Frattini presiede il collegio che deve giudicare Sun Yang, tre volte campione olimpico cinese, squalificato per fatti del settembre 2018 allorché la madre del nuotatore ordina alle guardie del corpo di distruggere a martellate le provette del sangue del controllo antidoping eseguito.

La linea difensiva cinese punta a mettere in dubbio l’imparzialità dei giudici del Tas. Il team di avvocati del nuotatore ricusa il britannico Michael Beloff, giudice veterano, che accetta di farsi da parte “solo per assistere a un’udienza rapida, e non perché la richiesta avesse alcun merito”. Non basta. Gli avvocati di Sun Yang ricusano pure il procuratore capo della Agenzia mondiale antidoping, l’americano Richard Young, per conflitto di interessi (aveva seguito i casi di Lance Armstrong e Marion Jones) ma lui rimane al suo posto. Tocca infine a Franco Frattini, presidente del Tas, convinto amante e difensore degli animali. Proprio quest’ultimo aspetto e in particolare le espressioni usate da Frattini nel criticare le crudeltà a cui i cani vengono sottoposti in Cina offrono il destro per richiederne la ricusazione. Lo fa con Tweet definiti “slur” (luoghi comuni denigratori di un’intera popolazione o etnia) verso il popolo cinese. Frattini – che pure da ministro degli Esteri ha promosso una co-produzione Rai e la cinese CCTV dedicata alla relazione e all’amicizia di Matteo Ricci con la Cina – denuncia una pratica di macellazione di cani. “Maledetti musi gialli!” o qualcosa di simile (un mix del Clint Eastwood di “Gran Torino” e del fumetto che disegna gli avieri Usa in picchiata nella battaglia delle Midway): è un tweet che attacca il festival della carne di cane a Yulin, un festival dell’orrore. E che lui lancia sembrerebbe dopo la sua nomina a presidente del collegio arbitrale. Da qui la conclusione che la sentenza sia da invalidare nonostante le motivazioni dell’accusa abbiano convinto tutti e tre i giudici: il Tribunale federale svizzero accoglie il ricorso dell’atleta contro il Tribunale di Arbitrato Sportivo (Tas) che con una sentenza del febbraio 2020 aveva squalificato Sun Yang a 8 anni per doping. Nel giugno 2021, il Tas, senza più Frattini, riesamina il caso e dimezza la sospensione: 4 anni e 3 mesi, con effetto dal 28 febbraio 2020.

Macchina indifferente alla pressione sugli atleti dei lunghi tempi di attesa del suo lento giudicare, la giustizia sportiva internazionale è capace di chiudere gli occhi quando incontri gli interessi di Paesi influenti. O di non guardare in faccia nessuno quando tratti di atleti poco noti o (come per Sinner) casi in cui poter dar prova mediaticamente di incorruttibile intransigenza: perché di questo ha bisogno la sua bilancia squilibrata. Tutto per Jannick sembra giocarsi attorno all’idea di negligenza e ad una “pericolosa” estensiva interpretazione di questa parola che – se passasse – assimilerebbe il team Sinner ad una associazione a delinquere. Cancellando la responsabilità individuale e l’errore professionale che gli ex-collaboratori di Sinner hanno da subito riconosciuto. Nonostante ciò lui scrive quasi ogni giorno la pagina di un personalissimo Libro Cuore. Come quando si accerta, dopo una tremenda pallata, che la giovane ball-girl colpita, stia proprio bene. Le sfiora gentile la spalla per sincerarsene perché come recita un anonimo tweet lui è “forever a gentleman”.

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