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Uno degli esempi più interessanti per rispondere all’annosa questione sul finanziamento delle spese militari viene da un Paese che difficilmente si tende ad associare a questi temi: il Canada. Che sia un modo per aumentare il peso diplomatico del Paese in sede Nato o una risposta alle allusioni circa un futuro come 51esimo stato Usa – probabilmente entrambi –, l’ex dominion britannico sta prendendo seriamente il tema del proprio riarmo, e anche di come finanziarlo.

Il governo guidato da Mark Carney, che ha annunciato che la spesa per la difesa salirà al 2% del Pil entro il 2026 e al 5% entro il 2035, sta puntando su un modello innovativo, che si concentra sull’attrazione di capitali privati verso l’industria della difesa canadese. Uno sforzo che viene portato avanti anche negli Usa e in Europa, ma che in Canada sta dando risultati incoraggianti e in anticipo sui tempi.

Un ponte tra pubblico e privato

Al centro della strategia c’è la Business development bank of Canada (Bdc). Il governo le ha affidato un miliardo di dollari canadesi (pari a circa 850 milioni di euro) per sostenere gli investimenti in difesa e sicurezza. La Bdc non si limita a distribuire fondi pubblici, ma sta aiutando i fondi privati a superare gli ostacoli normativi e culturali che per anni hanno relegato la difesa a un settore “non investibile” per gli attori finanziari, agevolando la strada verso un ingresso consistente dei capitali privati nei piani di riarmo di Ottawa. 

Il capitale privato entra in gioco

One9, fondo canadese specializzato nel settore della difesa, è un esempio concreto di questo approccio. Fondato da Glenn Cowan, e oggi sostenuto da asset manager istituzionali, One9 sta raccogliendo 250 milioni di dollari, con una quota significativa destinata proprio al Canada.

“Fino a cinque anni fa, investire in difesa era visto come tabù, al pari del tabacco o della cannabis”, racconta Cowan. Anche le aziende tecnologiche locali stanno iniziando a cogliere questa opportunità. Dominion Dynamics (fondata da un ex dirigente di Anduril Industries), che si concentra su sistemi di comunicazione in ambienti artici e in assetti unmanned, finora ha raccolto circa 4 milioni di dollari. Tramite l’accesso al capitale privato, le startup innovative riescono così a fare ricerca e a sviluppare tecnologie ad alto rischio che il procurement pubblico non finanzierebbe. Senza questo sostegno, molte idee innovative resterebbero ferme.

Il triangolo vincente

Il modello canadese sta funzionando grazie a un trittico preciso. Lo Stato diventa cliente credibile, in grado di generare domanda e stimolare il mercato. La finanza privata assume rischi e mette a disposizione capitali significativi. Le startup, infine, trasformano queste risorse in innovazione tecnologica proprietaria e sovrana.

La strategia industriale della difesa canadese, attesa entro fine anno, servirà a chiarire priorità di procurement, capacità da sviluppare internamente al Paese e gli ulteriori incentivi per gli investimenti privati. 

Una lezione per l’Europa 

Se comparati ai bilanci pubblici e agli investimenti statali europei o americani, i numeri canadesi non colpiscono per dimensione. A fare la differenza è invece il metodo, e soprattutto la velocità di esecuzione. Ottawa sta muovendosi con maggiore rapidità rispetto all’Europa nell’attrarre capitali privati verso la difesa, non perché disponga di più risorse, ma perché ha inviato al mercato un segnale politico chiaro, centralizzato e immediatamente operativo.

Negli Stati Uniti il coinvolgimento della finanza privata nella difesa è già una realtà consolidata, sostenuta da un ecosistema maturo, da grandi commesse federali e da una cultura dell’investimento che non considera il settore un tabù. In Europa, al contrario, il processo è più lento e frammentato. Le iniziative comunitarie come l’Edirpa o il Fondo europeo per la difesa riducono il rischio tecnologico, ma non garantiscono ancora una domanda stabile e prevedibile nel tempo.

In Canada, il governo ha individuato un attore finanziario nazionale – la Bdc –, lo ha dotato di risorse dedicate e lo ha incaricato di lavorare direttamente con i fondi privati, arrivando persino a intervenire sui vincoli normativi che ostacolavano l’investimento nel settore della difesa. In Europa, invece, il capitale privato deve ancora orientarsi tra livelli decisionali diversi, regole di procurement nazionali e un dibattito – a tratti delirante – sulla revisione dei criteri Esg che propone soluzioni fantasiose – quanto irrilevanti – su come preservare l’acronimo Esg invece di concentrarsi sulla semplificazione delle procedure. Peccato che la difesa non si possa finanziare con la semantica.

Il Canada accelera sui capitali privati per finanziare la Difesa. Appunti per l’Europa

Mentre in Europa si continua a contrapporre le spese per la difesa a quelle per il sociale, il Canada sta spingendo su una soluzione mediana, capace di procurare le risorse necessarie al suo riarmo senza gravare ulteriormente sul bilancio pubblico. Al centro di questa strategia un maggior coinvolgimento degli investitori privati e uno sforzo concreto per allentare i vincoli normativi nel settore 

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