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Francamente è apparsa un po’ fuori misura la querelle sul consigliere del Presidente Mattarella, rappresentato come aspirante golpista da quotati esponenti del governo, e, in tale rappresentazione, presuntamente avallati dalla richiesta d’incontro al Quirinale della premier, peraltro immediatamente accordata dal Presidente della Repubblica.

Fuori dal conflitto parolaio di questi giorni di accanimento anti-quirinalizio, cerchiamo di capire perché il polverone sollevato non è giustificato. Partendo dal ruolo ricoperto dal presunto sovvertitore di governi in carica, il consigliere per gli affari del supremo consiglio di Difesa, Garofani che, se il clamore degli ultimi giorni non l’avesse travolto, sarebbe stato ricordato come tra i politici – perché tale è l’identità prevalente di chi ha ricoperto per tre legislature scranni parlamentari assumendo anche il ruolo di presidente della Commissione difesa alla Camera – più “riservati” di questo tempo che ha rimosso dal vocabolario il pericoloso lemma.

Le norme che regolano l’organizzazione della presidenza della Repubblica, che trovano la loro fonte in una legge del ‘48, chiariscono con parole scarnissime che “Il Presidente, sentito il Segretario Generale del Quirinale, nomina e revoca con proprio decreto i suoi Consiglieri definendone compiti e funzioni ed eventuali ulteriori attribuzioni”. Si tratta, dunque, di persone che collaborano col Presidente in ragione di specifiche competenze, si presume collaudate ed apprezzate da chi li ha chiamati a svolgere una funzione che non si sovrappone alle professionalità che possono essere offerte per esempio dal diplomatico di carriera o dall’ingegnere spaziale in materia di rapporti internazionali o di viaggi sulla luna. Si tratta, dunque, in prevalenza di persone certamente competenti ma non estranee al mondo della politica, chiamate ad offrire un punto di vista che il Presidente valuterà insieme a quello asetticamente tecnico.

Per capirci: il centro d’imputazione resta sempre e comunque il decisore finale, il Presidente, mentre l’attività dei suoi consiglieri non rileverà mai dal punto di vista istituzionale.

Ciò detto, e considerata l’irrilevanza politica di chi è chiamato a completare con il suo parere quello dei consulenti “tecnici” del Quirinale, ricordiamo che il consigliere in questione si occupa di Difesa. Lo scoop del quotidiano La Verità riguarderebbe parole profferite dal solitamente poco loquace consigliere della Difesa, in un ristorante in compagnia di amici, a cui avrebbe detto frasi del tipo “basta con questo governo” o giù di lì. Ora, a meno di non inferire da queste frasi – captate come, poi? Con un rilevatore ambientale? Una cimice? Un telepate (dal romanzo di Brunner del ‘65)? – elementi per sostenere che il consigliere stia ordendo un colpo di Stato con le forze armate all’insaputa delle stesse del suo principale, resterebbe un po’ troppo ardito l’impianto accusatorio. E anche pretestuoso, perché, anche a considerare tutto vero e non il preliminare di una gustosa barzelletta su Meloni, anche ad accogliere con il sopracciglio inarcato, com’è avvenuto nei talk show in queste serate di tv, le battute fatte a tavola, forse anche incoraggiate con un buon rosso, da un libero cittadino che quando esce dal Palazzo avrà pure il diritto di esprimersi con gli amici al bar o all’osteria, non si comprende quale possa essere il problema per Mattarella.

Un Presidente che gode del più alto consenso accordato dal popolo agli uomini e alle donne delle istituzioni; che non ha mai, in nessun momento della sua esperienza al Quirinale, tradito il suo dovere di supremo garante dell’ordine costituzionale, manifestando, in coerenza coi i principi fondamentali, una equidistanza tra le parti politiche, in ossequio al pieno rispetto della volontà popolare espressa col voto; che ha, con la sua straordinaria capacità di moral suasion, salvato il Paese dai conflitti incomponibili: forse è tutto questo che non va? Se possiamo dire la nostra, l’impressione è che si è di fronte ad una bolla preterintenzionale cresciuta per l’eccesso di zelo dei troppi troppo zelanti meloniani in circolazione: la sindrome del polo escluso che non finisce mai, continua a farli considerare soli contro tutto il resto del mondo che, in qualche modo, percepiscono ricompattarsi attorno alla figura del Presidente. Di qui reazioni scomposte, talvolta stizzite, comunque fortemente reattive. Quasi fossero ancora all’opposizione di tutto. E invece sono al governo.

Phisikk du role - Perché il caso Garofani è fuori misura

Fuori dal conflitto parolaio di questi giorni di accanimento anti-quirinalizio, cerchiamo di capire perché il polverone sollevato non è giustificato. L’opinione di Pino Pisicchio

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