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Il rischio è l’irrilevanza se non addirittura la possibilità che alcune posizioni prese dall’Italia in questa fase storica siano percepite dal mondo occidentale, quadro culturale e di valori in cui Roma si inserisce, come una palese ostilità.
Ieri il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha chiamato il suo omologo Emmanuel Macron per parlare di Iran, per esempio. Una contingenza che in questo momento è in testa alla lista degli interessi americani, perché le questioni che ruotano attorno all’accordo sul nucleare sono sfociate in un confronto delicatissimo nel Golfo Persico, che coinvolge petroliere e mezzi militari. Hormuz, lo stretto che divide la penisola arabica dall’Iran è un luogo sensibile dove un incidente potrebbe trasformarsi in una guerra. Una situazione che sembra l’Europa del 1914, su cui l’Eliseo s’è intestato il processo di contatto con Teheran, sia nel quadro dell’accordo Jcpoa, sia rispondendo positivamente alla richiesta di costruire una missione per garantire la sicurezza delle petroliere dalle sbandate dei Pasdaran. Abbinando il proprio impegno a quello inglese.
L’Italia sul tema è data in fase di riflessione, quando avrebbe le capacità tecniche e gli interessi strategici per addirittura guidare questo genere di operazione, garantire le regolarità della navigazione su Hormuz, come già sta facendo contro la pirateria nel quadro della missione “Atalanta” (di cui ieri la fregata “Antonio Marceglia” ha assunto il ruolo di flagship della missione).
Se l’Italia non si mostra pronta e aperta al coinvolgimento in certe attività, rischia di rimanere indietro rispetto al posizionamento storico, per questo Formiche.net promuove un appello affinché il governo compia una scelta di campo occidentale, che dovrebbe partire dall’assumere un ruolo nella difesa di Hormuz, senza ovviamente dimenticare l’importanza dei vari passaggi diplomatici concentrati sulla necessità di una de-escalation (come ricordato giorni fa dall’ambasciatore italiano in Iran, Giuseppe Perrone).
Roma deve dimostrare nei fatti quello che il premier Giuseppe Conte ha recentemente ribadito durante l’intervento alla XIII Conferenza degli Ambasciatori, ossia che “la scelta atlantica non è discussione”. Una scelta che però poggia sulla tutela dei valori e dei diritti civili e umani, e che vede invece il nostro Paese tacere su situazioni delicatissime come la crisi di Hong Kong, le repressioni cinesi nello Xinjiang, o ancora le continue minacce di Pechino a Taiwan fino all’arresto di componenti dell’opposizione politica in Russia. Circostanze su cui gli altri Paesi del blocco occidentale-atlantista hanno preso posizioni dure, severe, richiamando appunto a quei valori che l’Occidente deve ancora portare avanti, e su cui tacere diventa un’esposizione a campi opposti a quello in cui siamo collocati.

Caro governo, su Iran (e non solo) l’Italia deve fare una scelta di campo. Ad ovest

Il rischio è l’irrilevanza se non addirittura la possibilità che alcune posizioni prese dall’Italia in questa fase storica siano percepite dal mondo occidentale, quadro culturale e di valori in cui Roma si inserisce, come una palese ostilità. Ieri il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha chiamato il suo omologo Emmanuel Macron per parlare di Iran, per esempio. Una contingenza…

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