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A questo punto la Russia è costretta ad “applicare misure drastiche”, ha detto il senatore Franz Klintsevich, membro piuttosto loquace del comitato del Consiglio della Federazione per la difesa e sicurezza, a proposito della decisione del Servizio di frontiera ucraino che ieri ha fermato ai porti di Berdyansk e Mariupol il transito sul Mar d’Azov di 15 navi (l’agenzia di sicurezza ucraina non ha specificato il paese di origine e il nome delle navi e dei membri dell’equipaggio, ma visto la reazione di Mosca…).

Klintsevich è addirittura arrivato a ipotizzare che il bacino che da Rostov sul Don scende fino alla Crimea, costeggiando per metà la Russia e per l’altra l’Ucraina, potrebbe essere chiuso al transito per le navi battenti bandiera bicolore giallo-celeste: potremmo farlo “in pochi minuti”, dice. Per i russi l’unico motivo del blocco imposto dalle autorità ucraine è lo scalo precedente fatto da quelle navi: la Crimea, la penisola ucraina occupata e annessa dalla Russia attraverso un referendum non riconosciuto internazionalmente, che è motivo della disputa territoriale e del pattern di misure rigide adottate da Europa e Stati Uniti contro Mosca.

Lo stretto mare di Azov è da tempo oggetto di schermaglie tra i due paesi: a inizio ottobre Kiev aveva annunciato l’inizio di esercitazioni tra quelle acque per mostrare presenza e creare dissuasione, davanti a una Russia che vuole utilizzarle in modo egemonico. Nel confronto geopolitico tra Russia e Ucraina, oltre alla Crimea e al Donbass, il bacino è uno dei territori caldi da seguire.

Oggi, anche Dmitri Peskov, voce del presidente Putin, ha parlato del dossier in una teleconferenza con i giornalisti, annunciando la possibilità che “misure concrete vengano adottate dalla Russia […] per proteggere i traffici marittimi” nel Mar d’Azov. Mosca considera questi controlli ucraini “terrorismo marittimo”, mentre Kiev sostiene che sono misure necessarie per tutelare la propria sicurezza nazionale, dato che le navi russe arrivano in Crimea senza autorizzazione (i russi sostanzialmente dicono che non è necessaria perché la penisola è loro territorio sovrano).

Venerdì scorso, la situazione nel Mar d’Azov è stata anche al centro dei colloqui tra con il presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, Rasa Juknevičienė, e il presidente del parlamento ucraino, Andriy Parubiy; incontro a cui ha partecipato anche il comandante delle forze armate di Kiev, Serhiy Nayev.

L’Ucraina ha parlato anche con l’Unione Europa della possibilità di sanzionare la Russia per le sue attività nel bacino: gli ucraini denunciano che le chiusure imposte alle rotte commerciali hanno prodotto all’economia di Kiev danni importanti. Al Parlamento europeo è stata anche presentata, il 25 ottobre, una risoluzione comune firmata dai cinque maggiori gruppi politici del parlamento: il Partito popolare europeo, i Socialisti e Democratici, i Conservatori e Riformisti europei, i Verdi e l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali.

Tra l’altro, la risoluzione approvata a Strasburgo chiede anche la nomina di un inviato speciale dell’UE per la Crimea e il Donbas, con responsabilità per il Mar d’Azov. Inoltre viene invitata la Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini,  a seguire più da vicino l’evoluzione della situazione della sicurezza nel bacino, “dato il suo crescente potenziale di conflitto alle porte dell’Europa, che potrebbe avere implicazioni di sicurezza più ampie che riguardano direttamente l’Unione europea e i suoi Stati membri”. Ulteriore proposta: allargare la missione dell’Osce anche al monitoraggio dello specchio d’acqua.

La preoccupazione europea riguarda il dispiegamento di navi russe, spostate nei mesi passati dal Mar Caspio verso lo stretto di Kerch, dove il territorio della Federazione russa tocca – attraverso un ponte, che secondo il parlamento europeo è stato costruito illegalmente – la penisola occupata della Crimea e chiude fisicamente il Mar d’Azov. Il dispiegamento militare russo dà forza di supremazia a Mosca. “Il Parlamento europeo si rammarica che il Mar d’Azov sia diventato una nuova dimensione marittima delle bellicose azioni russe contro l’Ucraina”, si legge nella risoluzione.

Bruxelles parla anche della possibilità che il bacino diventi “un lago all’interno della Russia” e che il Cremlino possa ordinare lo sfruttamento dei giacimenti petrolio e gas che vi insistono escludendo Kiev dall’utilizzo in comune delle rotte. Secondo un report della Jamestown Foundation pubblicato a maggio, lo spostamento delle navi della flottiglia del Caspio nell’area di Azov potrebbe permettere a Mosca “di sfruttare queste risorse militari aggiuntive per cercare di impadronirsi di un territorio più ucraino, incluso per assicurare finalmente un ponte terrestre in Crimea”.

(Foto: Il porto di Mariupol)

 

Schermaglie nel Mar d'Azov. Continua lo scontro tra Russia e Ucraina

A questo punto la Russia è costretta ad "applicare misure drastiche", ha detto il senatore Franz Klintsevich, membro piuttosto loquace del comitato del Consiglio della Federazione per la difesa e sicurezza, a proposito della decisione del Servizio di frontiera ucraino che ieri ha fermato ai porti di Berdyansk e Mariupol il transito sul Mar d'Azov di 15 navi (l'agenzia di sicurezza ucraina…

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