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ISIS

“Il Congresso parlerà con una voce molto ferma e singolare”, ha osservato Graham in conferenza stampa presentando le nuove sanzioni al governo turco. Ha detto che “l’indignazione turca” porterebbe al riemergere dello Stato islamico, alla distruzione di un alleato – i curdi – e alla fine a beneficio dell’Iran ma a spese di Israele.

Timori condivisi anche da Mosca: la Russia teme che l’incursione possa favorire la rinascita dell’Isis, visto che come confermato da Washingotn sono almeno 800 i terroristi fuggiti, come detto esplicitamente dal ministro della Difesa russo Sergei Shoigu. Infatti la migrazione dei jihadisti, dagli attuali 8 campi e 12 prigioni lasciate incustodite, potrebbe essere favorita anche dalla Fratellanza Musulmana, che come noto vanta appoggi su Ankara. Secondo funzionari Usa si tratta di almeno 800 adepti dello stato islamico.

RISCHI

C’è il rischio di una migrazione inversa di terroristi nei loro paesi di origine? La domanda sorge spontanea dopo le parole di Shoigu, pronunciate oggi in occasione del Forum di Xiangshan sulla sicurezza. Secondo il ministro, “è evidente la necessità di consolidare gli sforzi dell’intera comunità internazionale per contrastare le sfide poste dai terroristi, dalla loro ideologia e propaganda”. “Il ministero della Difesa russo ha accumulato enormi competenze in questo ambito, che siamo disposti a condividere con i nostri partner in Asia Pacifico”. Perché citare quell’area? Perché secondo Shoigu l’Isis ha implementato la sua presenza nell’Asia sud-orientale a seguito della sua sconfitta in Siria, e al contempo i leader dell’IS annunciano che territori di Indonesia, Malesia, Singapore, Filippine e una parte della Thailandia sono stati inclusi in il suo “califfato”.

ECONOMIA

Ma è nell’economia di Ankara che si annidano altre ansie. Lo scenario economico turco non è nelle condizioni di sopportare l’attacco, come emerge da alcuni elementi. Il fondo iShares MSCI in Turchia ha perso il 10% da quando la tempesta siriana ha iniziato a scatenarsi mentre i rendimenti sui titoli di Stato della Lira a 10 anni sono saliti di due punti percentuali, al 15,5%.

Ma gli investitori non si affrettano a mostrare fiducia verso i titoli turchi in calo. Erdogan è tornato ad alcuni dei suoi vecchi trucchi economici, per dimostrare di essere in salute. Va ricordato che lo scorso luglio Erdogan ha licenziato il suo governatore della banca centrale e il successore sembra più flessibile nel tagliare rapidamente i tassi. Passaggio che porta in grembo il rischio di un altro scoppio dell’inflazione, con la lira ancora una volta in bilico dopo i record negativi fatti registrare nel 2018.

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