Skip to main content

Appesi alle decisioni di Washington e in attesa dell’attacco. La crisi siriana, lungi dal trovare una sua soluzione, si sta avvitando sempre più. Le continue vittorie militari del regime di Damasco e dei suoi alleati iraniani e russi non sono servite a far finire il conflitto sul terreno, ma anzi hanno spinto a un maggior coinvolgimento diretto i diversi attori regionali e internazionali.

Certo, l’attacco chimico di questi giorni (negato da Assad), per la sua odiosa violenza, non poteva rimanere senza risposte. Ma sarebbe insultare l’intelligenza di noi tutti ritenere che l’ormai quasi certo e prossimo bombardamento statunitense (con il probabile concorso di Gran Bretagna e Francia) sia dovuto allo sdegno verso le morti civili. Perché in Siria sono morte centinaia di migliaia di persone in questi anni, e molte durante la recente offensiva di terra turca, senza che nessuno si sia stracciato le vesti.

La verità è molto più brutale nel suo realismo politico: gli Stati Uniti, nonostante l’ondivaga politica del suo presidente, non possono rinunciare completamente all’iniziativa diplomatica e militare. Soprattutto ora, in un contesto strategico regionale che vede i suoi due principali alleati, ossia Israele e Arabia Saudita, affiancati in una demonizzazione totale della Repubblica islamica dell’Iran e ossessionati dalle conseguenze negative derivanti dalla sconfitta delle milizie sunnite in Siria. Il vergognoso e irrazionale attacco chimico (sempre che venga effettivamente provato) offre l’opportunità per colpire il regime e soprattutto le milizie iraniane.

Il bombardamento sarà anche una risposta al recente accordo di Astana fra Turchia, Russia e Iran sulle zone di de-escalation. Accordo che l’Occidente non può recepire se non al prezzo di una evidente umiliazione diplomatica e geopolitica. Ma, ancora una volta, quanto sembra mancare agli Stati Uniti e all’Europa è una seria definizione delle priorità e degli obiettivi strategici. Colpire per fare cosa? Abbattere Assad? Impedire il radicamento delle milizie sciite nella Siria meridionale, pericolo che esaspera Israele? Rilanciare l’appoggio alle scompaginate milizie sunnite tanto care all’Arabia Saudita (anche se molte di queste milizie rappresentano il peggio della militanza radicale sunnita)? Lanciare dei messaggi e dei warnings a Turchia e Russia?

Francamente, non si capisce a quale obiettivo Trump stia mirando e verso quale strategia lo cerchino di spingere i suoi consiglieri, almeno non quelli avventuristi e dalle visioni estreme come Bolton. Perché la realtà delle dinamiche militari sul terreno è che il fronte filo Assad ha vinto la guerra civile; che la Turchia si è ricavata una sua zona di occupazione/influenza; che i sunniti hanno perso e che i curdi, sostenuti e incoraggiati dall’Occidente si trovano ora in un cul-de-sac strategico. Hanno ottenuto molto, ma sono ora premuti dalla Turchia, che li ha espulsi da Afrin, senza che le truppe speciali statunitensi potessero aiutarli.

Rimane infine difficilmente interpretabile la posizione francese, che si spera non sia solo il frutto di un attivismo fine a se stesso, come talora capita a Parigi. Inviare truppe nelle zone curde è un messaggio ad Ankara? Il rischio di un incidente o di una frizione fra Paesi Nato, per quanto remoto, non deve essere sottostimato: perché basta un errore, un’informazione sbagliata, un calcolo tattico controproducente per ufficializzare quanto non si vuole formalizzare, ossia che in Siria il principio di non contraddizione non esiste più da molto tempo. Laggiù l’alleato del mio alleato può benissimo essere il mio nemico, mentre il nemico del mio alleato può essere un utile amico. Se a livello diplomatico queste contraddizioni sono facilmente aggirabili, per una coalizione militare formale, che decide per consenso come la Nato, il rischio è invece molto più serio.

