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A pochi giorni dalle elezioni di metà mandato per il presidente americano Donald Trump e i suoi colonnelli nel Partito repubblicano il gioco si fa duro. È stranota l’indifferenza con cui il Tycoon legge e commenta i sondaggi. Li ha smentiti già una volta, e sembra sicuro di riuscire a fare il bis. Ma le midterms rispondono a umori e dinamiche sconosciute alle presidenziali. I democratici, forti delle ultime proiezioni, pregustano una vittoria alla Camera che rischia di vanificare il successo (ampiamente annunciato) dell’elefantino al Senato e soprattutto danno sostanza a un incubo del Tycoon: diventare una lame duck, un’anatra zoppa, alle prese con il perenne ostruzionismo delle opposizioni al Congresso. È successo a molti dei suoi predecessori alla Casa Bianca. Succederà di nuovo martedì? Formiche.net ne ha parlato con Sandra Yamin Namoos, senior analyst dell’Eurasia Group.

I sondaggi parlano di un vantaggio clamoroso dei democratici alla Camera. Sono cifre esagerate?

Ci sono pochi dubbi sulla vittoria dei democratici alla Camera. La vera questione è capire quanti seggi avranno in più rispetto ai repubblicani. I primi sondaggi davano l’80% di chances ai democratici, perfino quelli pubblicati dal Gop parlano di un 60%.

Che impatto avranno gli scandali che recentemente hanno occupato le prime pagine di giornali e tv? Penso alla nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, o alla carovana di migranti in marcia dal Guatemala in direzione del confine Sud…

Se c’è una cosa che la storia delle midterms ci ha insegnato è che per la maggior parte si tratta di elezioni locali. Quest’anno la musica è cambiata, i temi nazionali hanno la meglio sulle problematiche legate ai singoli Stati. A dirla tutta queste midterm sono un referendum su Trump. Lui stesso le sta trasformando in un giudizio sulla sua amministrazione. È qualcosa che non ha precedenti.

Il partito repubblicano sembra saldamente schierato con il presidente.

Non hanno molta scelta. Trump è così popolare nella base del partito che i repubblicani si trovano costretti a schierarsi con lui, anche su dossier, come l’immigrazione, su cui non mancano divergenze. Parecchi candidati dell’elefantino non approvano la risposta di Trump alla carovana di migranti in viaggio verso il confine, ma mancano pochi giorni alle elezioni e preferiscono rimanere in silenzio.

Nessuno ha da ridire sui 15.000 soldati inviati da Trump al confine?

Come ho detto credo che il silenzio dei repubblicani sia in parte dettato da convenienza. Sul Daca furono in molti ad alzare la voce nel partito esponendosi, ma era un anno fa e all’epoca nessuno poteva immaginare quanto la campagna delle elezioni di metà mandato sarebbe stata tarata sul presidente.

Il boom economico è un mantra per il presidente. La disoccupazione è ai minimi storici, le imprese sono tornate dall’estero. Questo avrà un impatto alle urne?

È vero, la crescita e l’occupazione hanno imboccato un trend positivo. Ma non sono questi i cavalli di battaglia di Trump per le elezioni del 6 novembre. Il presidente sta facendo campagna elettorale sul tema che più ha saputo capitalizzare alle presidenziali del 2016, l’immigrazione clandestina. È questo l’espediente più adatto a convincere gli indecisi e portare alle urne chi pensa di astenersi.

Quanto è cambiata in questi due anni la mappa elettorale del 2016

Difficile fare un confronto prima dei risultati. Di certo Trump sa di aver vinto con poco distacco nel 2016 e scorge in queste elezioni un test di prova nel 2020. Se i repubblicani riusciranno a mantenere il distacco o perfino ampliarlo lanceranno la sua candidatura alle nuove presidenziali.

La corsa dei governatori riserverà sorprese?

Vale lo stesso discorso per le elezioni del Congresso. Quest’anno i governatori corrono facendo campagna non su quel che serve ai cittadini del loro Stato, ma su quello che è popolare per la base elettorale pro e anti-Trump.

Con una maggioranza dei democratici alla Camera Trump è condannato a diventare un’ “anatra zoppa”?

I giochi si faranno difficili. Faticherà a far passare riforme su cui a dire il vero già i repubblicani gli hanno dato filo da torcere in questi due anni. Una nuova riforma fiscale potrebbe essere la grande sacrificata con una Camera in mano ai democratici. Lo stesso ostruzionismo si verificherà in occasione di decreti su disastri ambientali, infrastrutture, immigrazione, per non parlare dell’Obama Care, che diventerà quasi intoccabile. Questo non vuol dire che un compromesso non si possa trovare. Sul budget federale, e in parte anche sul Daca, Trump è già riuscito a scendere a patti con i democratici.

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Trump alle prese con le midterms. Ribaltone o anatra zoppa?

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