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Invece di inondare i social con milioni di parole a vanvera, dovremmo cogliere il senso profondo della piccola vicenda degli agenti della dogana francese e del loro “sconfinamento” a Bardonecchia. E dovremmo anche sforzarci di guardare oltre la cronaca, in particolare oltre quella giudiziaria.

L’episodio, infatti, non è minimamente rilevante né per i suoi aspetti penali (semmai verrano dimostrati fra diversi anni) né per quelli di presunta violazione della sovranità nazionale, che è concetto bolso, retorico e clamorosamente anacronistico.

Il fatto è invece assai significativo per diversi motivi che ora cercherò di mettere in evidenza, motivi che mi inducono a pensare che i poliziotti francesi hanno fatto bene e che noi dovremmo incoraggiarli a comportarsi così, esattamente come dovremmo pretendere di poter fare lo stesso in territorio francese.

In primo luogo approvo il comportamento di quegli agenti perché essi appartengono ad un corpo di polizia di un Paese dell’Unione Europea, quindi sono anche una “mia” polizia. La pretesa di fare l’Europa facendo finta di non farla o peggio limitandola agli aspetti monetari e finanziari si sta non a caso rivelando sommamente impopolare, mentre invece avremmo buoni motivi per mettere a fattor comune molti servizi, tra cui quelli di intelligence e di polizia.

Oggi il crimine utilizza con disinvoltura assoluta tutte le pieghe della globalizzazione ed è quindi logico e decisivo per l’Europa rispondere con la stessa moneta: ecco perché i paesi Ue dovrebbero decidere una volta per tutte di dotare il continente di una formidabile ed unificata polizia capace di agire in tutti gli Stati membri, esattamente come accade negli Usa con l’Fbi.

In secondo luogo va detto che la Francia di Macron mette l’Italia con le spalle al muro sul piano politico, perché Parigi ha scelto la linea dura contro l’immigrazione illegale e tutti i traffici che si porta dietro. Macron sta cioè facendo esattamente quello di cui Salvini ha parlato ogni giorno in campagna elettorale: ecco perché risultano incomprensibili gli strilli del leader della Lega, che invece avrebbe molti motivi per plaudire alla sterzata del presidente francese.

Infine questa storia ci obbliga a fare i conti con il tempo presente, quello in cui viviamo.

La tesi della violazione della sovranità nazionale perché cinque agenti hanno varcato la frontiera fa semplicemente tenerezza nel mondo della vita scandagliata in tempo reale da operatori (umani e non) che agiscono con server posizionati in tutti i continenti, nel mondo dei satelliti, delle carte di credito e dei social network, nel mondo delle guerre asimmetriche, dove eserciti, confini, trattati e così via sono diventati materia d’esclusivo interesse per i libri di storia.

Facciamola dunque questa grande nazione europea, esaltando le comunità (cui demandare ogni forma di autonomia) ma avendo cura di accettare la regola del nostro tempo: piccolo non è bello. E mettiamo sulle divise di tutti i poliziotti il distintivo Ue, così la smetteremo di pensare di essere ancora nel ‘900.

frontiere

Se i poliziotti francesi hanno ragione, il tempo delle frontiere è finito

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