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“Prima di diventare Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger crebbe tedesco, forse ancor di più bavarese”, ma “gli attraversamenti di frontiera caratterizzano la sua vita, sempre sullo sfondo dell’orizzonte infinito della cattolicità. Dunque sin dalla sua fanciullezza, la sua patria politica fu rappresentata non da frontiere, ma dall’Occidente nella sua interezza, perfino nei giorni in cui la furia scatenata del totalitarismo tentò di precipitare il nostro continente nell’abisso. Così non c’è da meravigliarsi che ben presto l’Europa divenne la passione politica del giovane studioso”.

È intimo e cristallino il ritratto che emerge dalle parole di Mons. Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario personale del Papa emerito Benedetto XVI, durante la presentazione a Roma, a Palazzo Vecchio, del volume che raccoglie diversi testi e discorsi del pontefice emerito a proposito del rapporto tra fede e politica, edito da Cantagalli e intitolato “Liberare la libertà”. Lo è specialmente quando parla di Benedetto XVI e del suo pensiero sulla libertà, del suo interesse acceso fin dalla gioventù per la politica, e della sua passione per la verità, concetto pregnante di buona parte dell’imponente produzione letteraria del teologo bavarese, successivamente divenuto pontefice.

IL LIBRO “LIBERARE LA LIBERTÀ” EDITO DA CANTAGALLI

Il libro però, oltre a contenere un testo inedito inviato da Ratzinger a Marcello Pera, inizia con una prefazione scritta da Papa Francesco, in cui l’attuale pontefice ribadisce in pieno la tesi dell’emerito in cui si asserisce che “lo Stato non è la totalità dell’esistenza umana e non abbraccia tutta la speranza umana”, che “l’uomo e la sua speranza vanno oltre la realtà dello Stato e oltre la sfera dell’azione politica”, e che “ciò vale non solo per uno Stato che si chiama Babilonia, ma per ogni genere di Stato”. Ricordando in questo modo che Ratzinger “elabora e propone una visione cristiana dei diritti umani capace di mettere in discussione a livello teorico e pratico la pretesa totalitaria dello Stato marxista e dell’ideologia atea sulla quale si fondava”, e mettendo in risalto la sua “profondità teologica e insieme immediata accessibilità che sono proprie del pastore autentico”. Le note delle pagine che seguono sono perciò chiare e disinvolte nel ribadire, con fermezza, una tesi spesso non scontata e che si inserisce a pieno nel dibattito politico moderno e contemporaneo.

Ricordando infatti “il profondo contrasto”, nota Bergoglio nella prefazione citando le parole di Ratzinger, della “pretesa marxista di collocare il cielo sulla terra, la redenzione dell’uomo nell’aldiquà”, si capisce che “oggi, più che mai, si ripropone la medesima tentazione del rifiuto di ogni dipendenza dall’amore che non sia l’amore dell’uomo per il proprio ego, per l’io e le sue voglie”, espressione quest’ultima nota e cara a Benedetto XVI. Di conseguenza, prosegue Francesco ribadendo un concetto più volte espresso nei suoi discorsi pubblici e nella sua predicazione, ciò che si ripropone è “il pericolo della colonizzazione delle coscienze da parte di una ideologia che nega la certezza di fondo per cui l’uomo esiste come maschio e femmina ai quali è assegnato il compito della trasmissione della vita; quell’ideologia che arriva alla produzione pianificata e razionale di esseri umani e che – magari per qualche fine considerato ‘buono’ – arriva a ritenere logico e lecito eliminare quello che non si considera più creato, donato, concepito e generato ma fatto da noi stessi”.

L’INTERVENTO DI MONS. GEORG GANSWEIN E IL PENSIERO DI BENEDETTO XVI

I toni sono quindi eloquenti, e mettendo in fila i pensieri dei due pontefici si avverte una chiara sintonia che non sempre viene rimarcata tra gli osservatori. “Come ben presto riconobbe Joseph Ratzinger, il Dio di Giacobbe era stato conosciuto non come il Dio che si adira, ma innanzitutto come colui che ama, che non costringe gli uomini, ma che cerca di conquistarli”, ha così approfondito il segretario personale di Benedetto XVI nel suo discorso in occasione della presentazione del libro. “Solo qui, solo in questo spazio culturale fu perciò scoperta, sviluppata e difesa quell’imparagonabile libertà del cristiano della quale parlò Lutero 500 anni fa e che già mille anni prima aveva animato San Colombano: quella consapevolezza per cui Si tollis libertatem, tollis dignitatem” , ha chiosato il monsignore tedesco. Spiegando poi che “come uomo, pensatore e docente”, Ratzinger “maturò in certo qual modo nell’epoca cattolica del dopoguerra: nel tempo in cui Erich Przywara, il maestro di Josef Pieper, concepiva il suo ‘L’idea d’Europa’, e quando Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi si assunsero il rischio di intraprendere una rifondazione dell’Europa dalle sue rovine, ovvero dell’eredità dell’Occidente carolingio”.

