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Non capisco perché inventate queste cose, di un’operazione segreta”. A dirlo ieri sera, in access prime time, a “Otto e mezzo” su La7, è Lexus, al secolo Alexey Stolyarov, uno dei due comici russi artefici del cosiddetto scherzo telefonico a Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. “Noi abbiamo fatto solo domande, ma se vogliamo discutere del come abbiamo organizzato, è semplice dire che è un’operazione del Cremlino anziché dire che solo due persone semplici sono riuscite a bucare la sicurezza”, ha proseguito. Poi l’attacco al livello di sicurezza del governo italiano, che “è medio se lo paragoniamo con altri”, e la pubblicità ai regimi: “Certo, in Russia, Usa e Cina la sicurezza funziona meglio”. Ma “non credo che” i servizi segreti italiani “abbiano fatto un errore, siamo stati fortunati e ci ha aiutato tantissimo la nostra professionalità”.

In studio c’era Lucio Caracciolo, direttore di Limes, che ha spiazzato il comico russo chiedendogli se possa fare un simile “scherzo” al leader russo Vladimir Putin. Evidentemente no, ma neppure c’è la volontà visto che nel 2016, intervistati dal Guardian, i due dicevano: “Non faremmo mai uno scherzo a Putin. Non vogliamo fare del male al nostro Paese. Non vogliamo disordini qui; non vogliamo fare nulla che possa aiutare i nemici della Russia”. E in un’altra intervista dello stesso periodo, a Meduza, dimostravano una certa consapevolezza di avere un ruolo in certe dinamiche russe, in coerenza con l’agenda di Mosca.

In trasmissione c’erano anche i giornalisti Mariolina Sattanino, Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano (Meloni ne è uscita bene? “Mi viene da ridere”) e Mario Sechi, già capo ufficio stampa di Palazzo Chigi con Meloni e oggi direttore di Libero. Deriso, quest’ultimo (anche nelle ore successive da Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, su Telegram), quando parlava di guerra ibrida, con il gesto con le mani del “bla bla bla” dal comico. Che poi ha voluto sottolineare che lui e il socio sono “persone semplici”.

L’ospitata è stata l’occasione di dipingersi come innocenti professionisti dello spettacolo e non, come li ha definiti la società informatica Proofprint, un threat actor, cioè un attore malevolo, allineato alla Russia. “Non siamo in contatto con i servizi né russi né stranieri. E men che meno, siamo agenti segreti”, aveva spiegato i due intervistati dal quotidiano La Repubblica.

“Ma come vivono? Come tengono in piedi una struttura ad alta tecnologia e alti costi?”, si chiedeva ieri, intervistato da Formiche.net, Paolo Alli che nel 2017 era presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato quando finì nel mirino di Vovan e Lexus. “Credo che, anche con i più sofisticati strumenti di analisi e ricerca sul web, non avrebbero potuto conoscere certe informazioni dalle sole fonti aperte. Mi pare evidente che agiscano su mandato di qualcuno che si fa schermo col fatto che i due siano privati cittadini”, aveva aggiunto.

Finché si continuerà – per ignoranza o per mero calcolo politico – a parlare di scherzo telefonico e citare Totòtruffa per definire un’operazione di guerra ibrida, l’Italia sarà sempre esposta a questo tipo di attività. Anzi, predisposta, vista la grancassa assicurata.

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