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Anche se l’Iran non figura nell’agenda del vertice e le chiare prese di posizione europee del mese scorso, a seguito del ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul programma nucleare (JCPoA), da parte dei capi di Stato e di governo riuniti a Sofia e dei ministri degli Esteri riuniti a Bruxelles, non renderebbero forse necessario un nuovo dibattito, è tuttavia probabile che, nella discussione serale sulle questioni commerciali e, più in generale, sulle relazioni transatlantiche, il Consiglio Europeo affronterà il tema del futuro del JCPoA per confermare la determinazione della Ue a fare quanto in suo potere per assicurarne la sopravvivenza, fino a quando anche l’Iran continuerà a rispettarlo.

Il sistema produttivo europeo, compreso quello italiano, che è in gran parte rivolto all’esportazione, deve far fronte agli ostacoli (in termini di costi aggiuntivi e di opportunità perse) posti al commercio e all’accesso ai mercati dalle iniziative unilaterali del Presidente Trump e più in generale dall’imprevedibilità generale quanto al futuro generata dall’Amministrazione americana. L’Europa paga il prezzo di una sua insufficiente o inesistente sovranità economica. Per cui il tema del JCPoA non riguarda solo l’Iran e la non proliferazione, ma riguarda anche noi stessi.

La Commissione europea ha ricevuto il mandato di agire a tutela degli interessi e delle aziende europee, tra cui in prima fila vi sono società italiane, tedesche e francesi, che si erano affacciate sul mercato iraniano a seguito dell’entrata in vigore del JCPoA e che nei prossimi mesi potrebbero essere colpite dall’applicazione extraterritoriale delle sanzioni secondarie americane.

Ovviamente non si tratta solo di tutelare interessi economici e commerciali. C’è ben altro in gioco per la Ue. In primo luogo la sicurezza della regione mediorientale (compreso Israele) e dell’Europa, che sarebbe compromessa dall’eventuale venire meno dell’accordo il cui obiettivo è di evitare che l’Iran sviluppi l’arma nucleare e che prevede il regime di ispezioni internazionali più intrusivo mai creato (per la cui vigenza non sono previsti limiti temporali), ma anche la tutela di un sistema multilaterale basato sulle regole, sul diritto e sui principi internazionali, cruciale per un sistema aperto come quello europeo.

La linea UE sull’Iran non è contro nessuno. Non contro Israele, la cui sicurezza è meglio garantita oggi dal JCPoA, e le cui fondate preoccupazioni per la presenza iraniana in Siria vanno affrontate col dialogo. Non contro gli Usa, che rimangono un partner e un alleato indispensabile con cui è necessario dialogare, sull’Iran come sui numerosi altri temi dell’agenda transatlantica, nonostante i dossier sui cui Trump ha voluto prendere le distanze dagli alleati europei. Il dialogo con gli Usa è anche elemento centrale per mantenere la coesione dei 28 sulla politica nei confronti di Teheran.

L’Europa ha mostrato unità e coesione su questo tema. È suo e nostro interesse confermare la determinazione a preservare il JCPoA, perché dobbiamo rafforzare la nostra sovranità e promuovere i nostri interessi globali e regionali.

Ciò significa fra l’altro promuovere una visione della gestione delle crisi basata sull’assunto che ciò di cui c’è bisogno in Medio Oriente e nei rapporti con Teheran, come anche nei rapporti con la Russia, è più dialogo e non più sanzioni. E questo non solo perché la regione già soffre di un eccesso di pressioni, sanzioni e minacce militari – e sono in vigore sanzioni Ue nei confronti dell’Iran (per la situazione dei diritti umani, in materia di armamenti e non proliferazione, per il ruolo in Siria) – ma anche perchè l’esperienza insegna che l’Iran è piuttosto resistente alle pressioni esterne e che queste favoriscono gli elementi più radicali nel paese e indeboliscono quelli moderati.

Il dialogo con Teheran è necessario per affrontare quelle questioni, che non rilevano dall’accordo nucleare, ma che sono al centro delle preoccupazioni europee e internazionali: il ruolo dell’Iran nelle crisi regionali, il suo programma missilistico, come pure la situazione dei diritti umani. L’Italia ha avviato da tempo un dialogo bilaterale di esperti sui diritti umani. Di recente è entrata a fare parte del nuovo formato di dialogo con l’Iran dedicato alle crisi regionali cui, insieme al Seae, partecipano gli E4 (Francia, Germania, Italia e Regno Unito).

Con l’uscita degli Stati Uniti dal JCPoA, sulla Ue ricade, insieme a Russia e Cina, e col sostegno di gran parte della comunità internazionale, a cominciare dalle altre grandi economie asiatiche, l’onere di mantenere i benefici economici previsti dall’accordo quale necessaria contropartita alle pesanti limitazioni imposte al programma nucleare iraniano. Al di là delle prime misure già messe in cantiere dalla Ue, il futuro dell’accordo si giocherà anche sulla capacità di mettere in atto dei dispositivi che possano proteggere banche e aziende europee dalle sanzioni secondarie americane, un’attività che richiederà una forte coesione a 28, un dialogo con Washington e la capacità di “think out of the box” per fornire agli operatori economici e bancari europei le rassicurazioni che questi si attendono.

In materia di politica estera, il contratto che è alla base del programma del nuovo Governo italiano contiene alcune indicazioni sulle crisi nel Mediterraneo e sui rapporti con la Russia. Quelle stesse indicazioni valgono nel caso dell’Iran e del JCPoA. D’altra parte non è un caso se l’Italia aveva identificato da tempo nella Russia e nell’Iran due attori coi quali il dialogo è necessario sia nella lotta al terrorismo che al fine della risoluzione delle crisi regionali. La credibilità della linea di politica estera del governo dipenderà anche dalla sua coerenza su questi temi.

(Articolo pubblicato sul sito dell’Ispi)

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Di Luca Giansanti

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