Così, ha affermato ancora l’alto prelato, “fu in questo tempo che il giovane homo historicus Joseph Ratzinger, ben presto estremamente colto, quasi naturalmente divenne homo politicus. La sua idea più politica già allora venne a coincidere con il concetto teologico più importante del giovane sacerdote: ovvero la verità, che più tardi egli inserì nel motto del suo stemma arcivescovile”. Perciò, ha concluso Ganswein, “cercare la verità e battersi per essa divenne così il filo rosso della vita di Joseph Ratzinger e di Benedetto XVI perché, di questo egli è convinto: essa non è una verità che si possa avere o possedere, ma alla quale ci si può unicamente avvicinare. Infatti, per la fede dei cristiani e conformemente alla loro comprensione della verità, essa è divenuta persona in Gesù Cristo, nel quale Dio ha mostrato il suo volto”.

LE PAROLE DELLA PRESIDENTE DEL SENATO MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI

Oltre al religioso, la presentazione è poi ricca di densi e articolati interventi.“Il rapporto tra religione e Stato da un lato e fede e politica dall’altro gravita attorno a una polarizzazione che nell’età moderna si è fermata alla distinzione tra dogma e storia, nella tradizione del diritto romano tale distinzione non esisteva”, ha ad esempio aggiunto la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, defilata per qualche ora dai problemi di formazione del nuovo governo. Focalizzandosi infatti su una lente prettamente giuridica, Casellati ha inquadrato il testo con i discorsi di Ratzinger partendo da una visione storica per ancorarsi alla realtà odierna. “La scissione tra dogma e Storia assente nella tradizione del diritto romano ha invece assunto i tratti di una vera e propria ideologia in epoca moderna e ha trovato espressione marcata nell’idea di positivismo giuridico che ha marcato fino ai nostri giorni la riflessione dei giuristi”, ha spiegato. Mentre la riflessione di Benedetto XVI “supera la logica della scissione tra segmentazione dei saperi e delle esperienze dimostrando come dogma e storia non si collochino al di fuori della realtà”, ha proseguito.

Perciò Ratzinger, ha affermato ancora Casellati, “rivela come la logica della scissione oltre a essere fallace si rivela incoerente. Dogma e storia non sono scindibili cosi come è fuorviante ridurre l’uomo ad essere considerato, in modo parziale, semplicemente oggetto o soggetto di diritto. L’auctoritas dello Stato contrapposta alla libertas dell’individuo nega il fondamento del diritto come giustizia mentre il riconoscimento della persona come limite dell’azione pubblica diventa la legittimità dell’istituzione e più in generale degli ordinamenti giuridici”. E se “per Paolo VI il mondo soffre per mancanza di pensiero”, ha concluso la presidente del Senato, “è proprio la porta della cultura che Benedetto XVI offre a ciascuno di noi per non restare chiusi nell’angustia di un pensiero né forte né debole ma semplicemente autoreferenziale”, in quanto “la cultura è la via maestra per rendere la libertà strumento di giustizia”.

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO TAJANI 

A far quadrare il cerchio degli interventi è stato infine il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che senza incertezze ha subito richiamato il fatto che “il riferimento a radici cristiane nella costituzione europea è una ragione storica, ed emerge nei testi dì Ratzinger quale è la vera identità europea”, e che “la stessa bandiera dimostra le nostre radici cristiane”. Così “tutto il libro ci spinge perciò a riflettere sulla nostra identità”, ha chiosato Tajani. “Non si può fare politica se non esistono i valori, non esiste l’Europa se non ci sono valori. Quelli su cui si fonda la civiltà europea sono quelli del cristianesimo e dell’umanesimo, del diritto naturale, che regolano le nostre norme e pongono dei limiti al potere dello Stato, e che mettono in risalto il filo conduttore, formato da una parola: libertà. Che per i greci era territoriale, poi con i secoli è arrivata la libertà dell’uomo, mentre in seguito con il cristianesimo ha avuto un significato ben più ampio”. Questo per affermare che “anche la democrazia ha i suoi limiti e quando non è ispirata al diritto naturale si possono commettere errori”.

Il punto che emerge in sintonia con gli scritti dei due pontefici e ribadito dal presidente del Parlamento europeo è quindi che “con il cristianesimo lo stato è uno strumento che ha dei limiti, che è a servizio dell’uomo, e non è il tutto. Solo le dittature lo credono. Nazionalsocialismo e comunismo sono due facce della stessa medaglia, figlie di un materialismo biologico e storico, che cancellano ogni forma etica e considera legittimo tutto ciò che fa il bene non dell’uomo ma del regime”. Tesi, la prima delle due, dimostrata dal fatto, per esempio, che “sulla base del Dio creatore eguaglianza diritti umani siamo l’unico continente al mondo dove non esiste la pena di morte”. Per questo Tajani ha concluso spiegando che “è tutta la civiltà europea che scorre nelle parole di papa Ratzinger”, e che “se vogliamo guardare in un momento di grande difficoltà con più ottimismo nel futuro, non possiamo che ricominciare dai valori”. Un programma ben chiaro, a sentire gli interventi politici, e una visione di insieme, che attende solamente concretezza e passi in avanti.

Ratzinger e Bergoglio insieme. Per respingere ideologia atea e totalitaria

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