(CC BY 2.0)

Il cul de sac siriano, l'attivismo della Francia e il rischio di una frizione fra i Paesi della Nato. L'analisi di Redaelli

Appesi alle decisioni di Washington e in attesa dell’attacco. La crisi siriana, lungi dal trovare una sua soluzione, si sta avvitando sempre più. Le continue vittorie militari del regime di Damasco e dei suoi alleati iraniani e russi non sono servite a far finire il conflitto sul terreno, ma anzi hanno spinto a un maggior coinvolgimento diretto i diversi attori…

Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran, Nato. Il risiko siriano spiegato da Matteo Bressan

Mentre il cacciatorpediniere americano Uss Donald Cook si avvicina minacciosamente alle coste siriane di Tartus il mondo si chiede quando e come Washington intende colpire in Siria in risposta all'attacco chimico nella Ghuta. Un raid dimostrativo su una base, magari concordato con i russi, come avvenne nell'aprile del 2017, potrebbe restare senza gravi conseguenze. Violare lo spazio aereo difeso dalla…

W il complotto! Ecco le teorie di come opera la macchina di disinformatia in Russia

La vulgata cospirazionista animata dalla Russia dice che l'attacco chimico di Douma è stato un "false flag", ossia una messa in scena pensata dall'Occidente per attaccare la Siria. È stato lo stesso rappresentate russo alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, a dire con un coup de théâtre che è stata tutta una macchinazione voluta da Londra per distogliere l'attenzione dal caso Skripal,…

Salvini, governo, berlusconi

Salvini faccia come Orbán: entri nel Ppe

I risultati delle elezioni ungheresi di domenica sono di eccezionale interesse e non possono essere liquidati con letture superficiali o ispirate a vecchi e polverosi stereotipi novecenteschi, poiché altrimenti si finisce per non capirci più nulla. Cominciamo col dire che Viktor Orbán vince le elezioni per la terza volta consecutiva, sfatando il mito secondo cui governare fa perdere voti. Lo…

di maio, Pd partito democratico

Pantano Pd. "Le dimissioni di Renzi non erano un atto dovuto". Parla Gennaro Migliore

"Le dimissioni di Matteo Renzi non erano un atto dovuto; mi fanno un po’ pensare coloro che le hanno vissute come una vittoria, la sconfitta è stata collettiva. Io penso che senza Renzi il Pd in questa fase storica non avrebbe una parte fondamentale della sua anima". Il sottosegretario Gennaro Migliore, che incontriamo nel suo ufficio a via Arenula, è…

Perché penso sia giusto l'intervento di Cdp in Tim per la rete pubblica. Parola di Bonfrisco (Lega)

La Cassa Depositi e Prestiti ha fatto bene a entrare in Tim. Se non altro ha fatto capire al mercato di essere vigile sugli asset strategici del Paese. Cosa che, a detta di Cinzia Bonfrisco (nella foto) senatrice della Lega, ex presidente della commissione di Vigilanza sulla Cdp, non era certo scontato. L'importanza della rete e della proprietà che si configurerà una volta…

North Stream, gas

Ancora scontri contro Tap e due poliziotti feriti. La politica non ha nulla da dire?

Di Rino Moretti

Non c'è due senza tre, e a pochi aggiorni dal precedente assalto (qui il focus di Formiche.net) è arrivato un nuovo attacco al Tap, il martoriato gasdotto strategico per l'Italia oggetto di continue proteste da parte degli enti locali, nonché di attacchi di ogni sorta che spesso mettono a repentaglio la sicurezza degli operai. Dopo il blitz di febbraio, si…

La ricerca di Microsoft sulle auto robot

Di Patrizia Licata

Dopo il recente incidente mortale che ha coinvolto un'auto a guida autonoma testata da Uber su strade pubbliche, il team Garage di Microsoft prova a proporre un sistema più sicuro per studiare e mettere a punto i sistemi driverless. Centro di sviluppo dei progetti sperimentali di Microsoft, il team Garage è una squadra internazionale di ricercatori e informatici che cerca…

Banche popolari, finalmente dopo la crisi si intravede la crescita

È tempo di assemblee per le Banche Popolari dell’Italia centrale: il corpo sociale, come ogni anno, è chiamato a valutare, discutere e approvare il bilancio dei risultati del 2017. Hanno iniziato, nello scorso fine settimana, la Banca Popolare del Lazio guidata dal presidente Edmondo Maria Capecelatro e dall’amministratore delegato Massimo Lucidi, la Banca Popolare di Fondi - presidente Giuseppe Rasile,…

export

Sui dazi l'Europa si tenga pronta e stia all'erta. Parola di Quinteri (Sace)

Si dice spesso che l'export sia la ciambella di salvataggio dell'Italia. E in effetti lo è visto che spesso e volentieri il made in Italy è più apprezzato all'estero che in patria. Eppure c'è un settore che soffre più del dovuto, quello dei servizi che rappresenta la spina dorsale del settore terziario. Se poi ci si mette di mezzo anche…

×

Iscriviti alla newsletter