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Il caso di Cecilia Sala è arrivato al Copasir oggi, all’indomani dell’incontro in Florida tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente eletto statunitense Donald Trump e nel giorno dell’annuncio delle dimissioni di Elisabetta Belloni da direttore generale del Dis. La giornalista è detenuta nel carcere di Evin, in Iran, dal 19 dicembre, con la vaga accusa di aver violato le leggi della Repubblica islamica. Teheran ha fatto capire a Roma, anche pubblicamente, che la liberazione della reporter di Chora Media e Il Foglio è possibile. Ma solo – questa almeno la versione pubblica – in cambio dello stesso trattamento per Mohammad Abedini, l’ingegnere svizzero-iraniano arrestato il 16 dicembre a Milano su mandato degli Stati Uniti, che ne aspettano l’estradizione per processarlo per sostegno al terrorismo dei Pasdaran, in relazione all’attacco di un drone in Giordania un anno fa che ha ucciso tre soldati americani.

Le comunicazioni del governo al Copasir

Il sottosegretario Alfredo Mantovano ha reso le “comunicazioni del governo” al comitato di controllo sull’operato dell’intelligence. Sta proprio in questa formula – diversa dalla solita “audizione” del Copasir – il punto dell’incontro odierno: infatti, tramite l’Autorità delegata – che si occupa della materia su delega, appunto, del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni – l’esecutivo ha voluto aggiornare l’organo legislativo direttamente eletto dai cittadini, ovvero il parlamento, ma passando da una commissione i cui lavori sono coperti dal segreto di Stato. L’incontro è durato oltre due ore.

La posizione di Renzi

La scelta di riferire al parlamento tramite il Copasir ha trovato il favore del comitato. Ma non sono mancate le critiche. Matteo Renzi, ex presidente del Consiglio e leader di Italia Viva, ha definito la decisione come “il minimo sindacale” ma “del tutto insufficiente ad affrontare la complessità del problema”. “La parte di relazioni diplomatiche con Iran e Usa è seguita dalla Farnesina o dai servizi? Se al vertice organizzato tre giorni fa a Palazzo Chigi c’era il ministro della Giustizia e non la direttrice del Dis perché si sceglie di riferire al Copasir e non alle commissioni parlamentari competenti?”, ha richiesto in una lettera indirizzata al direttore del quotidiano La Verità, Maurizio Belpietro.

Gli ultimi sviluppi

Nelle ultime ore Esmail Baghaei, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, ha comunicato che Sala è oggetto di un’inchiesta e ha rimandato per “i dettagli del caso” alla magistratura. Ha anche tenuto a evidenziare che il suo arresto non ha legami con quelli di Abedini: “La giornalista italiana è stata detenuta per violazione delle leggi iraniane”, mentre, al contrario, “la misura presa dagli Stati Uniti contro Abedini è una sorta di presa di ostaggi”. Una posizione che potrebbe rappresentare una piccola apertura verso l’Italia, separando i due casi, seppur Teheran stia evidentemente tentando di dipingersi uno stato di diritto (a differenza proprio dell’Italia, secondo il regime).

La partita bilaterale, ma non solo

Per l’intelligence statunitense Abedini non è un pesce piccolo, anzi. Lo stesso pensa l’intelligence israeliana. Sarebbe a conoscenza di importanti informazioni sulle capacità balistiche iraniane. A testimoniare la sua connessione con i Pasdaran c’è un dato: la sua azienda (Sdra) tra 2019 e 2023 ha venduto tecnologia praticamente solo all’aviazione iraniana, in particolare il sistema di navigazione chiamato Sepehr, che sarebbe stato utilizzato nell’attacco dell’anno scorso contro l’avamposto americano in Giordania. Ma Abedini ha anche la cittadinanza svizzera, un elemento che potrebbe diventare cruciale anche il suo futuro dentro – o fuori – l’Iran. Per evitare lo scambio Sala-Abedini sembrano esserci soltanto due possibilità: offrire a chi vorrebbe interrogarlo e processarlo, ovvero gli Stati Uniti, una qualche rassicurazione; offrire all’Iran qualcosa di diverso da lui. In questo ultimo scenario soprattutto, potrebbe rivelarsi fondamentale il coinvolgimento di altri attori. Intanto, il caso Sala potrebbe essere anche al centro della riunione del Quint a Roma in occasione della visita di Antony Blinken, segretario di Stato americano, atteso in Italia al fianco del presidente uscente Joe Biden. Parteciperanno anche i ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito e Germania, ovvero il formato E3 di dialogo con l’Iran, e Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea.

I prossimi passaggi

Si attende la trasmissione degli atti con cui gli Stati Uniti hanno chiesto la cattura ai fini dell’estradizione di Abedini, ora in cella a Opera, che non si riconosce nelle imputazioni e si dichiara innocente. Il 15 gennaio prossimo è stata fissata l’udienza davanti a un collegio della Corte d’Appello di Milano per discutere la richiesta dei domiciliari avanzata nei giorni scorsi dall’avvocato dell’ingegnere, Alfredo De Francesco, alla quale la Procuratrice generale Francesca Nanni ha dato parere negativo (non è vincolante) ritenendo non vi siano le garanzie per contrastare il pericolo di fuga. Anche perché l’istanza propone come il luogo dei domiciliari, per altro senza braccialetto elettronico, un appartamento di proprietà del Consolato iraniano a tre chilometri dalla sede e, tra l’altro, l’autorizzazione a uscire per andare a fare la spesa non avendo lui alcun familiare che possa occuparsi del suo sostentamento.

Mantovano al Copasir tra caso Sala e uscita di Belloni dal Dis

La detenzione della giornalista a Teheran arriva in parlamento (tramite il comitato di vigilanza sui servizi segreti) nel giorno dell’annuncio delle dimissioni dell’ambasciatrice dalla guida dell’intelligence e all’indomani dell’incontro tra Meloni e Trump. Sullo sfondo, il nodo dell’estradizione negli Usa dell’ingegnere iraniano-svizzero Abedini, legato ai Pasdaran

Franco Marini

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