Skip to main content

Non si possono ancora valutare correttamente le conseguenze, sul piano internazionale come su quello interno, dell’attacco israeliano contro il Qatar, piccolo Stato arabo del Golfo sotto i cui auspici si sono tenuti i primi contatti tra israeliani e palestinesi per arrivare a un accordo complessivo sul conflitto israelo-palestinese (o almeno queste erano le intenzioni dei principali attori).

Che Israele non nutrisse alcun reale interesse a definire un accordo con i palestinesi, soprattutto se rappresentati da Hamas – che ai suoi occhi rappresenta una minaccia esistenziale – è apparso subito chiaro. L’attacco contro il Qatar è quindi soltanto l’ultimo atto, in ordine di tempo, della strategia che il Primo Ministro dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, e il suo governo di che include elementi dell’estrema destra, stanno conducendo dall’inizio della guerra contro Gaza.

Il fine ultimo, come dichiarato più volte dai vari ministri di questo governo, sarebbe quello di espellere la popolazione palestinese dalla Striscia e renderla un’area sicura per l’incolumità di Israele, sebbene il piano per definire questo status appaia vago ed è spesso accompagnato da invocazioni politiche miranti all’annessione.

La “liberazione” dei territori arabi occupati – per i sostenitori di Netanyahu si tratterebbe degli antichi territori di Giudea e Samaria – avrebbe luogo a breve. Le tensioni in Cisgiordania tra coloni israeliani e palestinesi sono in questa cornice fortemente aumentate dopo il massacro compiuto dai terroristi di Hamas il 7 ottobre 2023, innescando nuovamente una sanguinosa spirale di violenza e la ripresa delle politiche di espansione degli insediamenti illegali. Blande e tutt’altro che incisive sono state le posizioni espresse tanto dai paesi occidentali quanto dai Paesi arabi, dimostrando tanto l’ipocrisia del sostegno alla causa palestinese quanto l’interesse delle élite arabe nell’accondiscendere a compromessi con Israele e con gli Stati Uniti.

Netanyahu ritiene di ottenere rapidamente e con la forza quello che gli americani e altri alleati di Israele contavano di raggiungere pacificamente con gli Accordi di Abramo. Questi “accordi”, scarsamente rappresentativi di rappresentatività popolare, sono stati fortemente voluti dalle élite occidentalizzate di alcuni Paesi arabi per entrare nel “club dei potenti”, dominato dai grandi finanzieri, dagli imprenditori soprattutto nel campo delle nuove tecnologie e dai banchieri che controllano il flusso dei capitali a livello globale.
È lecito pertanto domandarsi se, in conseguenza dell’azione israeliana contro il Qatar, gli accordi sapranno resistere all’onda d’urto dell’instabilità regionale o se al contrario riusciranno a produrre i risultati auspicati.

La dinamica degli eventi in atto rende complessa e difficoltosa per i paesi arabi tanto l’adesione agli accordi – come nel caso dell’Arabia Saudita – quanto la sua effettiva continuità per coloro che ne sono già parte. Sebbene l’interesse per la causa palestinese sia in modo evidente residuale da parte dei paesi della regione, la narrativa che lo interessa rappresenta al tempo un importante strumento di contenimento delle istanze sociali, che determina in tal modo un paradosso politico senza precedenti.

Gli equilibri sociali, resi instabili dalle dinamiche degli ultimi due anni in particolar modo, rendono possibile in questa fase tanto la fuoriuscita dagli accordi del Bahrein, Stato a maggioranza sciita fortemente critica verso il filoamericanismo della minoranza sunnita al potere, e, ipoteticamente, anche del Marocco, dove in molti hanno mostrato ostilità verso gli Accordi, con la possibilità di esercitare crescenti pressioni sulla monarchia affinché anche Rabat se ne allontani.

Se questo dovesse accadere, la retorica degli Accordi intesi come “ponte” tra i popoli e “forieri di pace permanente” rischierebbe di cadere e dissolversi nel nulla. Un rimescolamento delle posizioni politiche e degli schieramenti militari in Medio Oriente potrebbe rivelarsi pieno di sorprese e nuovi equilibri.

