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Chi troppo vuole nulla stringe. Matteo Salvini esce trionfante dal voto in Umbria. Ha ricompattato il centrodestra e si è lasciato alle spalle un’estate da cardiopalma. Se dovesse mettere in fila una vittoria dopo l’altra alle prossime elezioni regionali potrebbe davvero tornare a bussare al portone di palazzo Chigi. A patto che, spiega a Formiche.net Alessandro Campi, politologo, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia, si liberi dallo spettro del 51% che a lungo ha perseguitato Silvio Berlusconi. E abbandoni una volta per tutte la retorica sovranista, in Europa “è stata un fallimento”.

Professore, in Umbria ha vinto Salvini o il centrodestra?

A dire il vero ha vinto Giorgia Meloni. Il suo è il partito che è cresciuto più di tutti gli altri.

E il boom di Salvini?

Salvini ha raccolto i frutti di una campagna elettorale ficcante, con una presenza massiccia sui territori. L’affermazione della Lega è fuori discussione, ma non deve sacrificare ingiustamente i meriti della candidata.

Quali?

Donatella Tesei è una leghista sui generis, per formazione viene da Forza Italia e non risponde allo stereotipo un po’ demonizzante dell’estremista. È un avvocato con esperienza amministrativa, ha rifiutato i toni propagandistici e intercettato così il mondo imprenditoriale.

Come ha fatto la Lega ad aprire una breccia nella rossa Umbria?

Salvini ha fatto tesoro della pessima esperienza di quest’estate. Si è reso conto che un partito che si colloca stabilmente intorno al 30-35% non può limitarsi a cavalcare ansie e paure con un linguaggio aggressivo. Non è un caso che in Umbria abbia parlato poco di immigrazione e molto di economia, infrastrutture, trasporti.

Lezione da ricordare per la ricca Emilia-Romagna?

Non necessariamente. Una regione ricca al suo interno può avere disuguaglianze sociali molto forti. Sicuramente assistiamo a un nuovo trend comunicativo. La Lega è il primo partito d’Italia e il secondo d’Europa dopo la Cdu. Questo paradossalmente le impone uno stile governista più ancora di quando era al governo.

Salvini intanto “governa” il centrodestra?

È il leader, ma ha capito che da solo non può farcela. Per mesi il segretario della Lega ha perseguito la strategia dell’autosufficienza. Era convinto che si sarebbe mangiato tutto il centrodestra, ma ha dovuto fare i conti con un limite fisiologico.

Ovvero?

Il 51%. Berlusconi ha passato una vita a lamentarsi degli elettori perché non davano il 51% a Forza Italia e lo costringevano a governare con Casini o Fini, in un infinito reticolo di alleanze e accordi territoriali. Oggi anche Salvini si è reso conto da solo non può superare quel limite.

Piazza San Giovanni docet..

Esatto. La manifestazione unitaria ne è stata la dimostrazione. Berlusconi ha fatto ciò che era inevitabile, riconoscere la leadership del leghista. E il voto umbro ha consegnato la vittoria a tre forze politiche ancora competitive fra di loro, ma al contempo sufficientemente integrate.

Insomma, Salvini ha le carte per chiedere di governare?

Non ancora. Prima deve pensare al tallone d’Achille della Lega: la politica internazionale. Finora è stata un vero fallimento. Il sovranismo, se si riduce all’isolamento, è destinato a non avere successo. Salvini si è scelto gli alleati sbagliati, Putin su tutti. Se sei nel campo occidentale non puoi permetterti certi azzardi.

È ancora in tempo per virare?

Nessuno si aspetta che Salvini divenga un fanatico europeista. Basterebbe un bagno di realismo. Berlusconi può svolgere un ruolo importante. Ha costruito negli anni una rete di rapporti internazionali molto solidi e può tornare utile al leghista.

Si immagina una lega popolare?

Giancarlo Giorgetti lo ha ricordato di recente. La Lega può avvicinarsi al Partito popolare europeo, modello Orbán. Ovvero può essere un partito nazional-sovranista all’interno di una famiglia europea. Non è fantascienza. Dopotutto le elezioni europee lo hanno certificato: la partita sovranista in Europa è fallita.

Il voto di fiducia alla Commissione von der Leyen fotograferà ancora un centrodestra diviso.

Nell’immediato Salvini terrà il punto, non può fare altrimenti. La forma però è sostanza. Un voto contrario si può motivare in molti modi. Ho l’impressione che qualcosa stia cambiando. Il centrodestra salviniano è una creatura molto lontana da quella berlusconiana. Ora il leader ha l’occasione di trasformarlo stabilmente in un movimento di massa.

Come?

Creando un blocco nazionale-conservatore al cui interno convivano anime diverse. Un’evoluzione in chiave estremista non farebbe il suo gioco. E isolerebbe come appestati i suoi rappresentanti in Europa.

Salvini, Berlusconi e lo spettro del 51%. Parla il prof. Campi

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