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Ci sono cattolici che, come i loro pastori, “non intendono stare alla finestra”. E il manifesto dal titolo “Sì all’Europa per farla”, frutto dell’incontro fra due esponenti storici del cattolicesimo italiano come Giancarlo Cesana e Carlo Costalli, è la prima risposta concreta alla domanda di assunzione di responsabilità formulata dal presidente dei vescovi, cardinale Gualtiero Bassetti.

Non è un caso, infatti, che nell’introduzione dei lavori dell’Assemblea dei vescovi, il cardinale abbia evocato due immagini forti: “non c’è un’Italia di riserva”, “non c’è un’Europa di riserva”. In tal modo ha collegato strettamente il futuro del nostro Paese all’Unione Europea, ma soprattutto ha fatto intendere quanto sia importante la partita che si gioca nel Continente con il voto di primavera in cui centinaia di milioni di cittadini rinnoveranno le loro rappresentanze al Parlamento di Strasburgo, unico organismo eletto direttamente dai popoli. A riguardo dell’Europa Bassetti ha detto testualmente: “se l’Unione Europea ha a cuore soltanto la stabilità finanziaria, disinteressandosi di quella sociale e delle motivazioni che soggiacciono ai vincoli europei; se perde il gusto della cittadinanza comune e del metodo politico della cooperazione, non c’è poi un’Europa di riserva e rischiamo di ritornare a tempi in cui i nazionalismi erano il motore dei conflitti e del colonialismo”.

A queste parole ha fatto seguire la frase molto impegnativa che abbiamo proposto all’inizio di questo testo: “Come Vescovi non intendiamo stare alla finestra”. E ha indicato “due principi, che appartengono alla storia del movimento cattolico di cui siamo parte”. Innanzitutto il “servizio al bene comune” e in secondo luogo la “laicità della politica”. E per essere ancora più chiaro ha ricordato che di questi principi “ne sono stati interpreti uomini di fede che hanno fatto grande la nostra storia. Penso a un De Gasperi, che seppe lottare per difendere la propria fede con grande pudore, facendo gli interessi dei cittadini, in piena e sofferta autonomia di pensiero, di parola e di azione”.

In questo orizzonte di assunzione di responsabilità crediamo si possa inquadrare il manifesto per le elezioni europee del 2019, promosso da due esponenti del cattolicesimo italiano: Giancarlo Cesana (storico leader laico di Comunione e Liberazione) e Carlo Costalli (presidente del Movimento cristiano lavoratori). Un manifesto che ha ottenuto il via libera definitivo sabato 17 novembre a Firenze, nel corso di un incontro fra amici (tanti amici), in una nota trattoria a pochi passi dal Duomo e da Piazza della Signoria, nel cuore della città dei Medici.

Un incontro che suggella una sintonia che viene da lontano e che affonda le radici in quella particolare cultura cattolica della partecipazione civile che lo stesso Cesana ha voluto rimarcare. Si decide così di fare un pezzo di strada insieme perché – come si legge nel manifesto – “come cristiani l’ideale europeo lo sentiamo totalmente consono alla nostra natura e alla nostra storia e non vogliamo rinunciarvi soprattutto per le opportunità di crescita, benessere e libertà che ha promosso e dovrà promuovere: diciamo sì all’Europa, nella consapevolezza che si deve continuare a farla e farla meglio”.

Dunque un sì all’Europa tutt’altro che acritico e che nasce dalla consapevolezza dei limiti di una stagione politica segnata “dall’alleanza strategica fra popolari e socialisti oggi in crisi”, così come dagli affanni di un Continente alle prese con la crisi migratoria e con l’acuirsi dello “scetticismo verso Bruxelles” e con la richiesta di “ritornare alle identità nazionali”. Per fronteggiare queste sfide epocali lo sguardo di Costalli e Cesana si rivolge al Partito popolare europeo, “attento alle nuove esigenze di riforma a favore del rispetto delle culture nazionali e popolari per un’economia sociale di mercato, capace di equilibrare il liberismo e la finanza senza regole”. “Siamo lontani, invece, – rimarcano – i promotori del manifesto – da proposte che mettono paradossalmente insieme collettivismo ed estremismo identitario, egualitarismo e giustizialismo”.

Per garantire questa prospettiva politica si intende aprire una discussione su alcuni punti strategici (“concezione della cosa pubblica sussidiaria”, “attenzione alla famiglia”, “il lavoro al centro”, “investimenti speciali per i giovani”, “libertà di educazione”, “identità anche religiosa dei popoli”, “politica estera e difesa comuni”, “rafforzamento delle competenze del Parlamento europeo”) con una coerente ricaduta sul percorso elettorale “fino a individuare – nelle liste a noi più vicine – candidati a cui attribuire le nostre preferenze”.

Dunque, un vero e proprio endorsement nei confronti del Partito popolare europeo, con uno scatto di coerenza intellettuale da parte di Costalli e Cesana. Del resto, è difficile immaginare una diversa collocazione del voto cattolico, se solo si vuole essere fedeli all’ispirazione dei padri fondatori dell’Europa: Adenauer, De Gasperi e Schuman. Tre cattolici, tre esponenti di partiti nazionali (Cdu, Democrazia Cristiana e Movimento Repubblicano Popolare) che le loro radici cristiane non le nascosero. Anzi, ne fecero motivo di promozione della pace e della solidarietà fra i popoli.

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