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Qualcuno potrebbe uscirsene con il classico, abbiamo scherzato. Un mese e cinque giorni. Tanto ha resistito l’Olanda nel suo tentativo di nazionalizzare e strappare al controllo cinese Nexperia, uno dei principali produttori di chip in Europa. Era la metà di ottobre quando la guerra dei semiconduttori, che rientra nelle ben più ampie tensioni tra Europa e Cina sulla terre rare, arrivò nel cuore del Vecchio continente. Con l’industria dell’auto e della difesa che cominciavano a mandare i primi segnali di allarme a causa della carenza di chip, dopo che Pechino aveva deciso di dare una stretta (poi parzialmente rivista in scia all’accordo con gli Stati Uniti) alle esportazioni di minerali critici, il governo di Amsterdam aveva deciso di reagire.

Come? Avviando le pratiche per nazionalizzare Nexperia, con sede sì nei Paesi Bassi ma controllata da una catena di società riconducibile al governo del Dragone. Un vero e proprio esproprio, così lo avevano letto in Cina, dettato dalla paura di assistere a un progressivo boccheggiare dell’industria europea. Lo strappo era risultato più largo della toppa, con Pechino che per rappresaglia aveva praticamente quasi fermato la produzione di chip targati Nexperia, nelle more che l’iter per lo scippo si compiesse, aggravando la carenza di semiconduttori.

Ora però, il clamoroso dietrofront. Con l’Olanda che cede alla Cina e innesta la retromarcia sulla confisca dell’azienda produttrice di chip. Il ministro dell’Economia, Vincent Karremans, ha annunciato su X che Amsterdam restituirà il controllo su Nexperia al gruppo cinese Wingtech. Karremans ha definito la decisione “un segnale di buona volontà” per evitare al settore auto problemi di approvvigionamento di semiconduttori. La resa, se così la si può chiamare, olandese dimostra però anche il potere negoziale della Cina che è ormai diventata un anello indispensabile di molte filiere produttive. E che non esita a far valere questo suo peso al tavolo dei negoziati internazionali. “Negli ultimi giorni abbiamo avuto incontri costruttivi con le autorità cinesi. Siamo positivi riguardo alle misure già adottate dalle autorità cinesi per garantire la fornitura di chip all’Europa e al resto del mondo. Consideriamo questo un segno di buona volontà. Continueremo a impegnarci in un dialogo costruttivo con le autorità cinesi nel prossimo futuro”.

Nel motivare la confisca, aggrappandosi a una legge risalente alla Guerra Fredda (il Goods Availability Act), Amsterdam aveva citato esigenze di sicurezza nazionale, lamentando gravi carenze di governance e rischi di trasferimento tecnologico. Come ritorsione, perciò, il governo di Xi Jinping aveva bloccato l’esportazione di componenti dall’impianto di Nexperia a Guangdong che, di fatto, non ha più risposto per oltre due mesi alle direttive della casa-madre olandese. Dinanzi a questo pericolo, alla fine Amsterdam ha preferito cedere a Pechino, ritornando sui suoi passi. Non è chiaro al momento se si tratti di una resa totale oppure se il governo olandese abbia almeno ottenuto qualche rassicurazione in ordine alla gestione di Nexperia da parte di Wingtech.

Resa o tregua? L'Olanda ferma la nazionalizzazione di Nexperia

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