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Il Medio Oriente dilaniato dalla guerra è divenuto, suo malgrado, una vetrina per l’uso di nuove tecnologie militari da parte di tutti gli attori coinvolti. Difatti non solo le Israeli Defence Forces, storicamente caratterizzate dall’impiego di tecnologie all’avanguardia nel tentativo di sopperire alle proprie debolezze in altri aspetti fondamentali come quello numerico, e assieme a loro i servizi segreti di Tel Aviv, si sono resi protagonisti nel ricorso a moderni sistemi bellici. Anche attori con capacità organizzative e finanziarie nettamente minori hanno impiegato avanzatissimi sistemi d’arma. O almeno hanno affermato di farlo.

Il disclaimer qui è necessario. Quando Ansar Allah (nome ufficiale del gruppo conosciuto nella vulgata come Houthi) ha dichiarato di aver impiegato un vettore ipersonico per colpire il territorio israeliano, numerosi dubbi sono stati sollevati sulla veridicità della stessa dichiarazione. Pochissimi attori, come la Federazione Russa con i suoi Iskander e Zircon o la Repubblica Popolare Cinese con i suoi Df-17, possono infatti vantare una simile tecnologia. Ed è alquanto improbabile che uno di questi attori, nonostante un allineamento di interessi piuttosto evidente con Ansar Allah, abbia deciso di fornire all’organizzazione yemenita simili capacità, azione che verrebbe considerata estremamente pesante sull’escalatory ladder. Molto più verosimile l’opzione, sostenuta anche da alcuni analisti, per cui la tipologia del missile impiegato sarebbe quella supersonica. Questi ultimi, come nota per Al Jazeera l’analista del Navanti Group Mohammed Al-Basha, si basano su motori a razzo e sistemi di controllo convenzionali, mentre i missili ipersonici richiedono materiali avanzati in grado di sopportare sollecitazioni termiche, meccaniche e acustiche estreme ad alta velocità.

Ma se il fantomatico missile ipersonico degli Houthi ha tutti i presupposti di essere una fake news, altre vicende non lo sono affatto. A poche ore di distanza dall’attacco missilistico yemenita, una serie di piccole esplosioni a raffica ha colpito il territorio libanese, causando migliaia di feriti e a otto vittime. A detonare in massa sono stati i cercapersone degli esponenti della milizia libanese (sciita e filo-iraniana) Hezbollah: nonostante le misure preventive adottate dal gruppo, il Mossad è riuscito comunque a infiltrarsi nella rete dei pagers impiegata dai miliziani, e sfruttando le proprie capacità tecnologiche è riuscito a trasformare un sistema di comunicazione in un’importante vulnerabilità. Con quest’azione, Tel Aviv ha dimostrato ai suoi avversari non solo di essere in grado di infiltrarsi nelle loro reti comunicative, ma anche di poter lanciare alla loro leadership attacchi diretti e chirurgici. Così come chirurgico è stato il raid missilistico che lo scorso luglio ha colpito l’appartamento di Teheran in cui stava dormendo Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, o ancora quello, pressoché simultaneo, che ha eliminato il numero due di Hezbollah Fuad Shukr. Non che vi fosse dubbio alcuno sulle capacità di Israele di condurre operazioni all’interno del perimetro di quello che Andrew Krepinevich definisce come “precision-strike regime”.

Un uso, più o meno sofisticato, delle nuove tecnologie, rimane una costante di questo conflitto, e passa attraverso tutte le sue fasi. A partire dallo stesso 7 ottobre, quando Hamas ha impiegato in modo molto efficace sistemi unmanned relativamente semplici per sviluppare con successo il suo attacco a sorpresa. Sul fronte opposto, le Idf si sono a loro volta avvalse dei droni nelle operazioni di underground warfare condotte sin dalle prime settimane di guerra, spingendosi anche all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nei processi di identificazione ed acquisizione dei bersagli.

La proliferazione di tecnologie avanzate nel conflitto mediorientale è soltanto l’ennesima dimostrazione di come gli attori coinvolti nelle dinamiche belliche cerchino di sfruttare nuove tecnologie tanto per colmare le loro lacune quanto in funzione di force multiplier. Fornendo preziosi lezioni agli attenti osservatori della comunità strategica internazionale.

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