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Il 29 settembre si è aperta a Kyiv la prima edizione dell’International Defense Industries Forum, una kermesse organizzata dal governo ucraino con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra il Paese attualmente in guerra con la Russia e le grandi aziende di armamenti occidentali, il cui output risulta necessario all’Ucraina per riuscire a portare avanti i propri sforzi difensivi. Un evento che ha attirato l’attenzione di molti esponenti del settore: rappresentanti di più di 250 aziende provenienti da più di 30 Paesi si sono recati nella capitale ucraina per partecipare al forum, spesso accompagnati da esponenti politici legati ai vari dicasteri della Difesa o degli Esteri. Queste personalità hanno avuto modo, durante il forum, di rapportarsi direttamente con i rappresentanti ucraini per firmare contratti senza passare attraverso i governi occidentali, esplorare opportunità di produzione congiunta e fornire input specifici legati alle loro esigenze sul campo nella lotta contro l’invasore.

E le parole si sono già trasformate in fatti. Questa settimana, “l’Ufficio per i cartelli” della Germania ha dato il suo nulla osta a una proposta di joint venture tra il gigante della produzione bellica tedesca Rheinmetall e l’Ukrainian Defense Industry (un polo produttivo della difesa controllato dal governo di Kyiv); mentre il ministro delle Forze Armate francese Sébastien Lecornu si è recato alla kermesse di Kyiv per promuovere la collaborazione tra il governo ucraino e le industrie francesi della difesa presenti in loco. Altri attori avevano già mosso passi in questa direzione: già a fine agosto la britannica Bae Systems aveva firmato un contratto per installare un impianto produttivo di pezzi d’artiglieria da 105 mm, assieme al munizionamento specifico, in territorio ucraino.

Le parole pronunciate dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un comunicato diffuso all’interno del Forum, danno un’idea della prospettiva ucraina in questo senso: “Questo è il momento e il luogo giusto per creare un grande polo militare. L’Ucraina è pronta a offrire condizioni speciali alle aziende disposte a sviluppare la produzione di difesa insieme al nostro Paese”. Un forte impegno verso la causa, che trova spiegazione in molteplici fattori.

In primis quello politico. Il recente scontro sul grano con Varsavia, considerata da Kyiv come una dei suoi alleati più stretti, assieme al ‘raffreddamento’ in corso negli Stati Uniti sono solo gli ultimi esempi di come la competizione elettorale nei paesi che sostengono l’Ucraina vada a influenzare profondamente le stesse dinamiche di sostegno. La costruzione di impianti di produzione e manutenzione di materiale militare sul suolo ucraino permetterebbe di bypassare la fase di intermediazione condotta con i governi stranieri, rendendo così il processo di acquisizione molto meno suscettibile alla volatilità elettorale.

Vi sono poi aspetti puramente militari. Negli ultimi tempi i segnali che arrivano da ambo le parti coinvolte sembrano indicare che il conflitto in corso non troverà una soluzione nel breve periodo, e che i combattimenti si protrarranno ancora per un periodo di tempo indefinito. Tuttavia, le scorte di materiale militare del blocco euroatlantico (e soprattutto della componente europea del blocco) si stanno deteriorando a una velocità di livello pericolosamente alto: le necessità di autotutela impediscono quindi a questi Paesi di continuare a inviare stock di munizioni a Kyiv, dovendo accumularle all’interno dei propri arsenali. “Non possiamo continuare a sottrarre risorse alle nostre forze armate all’infinito, altrimenti danneggeremo le nostre capacità di difesa e i livelli di addestramento delle nostre truppe”, ha detto Lecornu al ritorno dal forum. L’apertura di nuovi impianti produttivi permetterebbe di incrementare l’output, riuscendo così a rifornire l’esercito ucraino delle preziose munizioni senza andare ad intaccare le scorte straniere in fase di ricostituzione.

Inoltre, l’arrivo delle aziende belliche occidentali in Ucraina avvicinerebbe ulteriormente Kyiv tanto all’Ue quanto alla Nato. La produzione di materiale bellico ‘occidentale’ continuerà a spingere le forze armate ucraine lungo il percorso di integrazione de facto all’interno della struttura militare dell’Alleanza Atlantica, a cui Kyiv dovrà però affiancare una profonda revisione dell’aspetto dottrinario e organizzativo; allo stesso tempo, l’arrivo di nuovi impianti industriali garantirà l’afflusso in Ucraina di nuovi investimenti, e la nascita di nuovi posti di lavoro, migliorando la situazione socio-economica del Paese travolto dal conflitto e avvicinando (anche se di poco) agli standard europei.

Non è solo Kyiv, però, a essere interessato all’opportunità di creare un “hub dell’industria della Difesa” in Ucraina. L’apertura di nuovi siti di produzione in Ucraina non garantirebbe solo maggiori entrare alle industrie del settore, ma permetterebbe loro di collaborare direttamente con le forze armate ucraine, le quali sono impegnate in un conflitto ad alta intensità come non se ne vedevano da decenni. Tramite lo studio delle operazioni e delle necessità dell’apparato della difesa di Kyiv, il mondo industriale potrebbe ottenere informazioni ‘vitali’ per prevedere i trend del futuro ad adattarsi ad essi prima che lo facciano altri competitor. Un vantaggio che andrebbe a pesare sul piano internazionale, soprattutto nei confronti di attori come la Repubblica Popolare Cinese, dove la tecnologia continua a rimanere un terreno di scontro di primissimo livello.

Perché Zelensky vuole rendere l’Ucraina un hub dell’industria militare

Via all’International Defense Industries Forum, kermesse organizzata dal governo di Kyiv per rafforzare la cooperazione con le grandi aziende di armamenti occidentali. L’avvicinamento a Ue e Nato continua

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