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Ripartiamo da Foggia. Anzi no, dall’Abruzzo. Sicuramente non da Cagliari, ecco. Insomma, da dove ripartiamo?

Messa da parte ogni disputa ideologica su socialdemocrazia o catto-comunismo, socialismo liberale o cattolicesimo democratico, il Pd non sa più da dove ricominciare. Capita, per carità. Soprattutto dopo una sconfitta elettorale. E ancora peggio se in contemporanea cambia anche la segreteria.

Eppure, davvero: pur con le migliori intenzioni, si fa fatica a capire cosa stia succedendo nelle segrete stanze del Nazareno. Se da un lato la prospettiva di altri quattro anni all’opposizione dà tutto l’agio per riorganizzare idee e truppe, dall’altro quel che sembra mancare al Partito democratico è una direzione chiara (absit). Un partito, il Pd, che – come scrive Salvatore Merlo sul Foglio – sabato 11 novembre si prepara a scendere in piazza contro la manovra ma anche per la pace in Medio Oriente e – giacché ci siamo – pure in difesa della Costituzione. Punto, due punti, punto e virgola: facciamo vedere che abbondiamo!

A dispetto della “grande confusione” che regna “sotto il cielo” della sinistra, nessuno può mettere in dubbio gli sforzi che Elly Schlein sta compiendo nel disperato tentativo di trovare il bandolo nella ingarbugliata matassa dell’opposizione. “Stiamo facendo un grande sforzo per ampliare la coalizione in vista delle amministrative”, spiega la segretaria dem a Radio24. La parola d’ordine è “dialogare con tutti”: Cinque Stelle, Azione, Alleanza Verdi-Sinistra, +Europa e persino Italia Viva.

La quadra va trovata in tempi rapidi, però, perché il ritorno alle urne è molto più vicino di quanto possa apparire calendario alla mano. Specie se l’intenzione del governo di indire le regionali per il 24 marzo dovesse alla fine concretizzarsi. Quattro sarebbero in quella circostanza le regioni al voto, tutte amministrate dal centrodestra: Abruzzo (Marsilio, FdI), Basilicata (Bardi, FI), Sardegna (Solinas, Lega-Psd’Az) e Piemonte (Cirio, FI). In autunno toccherebbe poi all’Umbria guidata dalla leghista Donatella Tesei: ma lì ci sarà tempo per litigare.

È ora dunque di chiamare di nuovo a raccolta il “popolo dei gazebo”. Anzi, no. Perché, come spiega ancora Schlein, sulle primarie “non c’è una regola generale”. Difatti, tanto per cominciare, in Sardegna non si faranno: lì si è deciso di puntare sulla pentastellata Alessandra Todde e avanti così. Tutti d’accordo? Niente affatto: Renato Soru, tornato in pista dopo lunghi anni trascorsi a difendersi nelle aule di tribunale, ha già annunciato di esser pronto a correre da solo.

Ecco che allora rispunta il copione di “Come perdere una poltrona contendibile”. Un copione à la Boris con ambientazione Villa Devoto, sede cagliaritana della presidenza della Regione dalla quale Solinas si appresta a congedarsi senza un sostituto designato. Certo, fosse per i sardisti un sostituto non servirebbe nemmeno perché l’obiettivo conclamato è quello di ricandidare il governatore uscente. Peccato che il resto del centrodestra non la pensi allo stesso modo, tanto che già circola il nome di Luca Saba, direttore regionale di quella Coldiretti divenuta ormai “amica” di Fratelli d’Italia. E di fronte a questo possibile pasticcio in salsa campidanese il Pd romano cosa fa? Si divide, ovviamente.

Non meglio va in Piemonte, dove il prossimo 17 dicembre iscritti e simpatizzanti Pd avrebbero dovuto scegliere tra Chiara Gribaudo – numero due nonché ex coinquilina di Schlein – e Daniele Valle – vicepresidente del consiglio regionale di stretta osservanza bonacciniana – finché la direzione dem non ha fatto saltare il banco congelando la consultazione fino a nuovo ordine. E se in Abruzzo si è già chiuso l’accordo di coalizione per candidare il civico Luciano D’Amico, ex rettore dell’Università di Teramo, in alto mare appare invece la situazione in terra lucana.

E poi ci sono le Europee, dove il Partito democratico – giura la segretaria sempre ai microfoni di Radio24 – non farà “una campagna di competizione con le altre forze di opposizione” per accaparrarsi “lo zero virgola nei sondaggi della prossima settimana”. E comunque, sia chiaro: al voto si potrà anche andare insieme, ma no ad alleanze strutturali. Sul territorio, magari, ma di certo non a livello nazionale perché “ho sempre creduto poco alle formule astratte”. Riusciranno i nostri eroi a ritrovare la concordia misteriosamente scomparsa in Sud America? Vedremo, ma questo è ancora un altro copione.

Lost in primarie. Pd, da dove ripartire?

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