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I leader di Germania e Francia hanno fatto pressioni affinché la Russia liberi i marinai ucraini “detenuti illegalmente” dopo essere stati catturati più di un mese fa come conseguenza di uno scontro aperto avvenuto sullo stretto di Kerč, il punto dove il Mar Nero si chiude nel Mar d’Azov – bacino diventato il centro della contesa geopolitica tra Mosca e Kiev. I 24 componenti delle tre imbarcazioni militari ucraine sequestrate dagli Spetsnaz russi domenica 25 novembre si trovano in Crimea, e sono formalmente accusati di aver violato la sovranità russa, azione armata e spionaggio.

In una dichiarazione congiunta pubblicata oggi, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente francese, Emmanuel Macron, ne hanno chiesto il rilascio in tempo per il nuovo anno e il Natale ortodosso, promettendo anche di mantenere alta la pressione per implementare gli accordi di Minsk, firmati nel 2015 per stabilizzare la guerra separatista che coinvolge la fascia orientale del paese, sfociata adesso nel bacino d’Azov.

Parigi e Berlino fanno parte del Formato Normandia, come viene chiamato il quartetto di paesi (gli altri due sono Ucraina e Russia) che sta cercando di negoziare una pace duratura dopo il conflitto esploso nel 2014, con l’occupazione e la successiva annessione russa della Crimea – Mosca considera che la penisola, adesso isolata dal resto dell’Ucraina da un muro di frontiera costruito durante l’ultimo anno, sia entrata sotto la sovranità russa legittimamente, dopo un referendum che però non è stato riconosciuto dalla Comunità internazionale.

Nella dichiarazione, Merkel e Macron hanno rinnovato la richiesta di garantire il “passaggio sicuro, libero e senza ostacoli di tutte le navi” attraverso lo Stretto di Kerč, che per Mosca è strategicamente di valore perché divide la Crimea dalla Russia continentale. Lo stretto è inoltre tagliato da una rotta commerciale importante per Kiev: isolarlo permette a Mosca di creare problemi di carattere economico al nemico ucraino.

Ieri, l’avvocato russo che difende i marinai detenuti a Sebastopoli, Nikolai Polozov, ha scritto su Facebook che tutti e ventiquattro i militari si sono dichiarati “prigionieri di guerra” (Pow, secondo l’acronimo del diritto internazionale), compresi i due marinai rimasti feriti durante l’attacco subito a fine novembre.

Negli ultimi mesi, la Russia ha ammassato diverse unità militari verso il confine ucraino e in Crimea, mentre continua a martellare la disinformazione contro Kiev. Per esempio: per settimane ha coperto l’ammassamento militare con l’istituzione della legge marziale da parte del governo ucraino collegata all’azione militare russa – avvenuta per la prima volta a insegne alzate – nello stretto di Kerč. Secondo la disinformatia russa la decisione era una mossa del presidente Petro Poroshenko per creare un clima di tensione nel paese e magari far saltare le prossime elezioni presidenziali che lo vedono sfavorito.

Mercoledì la legge marziale è stata sospesa, secondo i tempi previsti fin da subito da Kiev, e mentre i fatti smentivano il complottismo russo, la governativa Rossiyskaya Gazeta pubblicava un’intervista in cui il consigliere per la Sicurezza nazionale del Cremlino, l’ex direttore dell’intelligence Fsb Nikolai Patrushev, continuava la linea di attacco contro Poroshenko, colpevole a suo dire di “passi provocatori sul confine russo-ucraino”, compiuto perché si sentiva sostenuto da un’alleanza fantomatica tra i gruppi di estrema destra americani e organizzazioni radicali ucraine.

“Alla luce delle prossime elezioni presidenziali ucraine, nuove azioni di questo tipo con il sostegno degli Stati Uniti potrebbero essere previste nel prossimo futuro”, diceva Patrushev. Il governo ucraino ha avuto l’appoggio di gruppi di destra, che però viaggiano con percentuali piuttosto scarse alle urne, e dunque anche politicamente sono piuttosto deboli — sebbene secondo un report dell’americana Freedom House le organizzazioni nazionaliste in Ucraina sembra stiano crescendo in attività.

La propaganda russa spesso esagera la dimensione di questo fenomeno, usandolo come proxy per diffondere e giustificare la propria politica contro Kiev. In realtà, in questo momento, sono molti gli esperti a sostenere che questa campagna di info-war serva a Mosca per anticipare un possibile attacco dei ribelli separatisti che sponsorizza nell’area di Donetsk.

 

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Macron e Merkel pressano la Russia sull'Ucraina

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