L’attacco israeliano al Qatar segna la fine degli Accordi di Abramo. Scrive Mezran

L’attacco israeliano al Qatar apre un nuovo capitolo di tensioni in Medio Oriente. La crisi rischia di travolgere definitivamente gli Accordi di Abramo e di ridisegnare alleanze e schieramenti nella regione. Ecco perché secondo Karim Mezran, director della North Africa Initiative dell’Atlantic Council e resident senior fellow del Rafik Hariri Center & Middle East programs

Breve riflessione sul riordino delle agevolazioni fiscali. Il commento di De Luca

Di Vincenzo De Luca

La razionalizzazione delle agevolazioni fiscali deve tradursi in una revisione strutturale delle spese fiscali. È necessario, quindi, agire su tutte le misure in essere per trasmettere un chiaro e netto messaggio di equità dello sforzo riformatore. Il riordino delle agevolazioni fiscali non può, pertanto, che avvenire nell’ambito di una riforma fiscale ampia ed organica. Il commento di Vincenzo De Luca, responsabile Fisco di Confcommercio

L'incursione dei droni russi in Polonia: una lezione di guerra ibrida

Di Ivan Caruso

La notte tra il 9 e il 10 settembre 2025 ha segnato un momento spartiacque nella storia recente della Nato. Per la prima volta dalla guerra in Ucraina, droni russi hanno violato massicciamente lo spazio aereo di un Paese membro dell’Alleanza Atlantica, costringendo la Polonia a invocare l’Articolo 4 del Trattato Nato e aprendo interrogativi profondi sulla natura stessa della guerra moderna. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi

Il ruolo della stablecoin basata sullo yuan nella strategia cinese globale. L'analisi di Monti

L’annuncio della possibile emissione di una stablecoin basata sullo Yuan suggerisce che Pechino stia valutando un nuovo passo verso il distacco dal sistema monetario controllato dagli Usa per affermare la propria moneta come una risorsa globale. Il punto di Andrea Monti, docente di identità digitale, privacy e cybersecurity presso Sapienza, Università di Roma

Così la Danimarca protegge i suoi cieli con il sistema franco-italiano

La Danimarca ha scelto il sistema di difesa aerea franco-italiano Samp/T Ng, rafforzando le proprie capacità difensive e il ruolo strategico dell’Italia nella difesa europea. Con Mbda e Leonardo coinvolte, il progetto evidenzia l’eccellenza industriale italiana e promuove una cooperazione europea più autonoma e integrata

L'elettrico arretra, l'ibrido corre. La possibile beffa per la Cina secondo Goldman Sachs

Nei prossimi anni l’alimentazione ibrida, che concilia benzina con elettrico, potrebbe superare per vendite il motore green per eccellenza. Tutto a discapito della Cina che con Byd sta puntando alla disintegrazione dei mercati concorrenti

Il credito alle famiglie non si ferma. Report Abi

A dispetto dei venti di burrasca che soffiano in Francia, ad agosto 2025, l’ammontare dei prestiti a imprese e famiglie è cresciuto dell’1,4% rispetto a un anno prima, in lieve accelerazione rispetto al +1,3% del mese precedente

Trump pressa la Nato. Stop al petrolio russo e sanzioni comuni

Trump chiede ai Paesi Nato di fermare gli acquisti di petrolio russo e adottare sanzioni comuni contro Mosca, minacciando dazi fino al 100% sulla Cina. L’appello arriva mentre l’Alleanza rafforza il fianco orientale dopo l’incursione di droni russi in Polonia

plastica

Transizione ed economia circolare. Le Giornate dell'energia a Trevi

A Trevi il confronto tra mondo della ricerca, imprese, giovani generazioni e operatori dell’informazione convenuti per l’appuntamento annuale delle Giornate dell’Energia e dell’economia circolare, promosse da Globe Italia e dal World Energy Council Italia, che si chiudono oggi

Ecco come Taipei può contribuire alla sicurezza dei cieli nell’Icao. L’appello del ministro Chen Shi-Kai

Di Chen Shi-Kai

Riceviamo e pubblichiamo l’appello del ministro Chen Shi-Kai, che chiede il pieno coinvolgimento di Taiwan nei lavori dell’Icao. L’intervento sottolinea l’importanza della partecipazione di Taipei per garantire sicurezza e sostenibilità nell’aviazione civile internazionale

×

Iscriviti alla newsletter