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Non è un fulmine al ciel sereno, perché dei segnali c’erano già stati, ma certo le parole del vice premier Luigi Di Maio sulle spese militari sorprendo e preoccupano esperti e addetti ai lavori. Ancora una volta, la difesa sembra essere destinata a essere un bancomat per le manovre dell’esecutivo, e non un occasione di investimento in crescita e tecnologie all’avanguardia. In ballo non ci sono solo risorse economiche, ma posti di lavoro, credibilità del Paese in ambito nazionale e (soprattutto) la capacità delle Forze armate di assolvere ai propri compiti. Commentando il Documento di economia e finanza, il ministro dello Sviluppo economico ha parlato di “una manovra del popolo anche per i tagli alla spesa militare inutile”, annunciando “spese per armamenti che andavano ridotte e cominciamo a ridurre”, senza però fornire altri dettagli.

IL COMMENTO DI TRICARICO

“Spero che i velivoli per le Frecce tricolori non siano considerate dal ministro una spesa inutile, perché quello del successore dell’attuale velivolo utilizzato dalla Pattuglia acrobatica nazionale, che ormai ha il fiato corto, è uno dei programmi al palo presso il ministro dello Sviluppo economico”, ha commentato il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica. “Tra tutti i programmi finanziati da quel ministero – ha aggiunto – sarei curioso di sapere quali sono ‘inutili’, perché francamente, non mi sembra che questo sia un modo di intervenire se non andando a incidere sui programmi che rappresentato la continuità della capacità operativa del nostro strumento militare”.

IL RISCHIO DI UN COLPO MORTALE ALLE PMI

Inoltre, ha rimarcato il generale, “è bene che il ministro, oltre a avere contezza dell’utilità e della necessità dei sistemi su i quali si accinge a intervenire, faccia un’attenta valutazione sulle ricadute sull’industria del comparto, soprattutto per quelle realtà, piccole e medie (che sono la maggioranza), per le quali ogni colpo può essere mortale”.

I PROGRAMMI IN BALLO

L’uscita di Di Maio non ha riferimenti a programmi specifici. Probabile che il numero uno del Mise parli di F-35, per cui è in corso una “valutazione tecnica” e su cui si è espresso ieri anche il premier Giuseppe Conte. Probabile che faccia riferimento anche al programma Camm-Er, destinato (almeno fino ad ora) ad essere il pilastro della difesa missilistica nazionale dopo il 2020, quando gli Aspide non saranno più operativi. Su questo secondo aspetto il Corriere della Sera aveva riportato lo strappo con il ministro Elisabetta Trenta, che ad agosto ha presentato al Parlamento lo Schema di decreto per un programma su cui sono già stati fatti investimenti e presi impegni a livello internazionale. In linea generale, ha detto Tricarico, “non so a quali programmi faccia riferimento il vice premier, ma certamente ci sono tutte e tre le Forze armate coinvolte: la Marina, con le fregate Fremm, contestualizzate nella legge navale; l’Esercito con i blindati, la cui utilità non sfugge ad alcuno ed è intuitiva, attenendo direttamente all’incolumità dei nostri soldati operanti in teatri operativi ad alto rischio; senza parlare poi dell’Aeronautica e dei programma giacenti in attesa di finanziamento presso il Mise”.

I NUMERI DEL COMPARTO

Parole che pesano, quelle di Di Maio, e che si rivolgo a un comparto che vale (secondo i più recenti studi) 13,5 miliardi di euro all’anno di fatturato e conta 45mila occupati diretti, che arrivano a 160mila considerando anche gli indiretti e l’indotto.

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Le spese per la difesa non sono inutili. Parola del generale Tricarico

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