Skip to main content

La recente dialettica scaturita dalle notizie secondo cui il governo italiano starebbe negoziando con SpaceX la fornitura di servizi di connettività via satellite, ha preso dimensioni mediatiche tali da farci scoprire che in Italia esiste una quantità di esperti spaziali che neanche la Nasa possiede. Qui invece, vorremmo discutere partendo da fatti incontrovertibili.

Oggi, nel mondo, gli operatori commerciali di telecomunicazioni spaziali che dispongono di una costellazione in orbita bassa con un congruo numero di satelliti già operativi, sono tre: SpaceX con Starlink, Eutelsat con Oneweb e Iridium. Quest’ultimo, però, fornisce connessioni a basso flusso di dati, poco più di settecento kilobit per secondo. Quindi, la banda larga è garantita solo dai primi due. 

Invece, gli operatori commerciali che offrono la connessione con satelliti geostazionari sono oltre una ventina, ma meno di dieci con copertura globale su tutto il pianeta. Un ristretto numero di Paesi, poi, tra cui l’Italia, dispone di satelliti geostazionari per comunicazioni militari. 

Circa i pro e i contro dei due sistemi si può semplificare dicendo che la vicinanza al pianeta riduce fortemente la latenza delle comunicazioni che è di circa trenta millisecondi per i satelliti in orbita bassa (Leo), rispetto ai seicento di quelli in orbita geostazionaria (Geo). E questo consente fluidità per la navigazione online, lo streaming e le videochiamate anche in condizioni disagiate come catastrofi naturali o scenari bellici. Però, per avere continuità di trasmissione, occorre un alto numero di satelliti nelle orbite basse. Qui risiede il fondamentale vantaggio di Starlink: ha già in orbita 6.800 satelliti, ne lancia a dozzine ogni mese e ne pianifica dodicimila entro un paio d’anni. Il concorrente Oneweb ha 650 satelliti in orbita, che costituiscono la sua costellazione di prima generazione.

Dallo scorso anno, SpaceX ha iniziato già a lanciare gli Starlink di seconda generazione, più grandi e più performanti degli attuali, e ha chiesto alla Federal communications commission, l’agenzia indipendente del governo degli Stati Uniti che regola tutte le comunicazioni Usa, siano esse via radio, televisione, filo, satellite o cavo, di poterne mettere in orbita trentamila. 

La costellazione Kuipers di Amazon, che punta ad avere 3500 satelliti in Leo entro pochi anni, ha già lanciato i primissimi prototipi sperimentali e, se il lanciatore New Glenn di Blue Origin avrà successo, probabilmente potrà nel medio termine far concorrenza a Starlink.

La costellazione europea Iris² (acronimo per Infrastructure for resilience, interconnectivity and security by satellite) prevede di lanciare i primi satelliti entro il 2030 e di completare la rete di circa trecento apparecchi dopo cinque anni, cioè dieci anni da oggi. Questi sono i fatti.

Poiché le performance più efficienti si ottengono dalle orbite basse, come mai nessuno ci ha mai pensato prima? In effetti negli anni Novanta aziende come Motorola e Space System Loral lanciarono delle costellazioni Leo per la telefonia mobile con costi faraonici, ma fallirono commercialmente perché il Sistema globale per comunicazioni mobili (Gsm) terrestre tri-band si diffuse più rapidamente e offrì prezzi più competitivi.

E così tutta l’industria mondiale e tutti gli operatori commerciali tradizionali continuarono a fare utili con i satelliti geostazionari senza pensare all’innovazione. D’altronde con tre satelliti a 36mila chilometri d’altezza si può coprire tutto il pianeta. Quindi, ne bastano una decina per avere una copertura ridondante e fare buoni affari.

Poi però è arrivato Elon Musk, il quale ha idealmente ripreso la geniale tecnologia di Motorola, ha miscelato il tutto con la miniaturizzazione elettronica e l’enorme capacità di calcolo dei moderni microchip e con una visione strategica fuori dal comune ha realizzato razzi riusabili e satelliti prodotti in massa come elettrodomestici.

Ora, veniamo a noi. Se l’Italia dispiega donne, uomini e mezzi in diversi teatri operativi internazionali (l’Istituto affari internazionali conta quaranta missioni estere nel solo 2024) le soluzioni per le comunicazioni strategiche sono due: o si dispone di una propria flotta di molti satelliti oppure ci si rivolge a terzi. E questi ultimi possono essere un altro governo oppure un operatore commerciale. Da qui non si sfugge.

A questo punto la scelta diventa politica, che però ovviamente è influenzata dall’offerta sul mercato e dalle esigenze interne, certo non dall’ideologia. E qui vorrei andare a un aspetto totalmente ignorato dal dibattito contingente.

Negli anni Novanta del secolo scorso, l’Italia possedeva un’industria che metteva in orbita due satelliti tecnologicamente avanzati, Italsat 1 e 2, che avevano una centrale di commutazione telefonica a bordo in grado di far parlare utenti su tutto il territorio nazionale trasmettendo ad alta frequenza, cioè con ampiezza di banda. Inoltre, il governo deteneva le quote dei grandi consorzi internazionali, Intelsat, Inmarsat e Eutelsat, che si formarono negli anni Settanta. Nella società francese Eutelsat, quella che oggi opera Oneweb, la quota italiana arrivò a superare il 20%.

In un mondo competitivo e sempre più affamato di telecomunicazioni il poter disporre di una presenza industriale qualificata e allo stesso tempo di un ruolo significativo nei consorzi satellitari avrebbe consentito al nostro Paese di sviluppare un settore economico ad alta innovazione e possibilità di crescita. E di avere forse oggi uno Starlink nazionale.

