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Nie dziel skóry na niedźwiedziu. Non dividere la pelle di un orso prima di averlo ucciso. Così recita un antico proverbio polacco. Non fare i calcoli senza l’oste, in questo caso senza i colpi di scena previsti dal proporzionale. Sistema che delega la formazione delle alleanze di governo al nuovo parlamento, a urne chiuse.

La geografia del voto polacco non è abbastanza chiara e consolidata e di certo non permette ai politologi di strutturare nuovi punti di partenza analitica. Però un dato è incontrovertibile: la posta in gioco era talmente divisiva tanto da mobilitare l’elettorato e da tenere alta l’asticella dell’affluenza al 72,9%, la più elevata dal 1989. Secondo la mappa pubblicata da Tvn24, basata sugli ultimi dati Ipsos, Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość) mantiene il controllo delle regioni orientali della Polonia conquistando ben nove voivodati, mentre Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska) ottiene i restanti sette della parte occidentale.

E dunque, la classifica che proclama primi e ultimi (ma non vincitori e vinti) è la seguente: il PiS si conferma primo partito con il 36,6%, tradotto in 198 rappresentanti, i centristi di Tusk ottengono il 31% (161 deputati), la Terza via il 13% (57 deputati), i socialisti di Lewica l’8,6 % (30 deputati) e il partito di estrema destra Konfederacja racimola il 6% (14 deputati). Il referendum, presentato come il cavallo di battaglia della dirigenza sovranista e come la vox populi, vox dei di questa tornata elettorale, non raggiunge il quorum arrestandosi al 40%.

Jarosław Kaczyński, in bilico ma ancora in sella, parla di una “vittoria nella sconfitta”. Il suo delfino, l’ex (forse) premier Mateusz Morawiecki tenta trumpianamente di rimanere a galla postando sul suo profilo Facebook il vessillo polacco con un timido e poco convinto Wygraliśmy!. Abbiamo vinto.

Ma lo scenario è tutt’altro che limpido. Le acque sono ancora agitate e le tempeste di sabbia non consentono di decifrare cosa si cela al di sotto della superficie. In queste ore, il fondale è teatro di interlocuzioni, accordi, tentativi di approccio e prove di forza.

Questa mattina, secondo quanto riportato dal portale Onet, Tomasz Grodzki ha affermato: “Sarà un governo di coalizione. La mia immaginazione è forte e Donald Tusk è riuscito a capitalizzare il voto anti-governativo. Non c’è alcuna pressione esterna. Il responso viene dalla Polonia. Adesso, il punto è agire rapidamente. Spero in Tusk premier. È senza dubbio il più grande politico polacco vivente”.

Poco dopo, arrivano le dichiarazioni di Joachim Brudziński a RMF. “Non importa come la guardi, abbiamo vinto” decreta il capo dello staff elettorale del PiS. “Vedremo con la divisione dei seggi se ci sarà spazio per continuare il gioco. Il nostro partner potrebbe essere il PSL”.

Insomma, tutto è in divenire. E in attesa che si esprima definitivamente la Commissione elettorale nazionale, “le due Polonie” si contengono il prossimo ordine su Varsavia.

 

 

Chi guiderà la Polonia? I vincitori si fanno attendere

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Palazzo Chigi alza finalmente il velo sulla finanziaria, che dovrebbe cubare fino a 23 miliardi. Confermato il taglio del cuneo per il 2024 e il riassetto degli scaglioni Irpef, oltre a una riduzione dell’Ires. Il premier rivendica il realismo alla base della legge di Bilancio. Ora palla ai mercati e all’Europa

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