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Grano e mattoni. Cento tonnellate di cibo non è solo il quantum dell’impegno italiano nella crisi a Gaza, ma anche il modus con cui il governo Meloni si è presentato al tavolo egiziano delle firme di pace. Un impegno che non è limitato al Medio Oriente ma che, geopoliticamente, investe quella lingua di terre e acque che va da Gibilterra al Bosforo. Un passaggio, quello sulla strategicità del mare nostrum, che è stato ribadito anche dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presentando il Patto per il Mediterraneo in una dichiarazione a palazzo Berlaymont. “Dopo aver sopportato sofferenze e perdite inimmaginabili, la devastante guerra a Gaza è ora giunta al termine, segnando un momento cruciale, non solo per Gaza, ma anche per l’Unione europea e il Mediterraneo in generale, segnando il momento in cui il futuro della regione viene scritto. L’Europa ha interesse a plasmare un futuro di pace e prosperità, perché questa è la nostra regione comune e vogliamo fare la nostra parte come partner, e questo è il nostro impegno nei confronti della nostra casa mediterranea comune”.

E quale Paese nel bel mezzo del Mediterraneo può recitare un ruolo diverso e più ampio proprio a causa della propria posizione geografica? L’Italia farà la sua parte proprio con il binomio “grano e mattoni” assieme all’Unione europea, all’Egitto, alla Giordania e alle Nazioni Unite, nella consapevolezza che per Roma si tratta della più grande operazione umanitaria. “Sono fiero di dire che Italia è il Paese fra quelli che ha accolto più bambini da Gaza, che vogliamo curare nei nostri ospedali”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani aprendo la Giornata Mondiale dell’Alimentazione in occasione dell’80esimo anniversario dell’istituzione della Fao, a dimostrazione di tale assunto. Una postura, quella di Roma, che già con il progetto Food for Gaza era stata messa in chiaro. Erano i giorni in cui il ponte umanitario rappresentava una risposta socio-politica alla grave crisi in atto, oggi è ancora questa la traccia da seguire. Non a caso l’Italia ha provveduto a nominare l’attuale rappresentante speciale presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), Bruno Archi, come inviato speciale per la ricostruzione a Gaza. Un ulteriore segnale di come l’Italia intende essere protagonista, in questa prima fase sul piano umanitario e a seguire nel dossier ricostruzione. Tajani si è coordinato con il suo omologo giordano e con quello egiziano, con l’obiettivo di costruire una rete di aiuti davvero a 360 gradi. Oltre al cibo grande spazio verrà dato all’istruzione: prosegue infatti l’arrivo di studenti attraverso il corridoio umanitario aperto con la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini.

Sarà fondamentale, inoltre, l’aspetto diplomatico e personale delle relazioni, che giocherà un ruolo primario: non a caso la presenza a Napoli della ministra degli Esteri palestinese e del suo omologo israeliano Gideon Saar può rappresentare un momento costruens in tal senso e secondo Tajani “potrebbe davvero rappresentare una svolta storica, capace di cambiare il volto del Medio Oriente e, di conseguenza, del Mediterraneo, con profonde ripercussioni sulla sicurezza e sugli interessi nazionali”. Nel frattempo il primo banco di prova riguarda la nascita di una forza di sicurezza multinazionale per Gaza, elemento su cui Washington preme non poco per poter far camminare spedito il processo di pace. I Carabinieri sono pronti a farne parte.

Cibo e ricostruzione per Gaza, così l'Italia lavora per la stabilità del Medio Oriente

Una postura, quella di Roma, che già con il progetto Food for Gaza era stata messa in chiaro. Non a caso l’Italia ha provveduto a nominare l’attuale rappresentante speciale presso la Fao, Bruno Archi, come inviato speciale per la ricostruzione a Gaza. Un ulteriore segnale di come l’Italia intende essere protagonista, in questa prima fase sul piano umanitario e a seguire nel dossier ricostruzione

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