In pochissimo tempo nei primi anni Duemila, accadde qualcosa di completamente diverso. Venne decisa la privatizzazione di Telecom e furono vendute a Lehman Brothers tutte le partecipazioni azionarie nei consorzi satellitari internazionali. Poi, l’azienda manifatturiera fu fatta confluire in una joint venture con la francese Alcatel che ne deteneva la maggioranza. Da quel giorno il governo italiano è sempre stato acquirente da terzi di capacità satellitare, mentre i consorzi satellitari macinavano per anni margini operativi a due cifre.

Chi oggi grida al rischio di affidare a uno straniero le comunicazioni strategiche del Paese, dovrebbe invece chiedersi perché si è arrivati a questo punto e come si potrebbe provare a recuperare qualcosa di quella sovranità nazionale che avevamo nel settore spaziale e che è stata cancellata in pochissimo tempo.

 

L’Italia e Starlink, sgomberiamo il campo da fake news. L'analisi di Spagnulo

Nell’Italia del 2025 si scopre la strategicità delle telecomunicazioni satellitari, e molti sono in subbuglio perché l’americana SpaceX potrebbe fornire al nostro Paese connettività. Si discute sulle questioni tecniche e politiche del tema, spesso a sproposito, ma vale la pena provare a fare un po’ di chiarezza. L’analisi di Marcello Spagnulo

Come coniugare innovazione, integrazione europea e cooperazione transatlantica. Scrive Volpi

Di Raffaele Volpi

Le tensioni geopolitiche globali hanno riportato l’industria della difesa al centro dell’agenda occidentale. Tra l’obsolescenza dei sistemi e la necessità di un coordinamento transatlantico, l’Europa affronta sfide decisive. In un contesto industriale frammentato, con risorse limitate e priorità crescenti, la capacità di coniugare innovazione, visione strategica e cooperazione internazionale sarà determinante per il suo futuro ruolo geopolitico

Perché il secondo mandato di Trump è una sfida per l'Ue. L'analisi di Zecchini

Non tutto quanto è stato annunciato dal nuovo presidente genera rischi e sfide per i governi europei. La nuova collaborazione che si instaurerà tra le due sponde dell’Atlantico può produrre benefici per entrambi. Ne è esempio l’atteggiamento verso la Cina. Un fronte comune America-Europa potrebbe giovare a raggiungere accordi soddisfacenti fra le tre aree. In ogni caso, il secondo mandato di Trump segna un punto di svolta nelle relazioni tra le due aree e globalmente nell’ordine internazionale dei rapporti tra grandi potenze. L’analisi di Salvatore Zecchini

Venezia italiana o austroungarica? Il commento di Sisci

Una crescita dell’asse viennese potrebbe indebolire l’unità politica nazionale. Roma dovrebbe leggere e guidare le cronache spinta dalla stella polare del rapporto Draghi. Il commento di Francesco Sisci

Così l'Europa può fronteggiare il rischio di una policrisi. L'analisi di Paganetto

La via maestra per l’Ue è quella di assicurare nel privato e nel pubblico gli investimenti necessari per stare al passo, attraverso l’innovazione, del cambiamento in atto. È così che, in un mondo sempre più interdipendente, potremo fronteggiare la sfida rappresentata dal rischio di una poli-crisi. L’analisi di Luigi Paganetto

Israele-Hamas, la tregua c’è (per ora). Ecco i prossimi passi

Primo scambio: tre ostaggi e 90 detenuti. Il cessate il fuoco prevede una serie di scambi settimanali di ostaggi e detenuti, oltre al ritiro parziale delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza. La seconda fase dell’accordo includerà ulteriori rilasci, con un possibile piano di ricostruzione e una forza di pace internazionale nella terza fase

Un'economia a misura d'uomo. Ecco il rapporto Symbola

Siamo una “superpotenza” nell’economia circolare con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: oltre il 91%, un valore molto superiore alla media europea del 58%. Primo, tra i Paesi del G7, nella produzione di acciaio green e la prima acciaieria al mondo certificata a zero emissioni nette di CO2. L’economia prenderà slancio nel 2025, ma molto dipenderà dall’attuazione del Pnrr. Illomei legge il rapporto elaborato dalla fondazione Symbola

TikTok spenta poi riaccesa. La mossa di Trump che proroga il divieto

Dopo l’annuncio del provvedimento al “day one”, l’app è tornata disponibile negli Stati Uniti dopo meno di 24 ore. La società ringrazia il presidente eletto: “È una presa di posizione forte a favore del Primo Emendamento e un chiaro rifiuto di ogni forma di censura arbitraria”

Regionali, è possibile arginare il divieto del terzo mandato. Il prof. Petrillo spiega come

Il divieto del terzo mandato scatta solo qualora lo Statuto regionale preveda l’elezione diretta del presidente della Giunta. Per aggirare il vincolo le Regioni interessate (Veneto e Campania) potrebbero modificare la propria forma di governo e modellarla su quella nazionale, prevedendo un’elezione indiretta del presidente. Per farlo servono due modifiche: una allo Statuto regionale ed una alla legge elettorale. L’opinione di Pier Luigi Petrillo, ordinario di diritto pubblico all’Università Unitelma Sapienza e professore di Teoria e tecniche del lobbying alla Luiss

Vi racconto la lunga storia del protezionismo americano. Scrive Polillo

Il protezionismo americano e il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti sono dovuti alla perdita di competitività e all’indebitamento estero. Gli Stati Uniti beneficiano del dollaro come valuta di riserva, permettendo loro politiche monetarie flessibili. Nel tempo, i principali partner commerciali sono cambiati, con la Cina che ha sostituito il Giappone. L’analisi di Gianfranco Polillo

×

Iscriviti alla newsletter