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Il caso di Acciaierie Valbruna è tanto interessante quanto delicato: vi si intrecciano l’imperativo della gara pubblica, il Golden power e il settore dell’acciaio. Lo stabilimento di Bolzano, che occupa circa 571 dipendenti, è insediato su terreni di proprietà della Provincia di Bolzano, in virtù di una concessione in scadenza. La Provincia ha disposto un bando per l’assegnazione di una nuova concessione di un diritto di superficie sull’area, con gara ad evidenza pubblica in coerenza con la normativa dell’Unione e la legge provinciale.

Il rischio da subito avvertito? Un esito della gara negativo per le acciaierie e la conseguente chiusura dello stabilimento, con ripercussioni sull’intera filiera della società, sino allo stabilimento integrato di Vicenza. Un rischio da scongiurare in termini sia di tutela occupazionale che di produzione di acciaio a livello nazionale. Da qui, la richiesta al Mimit di un’istruttoria Golden power, al fine di valutare la strategicità o meno dello stabilimento. L’altro giorno il Ministero guidato da Urso, che ha agito in coordinamento con il Ministero della Difesa, ne ha confermato la strategicità.

Nel caso di specie abbiamo, innanzitutto, la delicatezza del settore dell’acciaio in questa fase storica, che si muove tra crisi e rinnovata centralità: dal caso di Acciaierie Valbruna al nodo irrisolto dell’Ilva, dai muri statunitensi con dazi al 50% alla sovrapproduzione cinese, dai vincoli climatici europei alle esigenze della Difesa. Dopodiché, abbiamo una situazione particolare e abbastanza inedita in termini di Golden power. Non si tratta, qui, di una classica operazione di acquisizione di una società strategica da parte di un investitore straniero, ad esempio una società cinese che vuole acquisire Acciaierie Valbruna, bensì di una concessione che non viene rinnovata automaticamente, ma messa a gara, con la possibilità dunque di una diversa aggiudicazione.

La questione non è del tutto ignota al legislatore, che tramite normativa secondaria ha disposto alcune regole per un raccordo tra procedure di gara e Golden Power (dpcm 189/2022). Va da sé che nella prassi trattasi di una ipotesi rara, anche perché, a ben vedere, non va a intercettare atti o operazioni di imprese, ma concessioni di beni o servizi da parte delle stazioni appaltanti. Nel caso di specie, l’esito dell’istruttoria Golden power, che va a confermare la strategicità dello stabilimento, conduce ad una più o meno esplicita strettoia: o il bando di gara viene disegnato in modo tale da porre requisiti idonei a fare ottenere la riconferma ad Acciaierie Valbruna, oppure una aggiudicazione diversa, con conseguente chiusura dello stabilimento, incontrerà il probabile veto governativo. In sostanza, o un bando orientato alla riconferma o comunque un rinnovo della concessione. Ciò nel concreto finirebbe per svuotare di significato la gara stessa, quasi decretandone l’inutilità, atteso che l’esito dovrebbe a prescindere essere uno solo.

Circostanza non priva di problematiche, dal momento che la gara, oltre ad essere prevista nella legge provinciale bolzanese, rappresenta un imperativo di matrice europea. C’è chi ha parlato di Bolkestein, la direttiva che si occupa delle autorizzazioni a prestare servizi in presenza di risorse scarse. Ma anche laddove non fossimo in ambito Bolkestein, l’imperativo di gara si è cristallizzato ogni qualvolta vi sia un’occasione di vantaggio per un privato, come nel caso di specie, in cui si concede un diritto di superficie su un’area produttiva. Vi è dunque un generale imperativo di gara, con speculare divieto di rinnovo automatico, che va a scontrarsi con i potenziali paletti del Golden power. Ennesimo contrasto tra cornice dell’Unione e poteri speciali?

Forse non è, o non era, un destino inevitabile. Difatti, l’imperativo di gara si accompagna ad intrinseci accorgimenti per quanto concerne alcune specifiche categorie di concessioni (ad es. in caso di aree produttive di interesse nazionale) e la stessa Bolkestein permette di tenere conto, in sede di procedura, di alcuni fattori meritevoli di tutela, tra cui obiettivi di politica sociale e protezione dei lavoratori. In questo senso, il bando può, o poteva essere, disegnato in modo tale da valorizzare la continuità produttiva e la tutela dell’occupazione, nonché la destinazione industriale, sì da garantire l’aggiudicazione alle sole realtà in grado di proseguire con l’attività in questione.

Così da evitare che sia un provvedimento Golden Power a imporlo. Le preoccupazioni paiono essere sorte proprio per la timidezza del bando della Provincia di Bolzano in questo senso. Invero, in esso si trovano tra i requisiti l’importanza dei livelli occupazionali e il valore premiale dell’attività siderurgica. Circostanze che fanno dubitare della possibilità che un concorrente che si occupi di altro e chiuda lo stabilimento possa vincere, con il proprio progetto, contro Acciaierie Valbruna. Ciononostante, l’incertezza e un bando che comunque lascia aperta la possibilità di altre destinazioni sono bastati a scatenare la spirale di crisi, giunta sino alle scrivanie del Golden power. Preoccupazioni eccessive? Forse, ma ormai uscite dal vaso.

Il risultato? Ciò che poteva essere risolto in modo più lineare a livello di bando, conciliando meglio i principi di gara di matrice europea con i vincoli di destinazione strategica a livello industriale e occupazionale, è andato a intrecciarsi con i poteri imperativi, anche solo potenziali, del Golden power. In questo modo, la procedura sembra essersi incuneata, di fatto e neanche troppo implicitamente, in un sentiero a senso unico per volontà governativa: se lo stabilimento deve rimanere, o si riaggiudica l’area ad Acciaierie Valbruna, o tuttalpiù una realtà gemella del settore, oppure si rischia il veto governativo. Un inedito piuttosto delicato.

Valbruna, l’acciaio tra gara pubblica e Golden power. Scrive l'avv. Picotti

Di Luca Picotti

Ciò che poteva essere risolto in modo più lineare a livello di bando, conciliando meglio i principi di gara di matrice europea con i vincoli di destinazione strategica a livello industriale e occupazionale, è andato a intrecciarsi con i poteri imperativi, anche solo potenziali, del Golden power. In questo modo, la procedura sembra essersi incuneata, di fatto e neanche troppo implicitamente, in un sentiero a senso unico per volontà governativa. L’analisi dell’avvocato e saggista Luca Picotti, research fellow Osservatorio Golden Power

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