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Ishiba Shigeru non è un politico abile e carismatico come il compianto Abe Shinzo. Governa il Giappone con una coalizione fragile, che sta perdendo consenso, non è un abile conversatore né un grande negoziatore, e non ha nemmeno il pallino del golf — che invece durante il primo mandato di Donald Trump pare sia stato il collante per la relazione personale creata tra Abe e il presidente Usa. Ci erano voluti 14 incontri, cinque partite di golf e un putter d’oro regalato dal giapponese per forgiare un forte rapporto personale con l’americano.

Anche per questo Ishiba era preoccupato del meeting di venerdì alla Casa Bianca: consapevole di non essere abituato a faccia a faccia di questo genere, si è anche portato dietro alcuni degli interpreti che avevano accompagnato Abe in alcuni dei viaggi a Washington e Mar-a-Lago. Temeva che un inciampo nella conversazione potesse trasformarsi in uno scivolone nei rapporti.

Trump ha rassicurato l’alleato: “Gli Stati Uniti sono totalmente impegnati nella sicurezza del Giappone. Metteremo a disposizione la piena forza delle nostre capacità deterrenti per la difesa del nostro amico e alleato al cento per cento”.

Con Trump è sempre tutto molto personale, una dimensione che stringe ulteriormente le relazioni bilaterali. Per esempio, dopo l’incontro con il premier giapponese ha detto di aver personalmente risolto l’intricata questione di Nippon e U.S. Steel, che da tempo complica le relazioni. Già l’amministrazione Biden si era messa di traverso per l’acquisizione nipponica del gigante dell’acciaio americano, ora con Trump pare che l’offerta sarà ritirata — anche se la United Steelworkers Union, capofila delle opposizioni all’affare, dice al Financial Times di non aver ricevuto alcuna informazione.

Trump ha dichiarato che lui e il primo ministro hanno parlato “a lungo e intensamente di una relazione economica vitale tra i nostri due Paesi e della continuità di questa relazione”.

L’americano aveva iniziato la giornata del meeting con Ishiba dicendo che avrebbe preso in considerazione la possibilità di colpire le esportazioni giapponesi con le tariffe se il disavanzo commerciale degli Stati Uniti con il Paese asiatico — alleato determinante per l’Indo-Pacifico, che ospita sul proprio territorio la sede della Settima Flotta e 54mila militari americani dell’IndoPaCom — non fosse stato eliminato.

Trump le chiama tariffe “di reciprocità”, perché è ossessionato dal disavanzo commerciale, nonostante frenare i deficit commerciali sia di dubbia efficacia da una prospettiva economica (l’ultima volta che gli Stati Uniti hanno registrato un surplus tra esportazioni e importazioni è stato nel 1975, in mezzo a una profonda recessione che ha affondato le importazioni statunitensi a causa della mancanza di domanda dei consumatori).

Ma rispetto ai 55 miliardi di dollari del 2020, prima della fine del suo primo mandato, Trump trova che nel 2024, il deficit degli Stati Uniti in merci con il Giappone è arrivato a 68 miliardi. Per questo ha detto che Washington e Tokyo avrebbero lavorato insieme per ridurlo, aggiungendo che “anche loro vogliono l’equità”. Alla domanda sulla minaccia delle tariffe, durante la rapida conferenza stampa nello Studio Ovale, il presidente americano ha risposto: “Non abbiamo discusso troppo delle tariffe”.

Ishiba ha detto che “non era in grado di rispondere a una domanda teorica” quando gli è stato chiesto se Tokyo si sarebbe mossa di conseguenza. Poi ha aggiunto: “Vogliamo anche [noi] migliorare il deficit commerciale che gli Stati Uniti hanno nei confronti del Giappone, quindi se fossimo in grado di acquistare Gnl a un prezzo stabile e ragionevole, sarebbe una situazione meravigliosa”. Il Giappone è il secondo maggiore consumatore di Gnl al mondo dopo la Cina ed è già tra i principali acquirenti di gas americano — di cui Trump ambisce la duplicazione di produzione e vendita entro il 2028.

Mentre la questione dell’acquisto di maggiore gas Made in Usa sembra già più o meno risolta, e altrettanto la volontà di collaborare con l’America per rinforzare la propria difesa (era stata una grana già durante il primo mandato), restano aree di maggiore complessità. Un fattore sul tavolo — per ora non pubblicamente messo sotto stress ma da tempo nell’aria delle relazioni Tokyo-Washington — riguarda la richiesta americana di allontanare ulteriormente il Giappone dalla Cina.

Anche per questo sono serviti i Camp David Principles, con cui Tokyo e Seul hanno normalizzato i rapporti ospiti di Joe Biden, mentre Pechino ha già cercato un simile riavvicinamento a tre. Trump ha promesso di mantenere la sicurezza nell’Indo-Pacifico, aggiungendo che lui e Ishiba “hanno concordato di cooperare ancora più strettamente per contrastare l’aggressione economica cinese, che è piuttosto aggressiva”.

Di rilievo, quando l’americano ha sottolineato che “la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan” sono essenziali e che l’Articolo 5 del trattato di sicurezza nippo-americano si applica alle isole Senkaku, controllate dal Giappone ma rivendicate dalla Cina, nel Mar Cinese Orientale. Ishiba e Trump si sono inoltre impegnati a promuovere una cooperazione “multilivello” e coordinata tra like-minded, includendo i mini-laterali con Corea del Sud e Filippine, o il Quad con Australia e India, in cui Giappone e Stati Uniti hanno sempre svolto un ruolo di primo piano.

Su questo, almeno per ora, la linea trumpiana sembra concorde con quella della precedente (e successiva?) grand-strategy americana. In futuro Trump potrebbe spingere Ishiba a prendere una posizione più forte sulla sua proposta di una “Nato asiatica”, rapidamente accantonata dopo il lancio, perché percepita come problematica dalla stragrande maggioranza dei Paesi dell’Indo-Pacifico?

(Foto: X, @shigeruishiba)

Trump-Ishiba, gli Usa con il Giappone ma sul deficit…

”Gli Stati Uniti sono totalmente impegnati nella sicurezza del Giappone. Metteremo a disposizione la piena forza delle nostre capacità deterrenti per la difesa del nostro amico e alleato al cento per cento”, dice Trump al premier Ishiba, mentre spinge per riequilibrare il disavanzo commerciale

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