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Alla base dello scontro tra l’amministrazione americana e Huawei c’è la convinzione di Washington che il colosso tecnologico sia “uno strumento del governo cinese”. A dirlo, con ancora più chiarezza, è stato oggi il segretario di Stato americano, Mike Pompeo.

LE PAROLE DI POMPEO

Durante un’intervista rilasciata a Fox Business, il capo della diplomazia Usa ha spiegato che Pechino e la sua compagnia tech più importante “sono profondamente collegate”, in un modo molto differente da quanto accade in un Paese democratico come gli Stati Uniti. “Le nostre aziende”, ha rilevato il numero uno di Foggy Bottom, “cooperano con il governo degli Stati Uniti. Ma nessun presidente – ha aggiunto – dà ordini a una società privata. In Cina, le cose sono molto diverse. Operano sotto leggi diverse”, ha aggiunto, con riferimento alla legge nazionale sull’intelligence che obbliga le imprese cinesi a collaborare con la madrepatria.

L’OFFENSIVA DI TRUMP

Washington ha deciso di inserire Huawei in una ‘lista nera’ di società, in nome della sicurezza nazionale (decisione ‘sospesa’ per 90 giorni), impedendole di fatto l’acquisto di tecnologia statunitense, come il sistema operativo Android di Google, del quale sono dotati i suoi smartphone e tablet. Il presidente statunitense Donald Trump ha inoltre imposto il divieto, alle aziende statunitensi, di acquisto di prodotti da società che rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale, come Huawei. Per questo, tra le proteste del governo di Pechino che minaccia ritorsioni, il colosso cinese ha presentato ricorso in un tribunale statunitense, sostenendo l’incostituzionalità del divieto.

I TIMORI USA

I timori dell’amministrazione americana si concentrano da tempo, in particolare, sul tema delle nuove reti 5G made in Cina che, secondo gli Usa, potrebbero esporre a rischi di spionaggio e conseguentemente mettere a serio rischio il dialogo con gli Stati Uniti. Allarmi in questo senso sono stati lanciati ripetutamente da Robert Strayer il più alto funzionario cyber del Dipartimento di Stato americano, dallo stesso Pompeo, da militari statunitensi come Curtis Scaparrotti e anche dall’ambasciatore Usa in Italia Lewis Eisenberg, che hanno evidenziato come utilizzare la tecnologia di Huawei potrebbe influenzare la capacità Usa di condividere informazioni di intelligence con i suoi alleati.

SVILUPPI E DUBBI

All’inizio di maggio, una conferenza internazionale in scena a Praga provò a compiere quello che Strayer definì “un passo avanti nel coordinamento occidentale per la sicurezza del 5G”. Nell’occasione si riunirono 32 governi e più di 140 esperti, per confrontarsi non solo sui rischi connessi a questa tecnologia, ma anche su politiche normative per implementarla. Per questo, al termine del convegno, venne pubblicata anche una serie di linee guida consigliate da Washington. Misure che, disse il funzionario Usa, “se applicate a dovere, dovranno comportare inevitabilmente l’esclusione delle aziende soggette al controllo dello Stato cinese”, ritenute insicure per diverse ragioni, non ultima la già citata legge sull’intelligence, nonché le possibili già esistenti collaborazioni tra il governo e la telco, ma anche la poco chiara struttura societaria di quest’ultima, che rende complesso identificarne il vero proprietario.

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