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Morti, feriti, tonnellate cibo e medicine bruciati, avvelenamenti e minacce. La situazione del Venezuela, ancora una volta, è precipitata.

Più di 60 militari venezuelani hanno disertato per seguire l’ordine costituzionale. Ma nonostante alcuni militari abbiano deciso di aprire il passo agli aiuti umanitari internazionali nella frontiera con la Colombia, i cosiddetti “colectivos”, gruppi armati di paramilitari all’ordine di Nicolás Maduro – in alleanza con le forze armate ancora leali a Maduro – hanno dato fuoco ai camion diretti sul territorio venezuelano. Molte persone, in preda alla disperazione, si sono lanciate sulle fiamme per salvare quel poco che era rimasto. La scena ha scatenato l’indignazione della comunità internazionale e ha aumentato il livello della crisi.

Molto dura la condanna del segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), Luis Almagro, che ha citato una frase di Simón Bolívar: “Maledetto sia il soldato che spara contro il suo popolo”.

Il presidente ad interim del Venezuela, Juan Guaidó, è rimasto nel territorio colombiano. Ha detto che il Paese è aperto a qualsiasi opzione pur di riprendere lo stato democratico. Ha anche annunciato che sarà presente alla riunione di domani del Gruppo di Lima, dove interverrà il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence.

Intanto, Maduro ha detto che non perdona la posizione della Colombia in queste ore e che il suo governo taglia qualsiasi tipo di rapporto con il Paese vicino, dando 24 ore di tempo al personale diplomatico per abbandonare il territorio venezuelano. Da Bogotá hanno avvertito che il leader del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) sarà ritenuto responsabile per la sicurezza dei diplomatici colombiani: “La Colombia non riconosce la legittimità dell’usurpatore Maduro, ma riconosce quella del presidente Juan Guaidó, che ringraziamo per l’invito fatto a diplomatici e consoli colombiani a rimanere in territorio venezuelano. Ciononostante, per preservare la vita e l’integrità dei funzionari colombiani verrà disposto il loro ritorno in Colombia a breve. La Colombia riterrà responsabile l’usurpatore Maduro di qualsiasi aggressione o disconoscimento dei diritti dei funzionari colombiani in Venezuela”.

Dagli Stati Uniti aumenta la pressione. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha scritto su Twitter che gli Stati Uniti “agiranno contro coloro che si oppongono al pacifico ritorno della democrazia in Venezuela. È il momento di agire in sostegno ai bisogni del popolo venezuelano disperato. Stiamo solidali con coloro che continuano a lottare per la libertà”. Secondo la Cnn, un portavoce del segretario per la Sicurezza nazionale degli Usa, ha confermato che John Bolton ha cancellato il viaggio per organizzare il prossimo summit tra Donald Trump e Kim Jong un e potere concentrarsi così sugli eventi del Venezuela.

Dall’Italia, invece, continua a regnare il silenzio. Un unico tweet pubblicato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “Insieme agli altri paesi dell’Ue, condanniamo i tentativi di ostacolare l’ingresso di aiuti umanitari per il popolo venezuelano e di reprimere con violenza il dissenso e le pacifiche manifestazioni di protesta. Vogliamo presto nuove elezioni presidenziali: libere e democratiche”. Ma il problema resta: con Maduro ancora aggrappato al potere sono poche le probabilità che il voto sia giusto, libero e trasparente.

Bruciate tonnellate di aiuti umanitari in Venezuela. Gli Usa aumentano la pressione, e l'Italia?

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