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Il primo, duro, colpo era arrivato la scorsa primavera, con un sequestro da oltre 400 milioni. Allora, un tribunale russo si era schierato con l’istituto di credito controllato dal Cremlino Vtb Bank nel suo tentativo di recuperare 439,5 milioni di dollari da Jp Morgan Chase. Fondi che la banca americana aveva congelato nei conti statunitensi dopo l’invasione dell’Ucraina. Per l’economia dell’ex Urss le cose si stavano già mettendo piuttosto male: l’inflazione era già alle stelle, pompata dalla sola produzione bellica, senza alcun beneficio per famiglie e consumatori. Senza considerare le prime crepe nell’asse monetario rublo-yuan.

Ora però, le condizioni non certo favorevoli dell’economia russa, la quale continua a restare in piedi grazie alla sola industria bellica, debbono aver aumentato il livello di frustrazione e scontro con la finanza occidentale. E poi, le guerre si nutrono di denaro e, pertanto, coinvolgono direttamente le banche. Il Tribunale arbitrale della regione di Mosca ha infatti congelato 372 milioni di dollari di fondi delle banche JP Morgan Chase (detenuti nella controllata russa Morgan Chase Bank) e di Bank of New York Mellon (nella locale Citibank).

La decisione è stata presa “a difesa degli interessi della Federazione Russa”, come conseguenza del ritiro da parte della Banca centrale Ucraina della licenza di Mr Bank, controllata da Sberbank, principale banca commerciale russa. Dunque, l’azione contro i due istituti statunitensi è intesa come risarcimento poiché la mossa dell’istituto centrale ucraino contro Mr Bank ha congelato (e reso al momento irrecuperabili) 121 milioni di dollari depositati in Jp Morgan Chase e 251 milioni in Bank of New York Mellon: per un totale, appunto, di 372 milioni di dollari.

Tutto questo mentre l’Ucraina attende ancora i famosi 50 miliardi di prestiti da parte del G7, garantiti da bond a loro volta assicurati dagli asset russi congelati e dai profitti da essi generati. Non è ancora chiaro quando tale schema diverrà operativo (fonti Reuters parlano di fine ottobre). Di sicuro, chi se la passa male sono le famiglie russe. Secondo il Bureau finanziario della Federazione, infatti, nei mesi scorsi i russi hanno speso il 33,9% del limite disponibile sulla carta di credito. In altre parole, il grosso delle famiglie hanno speso più di quanto potessero, valicando il limite dello scoperto (quando una banca consente di effettuare spese anche una volta raggiunto il limite massimo).

Tutto questo significa essenzialmente due cose. Primo, i russi si stanno indebitando con gli istituti, dal momento che i soldi extra concessi dalle banche generano interessi, che poi vanno pagati. Secondo, come hanno spiegato dallo stesso Bureau, le maggiori spese con relativi sforamenti sono imputabili all’aumento dei prezzi, ovvero dell’inflazione, a sua volta riconducibile all’incremento spropositato delle spese militari. Tutto questo ha spinto quasi quattro famiglie su dieci a spendere più di quanto potesse realmente.

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