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Mentre il piano di pace di Trump sta muovendo i primi passi, Hamas sta già cercando di reagire alla sua sconfitta militare ed al suo inedito isolamento politico. Nonostante il piano preveda il totale disarmo delle brigate Al Qassam e la sua esclusione da ogni futuro governo della Striscia, Hamas sta cercando di garantirsi, in nuove forme, la sua sopravvivenza come organizzazione politica.

Il terreno prescelto è ancora una volta quello della comunicazione pubblica, dimensione in cui l’organizzazione terroristica ha dimostrato di avere notevoli capacità prima e soprattutto dopo il 7 ottobre. Dalle fonti pubbliche disponibili si intuisce che sono due le direzioni delle iniziative di propaganda avviate in questi giorni cruciali. La prima è rivolta a reclutare una nuova generazione di fondamentalisti palestinesi (soprattutto giovani) per riorganizzare la resistenza e ai quali promettere l’eterno paradiso dopo l’eventuale martirio. In questo ambito la comunicazione in arabo punta a diffondere il pensiero e l’azione dei più importanti combattenti che hanno sacrificato la loro vita. Il tentativo è di creare e diffondere un  nuovo pantheon di eroi dedicato ai leader che hanno combattuto e sono stati uccisi dopo il 7 ottobre 2023. Si tratta della creazione di un falso mito che nasconde le responsabilità di chi ha usato i civili palestinesi come scudi umani secondo quella che è una vera e propria ideologia della morte. Un esempio recentissimo di questo primo livello di comunicazione è rappresentato dall’esaltazione delle parole pronunciate dal portavoce delle Brigate Quassam Abu Obeida ucciso dalle Idf alla fine di agosto 2025.

Accanto alla campagna tesa a creare nuove forme di adesione e  consenso nella società palestinese Hamas sta cercando di far passare in modo sottile e sofisticato un nuovo messaggio all’opinione pubblica internazionale e a quella europea in particolare. Lo scopo è nobilitare le proprie attività terroristiche (7 ottobre compreso) per accreditare una idea positiva dell’organizzazione. Ciò avviene in parte sfruttando il network Pro-pal nonché una parte (influente, ma reputo minoritaria) della vasta rete della Fratellanza Mussulmana presente in Europa e negli Stati Uniti. Ma l’aspetto più insidioso è il nuovo messaggio veicolato da diversi canali televisivi e social media e, innanzitutto, da Al Jazeera. A questo proposito è emblematico il programma “Inside Story” andato in onda venerdì (What’s next for the Palestinian resistance movements? | Israel-Palestine conflict News | Al Jazeera).

Qual è il messaggio? In sostanza si vuol far passare l’idea che Hamas equivale ad altre organizzazioni di resistenza armata che una volta cessate le ostilità si sono trasformate in movimenti e partiti politici come, ad esempio, è accaduto con Nelson Mandela in Sud Africa. Per quanto ardita e completamente falsa, questa equivalenza potrebbe trovare consensi nella realtà in cui viviamo, così vulnerabile alla disinformazione. L’auspicio è che ci sia finalmente una effettiva capacità di contrastare questo tipo di narrazioni, che potrebbero creare nuovi ostacoli al processo di pace appena avviato.

Perché paragonare Hamas a Mandela è disinformazione pura. Il commento di Mayer

Per quanto ardita e completamente falsa, questa equivalenza potrebbe trovare consensi nella realtà in cui viviamo, così vulnerabile alla disinformazione. L’auspicio è che ci sia finalmente una effettiva capacità di contrastare questo tipo di narrazioni, che potrebbero creare nuovi ostacoli al processo di pace appena avviato. Il commento di Marco Mayer

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