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Tutto cambia perché nulla cambi. La lezione del Gattopardo di Giuseppe Tomasi da Lampedusa ben descrive la “rivoluzione” del governo gialloverde, travolgente nella retorica, più deludente all’atto pratico. Ne è convinto il Washington Post, che dedica al governo del (non) cambiamento un editoriale al vetriolo firmato da una penna di punta come Anne Applebaum.

Nel titolo c’è già il cuore del j’accuse: “Quando la retorica populista incontra la realtà italiana”. A più di un anno dal giuramento dell’esecutivo legastellato, il quotidiano storico di Washington si chiede che fine abbiano fatto le promesse altisonanti di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. La risposta è impietosa: “Nessuno dei due sa esattamente come i cambiamenti rivoluzionari che hanno promesso saranno realizzati”.

Dalla rivoluzione (mancata) alle elezioni europee, che hanno ridimensionato i sogni di gloria (almeno a Strasburgo) delle due forze di coalizione, al braccio di ferro con l’Ue sui migranti passando per la nuova era dell’onestà promessa da Virginia Raggi a Roma, non c’è traccia di un vero solco con chi ha preceduto i gialloverdi al potere.

A forza di criticare quei corrotti di Ue, burocrati, professori e imprenditori Lega e Cinque Stelle si sono ritrovati a supplicare il loro aiuto per risolvere i problemi di tutti i giorni, dalla raccolta della spazzatura alla gestione del bilancio. Perché? In parte è colpa dell’inesperienza, scrive Applebaum. “Facile condannare l’intera classe politica, quella imprenditoriale, medici, avvocati e professori. Ma come guidi un governo senza nessuna di queste persone?”.

È il paradosso cui si trovarono di fronte i bolscevichi russi un secolo fa, scrive la giornalista con un aneddoto di colore: “Prima massacrarono la vecchia guardia, poi cercarono disperatamente di cooptare i pochi sopravvissuti”.

A sentir parlare la nuova classe dirigente italiana il cruccio sembra lo stesso. Chi di loro punta il dito contro Ue, mercato comune, Bce, che soluzione propone? “Una vera Banca centrale europea, e una costituzione europea” risponde il senatore grillino Gianluigi Paragone all’editorialista del WashPost, che rimane un po’ perplessa. “In altre parole, un partito anti-partiti, anarchico e talvolta violentemente euroscettico vuole…più Europa, più coordinamento, istituzioni centrali più forti e un sistema fiscale unificato”.

Il requiem anticipato che i gialloverdi hanno suonato dal primo giorno per tecnici, burocrati e “professoroni” al lavoro nelle diverse strutture di governo è particolarmente eloquente. La Applebaum picchia duro sulla Roma della “vacillante sindaca” Raggi. Il Movimento Cinque Stelle, dice, ha deciso di mettere outsider alla testa “di enormi burocrazie”. Così facendo, “si è schiantato contro ostacoli inamovibili, come l’assessorato alla Sanità di Roma” si legge nell’articolo, che non a caso ha come immagine di copertina una via della capitale inondata di rifiuti.

Anche le battaglie europee di Matteo Salvini, ora parzialmente adombrate dalla sempreverde polemica sull’immigrazione clandestina, sono destinate a fare i conti con la realtà, sentenzia il quotidiano. “Molti dei problemi attuali in Italia, dalla disoccupazione giovanile al debito, possono essere risolti, ancora una volta, solo con l’aiuto di esperti, alleati, o talvolta le istituzioni europee contro cui Salvini ama scagliarsi”.

La monnezza di Roma e il fallimento del populismo italiano secondo la Applebaum

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