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Si aggiunge di un’altra puntata la vicenda dell’abbattimento del jet russo sui cieli siriani della scorsa settimana. Una diatriba che assume sempre più i contorni di un duro botta e risposta con Israele. Mosca, infatti, consegnerà nelle prossime due settimane alle Forze armate siriane il sistema missilistico di difesa aerea S-300. Sergej Shoigu, ministro della Difesa russo ha specificato, annunciando la notizia, che nelle zone circostanti della Siria, sulle acque del Mediterraneo, saranno attivi anche mezzi elettronici per disattivare la navigazione satellitare dei sistemi radar e di comunicazione di bordo dei mezzi di attacco contro il territorio siriano.

Misure che, riferisce sempre Shoigu, sono la conseguenza del raid israeliano su obiettivi nell’area della base aerea russa di Khmeimim, nella provincia di Latakia. Dunque, nelle parole del ministro russo appare chiara l’accusa a Israele per quanto riguarda quello che è avvenuto la scorsa settimana scorsa. L’ipotesi formulata da Mosca sarebbe, dunque, che gli F-16 di Netanyahu abbiano posto sotto il fuoco siriano il jet che poi è stato abbattuto. “Siamo convinti che l’attuazione di queste misure possa raffreddare le ‘teste calde’ e scoraggiare azioni irragionevoli che minacciano i nostri militari. Altrimenti dovremo rispondere in conformità con la situazione attuale”, ha dichiarato il capo della Difesa.

Se subito dopo il fatto, Israele e il suo primo ministro si erano affrettati a mettersi in contatto con le autorità russe e con il presidente Vladimir Putin per sottolineare la loro estraneità ai fatti, offrendo supporto e vicinanza, ora il gesto di Mosca torna a marcare con decisione il divario tra i due Paesi. Il trasferimento dei sistemi S-300, in grado di intercettare mezzi di attacco aereo a distanze superiori a 250 chilometri e nello stesso tempo colpire diversi bersagli aerei, assume i tratti inconfondibili della rappresaglia nei confronti di Israele. Sempre il ministro Shoigu ha ricordato come le consegne del sistema di difesa erano state in realtà già sospese nel 3013, quando erano già pronte per il trasferimento. E questo per venire incontro alle esigenze della parte israeliana. “Oggi la situazione è cambiata. E non per colpa nostra”, ha aggiunto il ministro russo.

Inoltre, il 20 settembre una delegazione delle Forze di difesa israeliane, guidate dal generale Amikam Norkin, si era recata a Mosca per porre le basi di un dialogo “trasparente”. Colloqui che, secondo il comunicato ufficiale sono “avvenuti in un’atmosfera positiva e tutti i rappresentanti si sono impegnati in un dialogo professionale, aperto e trasparente su varie questioni. Entrambe le parti hanno sottolineato l’importanza degli interessi degli Stati e della prosecuzione del sistema di de-conflitto” in Siria.

In ogni caso, la ragione di cui Mosca, che ha ufficialmente aperto una crisi diplomatica con Israele, si avvale per portare a compimento questa “fornitura speciale” a Damasco, è la garanzia che l’S-300 fornisce alla gestione e “all’identificazione di tutti gli aerei russi da parte dei mezzi di difesa aerea siriana”. Putin, d’altra parte con questa decisione non lascia spazio ai dubbi, pur specificando che “gli aerei israeliani non hanno abbattuto i nostri”, e evidenziando che “l’abbattimento dell’Il-20 non è paragonabile con quello del Su-24 da parte dell’aviazione turca nel 2015: in questo caso si è trattato di una catena di tragiche circostanze accidentali”.

Intanto il leader russo ha anche sentito telefonicamente Bashar al Assad per definire in maniera più precisa l’accordo sull’istituzione di una zona demilitarizzata nella provincia di Idlib, già raggiunto nei scorsi giorni in una bilaterale tra Mosca e Ankara. La stabilizzazione del Paese, che continua comunque a vivere momenti di costante paura e tensione, resta comunque prioritaria.

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