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Tito Boeri, il bocconiano, continua da mesi (anzi da anni) ad esternare: sulle pensioni, sull’economia italica e mondiale, sui problemi cruciali del Paese. Sembra faccia di tutto, tranne che fare il mestiere per cui è pagato: il presidente dell’Inps.

Gli spifferi nei corridoi dell’Inps sibilano di dirigenti “arrabbiati” perché manca una governance reale dell’istituto e perché Boeri sembra che utilizzi solo una ristretta cerchia di persone per elaborazioni tecniche che poi gli servono per le dichiarazioni antigovernative.

Il tutto è nettamente peggiorato nel corso del 2018. Comprensibile? Da un lato, Boeri capisce che, essendo stato nominato da Renzi, non ha garanzie di essere confermato di nuovo, a Febbraio 2019. Dall’altro, poiché non ha trovato l’appoggio dei 5S, ha capito che il suo incarico non verrà rinnovato, perché sulla soglia c’è il “buon” Brambilla.

E, allora, Boeri (anzi la solita coppia, Boeri-Patriarca) ha deciso di darsi un taglio politico, nella speranza (vana?) che qualcuno o lo candidi alle europee o gli assegni un altro incarico “tecnico” importante. Insomma, a noi non sembra che Boeri voglia tornarsene alla Bocconi o alla Voce.

Sbagliamo? Una cosa è certa: in questi anni di presidenza Boeri, l’Inps non ha fatto 4 cose fondamentali:

a) la separazione netta dell’assistenza dalla previdenza, nei bilanci e nella gestione Inps;

b) non è stato in grado di sincronizzare i files Inpdap con quelli Inps;

c) non ha mai quantificato e individuato, tra le voci del bilancio Inps, quanti denari siano stati estorti ad una cospicua parte di pensionati, sia con la mancata rivalutazione delle pensioni che con il contributo di solidarietà e come siano stati utilizzati questi soldi;

d) non ha mai quantificato l’entità dei contributi versati da soggetti che – per svariati motivi – non hanno poi ottenuto una pensione Inps (si tratta dei “contribuenti fantasma”).

Quattro carenze, mancanze e inadempienze che hanno gettato le basi per questa continua discussione sui costi di quota 100, a modifica della Fornero. Ancor oggi non sappiamo: quanti soggetti potrebbero andare in pensione con la somma di 62+38; se ci sarà uno scaglionamento delle deroghe alla Fornero; se ci saranno categorie favorite; se le penalizzazioni faranno scendere la platea dei potenziali interessati da 300-400mila a circa 100mila.

Quattro carenze, mancanze e inadempienze che hanno gettato le basi per il Ddl 1071 (D’Uva-Molinari), che – scommettiamo? – verrà riproposto in un decreto legge di fine anno. Riproposto nella sostanza, sia per evitare i 2 miliardi di costo legati alla ripresa della rivalutazione della pensione (dall’1/1/19) sia per recuperare qualche centinaio di milioni da un nuovo contributo di solidarietà.

Nuovi tagli alle pensioni “di argento e d’oro 14”, proprio per colpa della mancata quantificazione del citato punto c).

Tali mancanze hanno ammorbato il clima pensionistico. Per tali mancanze anche il governo gialloverde continuerà a vessare i pensionati con pensioni over 2500 euro/mese. La rabbia contro la gestione Inps sta crescendo. Dal nord è partita una “campagna pensionistica” che dice e dirà “no” ai tagli ulteriori delle pensioni italiche, già supertassate rispetto alla media Ue.

Il Forum pensionati d’Italia (15 associazioni pensionistiche di varia estrazione professionale) sta già raccogliendo le adesioni per una nuova serie di azioni legali contro questo nuovo governo.

Il Forum è in grado di spostare centinaia di migliaia di voti. Una dimostrazione? La frequentazione quotidiana del sito pensionati esasperati-aps Leonida, una delle 15 associazioni del Forum. Un’altra? L’attenzione dei media verso il Forum, prima osteggiato e svillaneggiato.

Chi ha orecchie da intendere, intenda.

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