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Vado a memoria: la politica delle democrazie moderne ha cercato le sue maestranze in ogni dove professionale: avvocatura in particolare, ma anche impresa, sindacato, pubblica amministrazione, pubblici ministeri piuttosto che magistrati giudicanti, operai, giornalisti (veri o presunti, a iosa), testimoni di cultura e di scienze.

Qualche rara volta si è rivolta al mondo dello spettacolo: in America il presidente Reagan, attore di western b movie; ancora negli Usa Arnold Schwarzenegger, star hollywoodiana dei film d’azione, eletto governatore repubblicano della California con un recall contro quello democratico; in Italia Giannini, commediante e inventore dell’Uomo Qualunque sul finire degli anni ’40.

In questo passaggio storico ne rammentiamo un paio, entrambi attori comici (di mestiere): uno è ucraino e si chiama Zelensky. L’altro è genovese e si chiama Giuseppe Grillo detto Beppe.

L’uno fa il presidente in Ucraina e rianima il suo popolo in mezzo ad una guerra infinita. L’altro inventava partiti esercitando vigorosi vaffa in continuità mai recisa con il mestiere di comico, e oggi viene ripudiato dalla sua creatura i cui militanti una volta si chiamavano grillini.

Cerco ancora risorse mnemoniche attingendo dalla storia: non ho ricordi precisi sull’assunzione al soglio di capo del governo di principianti assoluti, cioè di persone, espresse da una maggioranza “politica”(i governi “tecnici” sono altra cosa, ovviamente, peraltro orientata verso premier economisti di caratura riconosciuta) ma del tutto prive di un’esperienza politica a livello nazionale.

Un italiano, però, c’è e si chiama Giuseppe (anche lui) Conte e fa l’avvocato, impegnato pro tempore alla guida dei Cinque Stelle.

Fu tolto ai tribunali civili nel 2018, dopo la clamorosa e preterintenzionale vittoria dei Cinque Stelle alle politiche, per essere insediato alla guida del governo populista, quello con Salvini, e poi ne fece uno nuovo, con quasi tutti gli altri, per cadere (manu renziani) e lasciare il posto a Draghi.

Capita ai novizi che quando arrivano a palazzo Chigi siano convinti che solo la loro immensa qualità politica, insieme alla scienza e non una dea assai bendata, abbiano prodotto il risultato della loro presidenza.

Per cui restano convinti della profonda ingiustizia del non esserci più. Ovviamente ad Andreotti non sarebbe accaduto, ma ca va sans dire, siamo in altri contesti. Accade, dunque, che questi due Giuseppi, baciati diversamente dalla fortuna, si trovino in conflitto in una casa che s’è fatta stretta assai per tutti e due, il comico fondatore-garante e “consulente per la comunicazione” e il presidente-avvocato e deputato.

Oltre ad una mai troppo celata antipatia reciproca, in mezzo ci sono i trecentomila euro della consulenza di Grillo al Movimento cancellati dal presidente Conte, argomento cospicuo a prescindere dal fatto che la vulgata attribuisce alla genovesità un di più di attenzione agli argomenti numismatici.

Non è questo il contesto per l’approfondimento leguleio sulla natura del partito politico, peraltro argomento caduto del tutto in desuetudine, a causa dell’estinzione prematura dell’oggetto partito.

Tuttavia non sbaglieremmo se mettessimo nel conto una svolta tribunalizia della diatriba, come avvenne per i pulviscoli democristiani, socialisti eccetera, dopo la fine dei partiti.

Né è da escludere la nascita di una specie di nuovo M5S della purezza, ad opera di Grillo e Casaleggio Jr., che invocano un ritorno alle origini.

In realtà l’epopea del Movimento somiglia abbastanza a quella dell’hip hop: nasce come musica che dà voce, attraverso i rapper, alla marginalità metropolitana dell’America anni ’70 e diventa poi quella robetta sgrammaticata, violenta e strapagata che ottunda le orecchie delle nuove generazioni.

Il M5S era un “non partito” che rivendicava la sua diversità e il cui capo-fondatore poggiava la sua credibilità sul fatto di non assumere incarichi nelle istituzioni. Oggi ha perso la sua diversità e si è allineato a tutti gli altri “non partiti”: brand cesaristici, identificati con il capo.

Qual è la differenza tra il prima e il poi? Quei voti che nel 2018 somigliavano al consenso elettorale della Dc dei tempi belli oggi non ci sono più. Domani, forse, ancora meno.

Phisikk du role - La resistibile baruffa dei Giuseppi

Il M5S era un “non partito” che rivendicava la sua diversità e il cui capo-fondatore poggiava la sua credibilità sul fatto di non assumere incarichi nelle istituzioni. Oggi ha perso la sua diversità e si è allineato a tutti gli altri “non partiti”. Qual è la differenza tra il prima e il poi? Quei voti che nel 2018 somigliavano al consenso elettorale della Dc dei tempi belli oggi non ci sono più. Domani, forse, ancora meno. La faida Conte-Grillo letta da Pisicchio

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